Famiglia
La prima domanda
La scuola multicolor/ Davanti a seimila ragazzi radunati nella Fiera di Rimini, Pietro Barcellona ha tenuto questa appassionata testimonianza sul destino della scuola
di Redazione
Sapete perché ho tanto a cuore la questione della scuola? Perché nella mia vita ho avuto due grandi passioni. La prima è la politica, ovvero la passione per capire che cosa sia lo stare insieme, che cosa sia la convivenza, perché ci leghiamo gli uni agli altri. La seconda passione è quella per la verità, intesa come tensione verso qualcosa che mi sta sempre davanti e che non raggiungi mai; come un percorso verso il quale sei destinato da una spinta che viene dall?origine misteriosa ed enigmatica. Per certi aspetti, come ha scritto una grande filosofa spagnola, Maria Zambrano, essendo l?uomo costretto a una sorta di continua rinascita, il concetto del ?nascere? è un concetto fondamentale per la scuola.
La scuola quindi è un luogo dove si nasce, si nasce al mondo storico e sociale. La scuola è il luogo dove avviene questo grande parto. Il primo ingresso nel mondo lo facciamo con la nascita fisica, ma si deve trasformare tutto il percorso della nostra esistenza, anche lo studio, in una nascita permanente, in una capacità di traguardare il limite del particolare momento in cui ci troviamo, per sentire sempre questa spinta enorme della vita. Lungo questo percorso si producono tanti eventi; e il primo di questi eventi è la domanda sul senso di ciò che facciamo. Che senso ha il nostro essere qui?
Il senso del passato
A scuola bisognerebbe trasmettere questo senso enorme del passato da cui veniamo; bisognerebbe comunicare la consapevolezza di ciò che ha rappresentato il travaglio dell?umanità, con le sue scoperte e i suoi fallimenti, ideologici e scientifici. Poi la scuola deve trasmettere anche il grande carico positivo che l?umanità ha portato avanti. L?essere umano non è riducibile né a un puro essere vivente né a una pura animalità destinata a produrre determinate qualità più o meno innate. L?uomo è un compito; non è né Dio né pura natura, ma una realtà che sta nel mezzo. Sta in questa condizione, per certi versi tragica, di sapere che qualche cosa, che non è facilmente discernibile con i suoi strumenti intellettuali, lo sovrasta e che ci sono potenze necessarie che si muovono senza il suo controllo. In questo spazio, che io chiamo lo spazio dell?umano, ciascuno di noi si muove e si pone la domanda: chi sono? In questo spazio ciascuno produce una propria visione e la scuola deve appunto aiutare a far nascere una visione diversa da quella che ci è stata tramandata, una visione che rimetta insieme i cocci. Oggi infatti abbiamo tra le mani moltissimi cocci, come sa bene qualunque studente universitario abituato a confrontarsi con quei mille specialismi che alla fine sono purtroppo una scomposizione del mondo.
Laddove il mondo viene frantumato, si perdono i legami. Perciò l?uomo è sempre più solo, perché ha via via rescisso tutti i nessi che lo univano alla terra, alla religione, agli altri. Abbiamo costruito un?incredibile retorica dell?altro, si fanno incontri per favorire i rapporti tra le culture, si predica l?accoglienza, ma questa solidarietà non genera neppure la pietà per il nemico. Al contrario i greci hanno sempre celebrato i loro vinti. Non hanno mai distrutto l?avversario perché distruggendo l?avversario si distrugge anche se stessi: il tuo valore è nullo se ciò che hai di fronte è il nulla.
Questa capacità di incontrare l?altro noi non l?abbiamo perché riduciamo il mondo a una proiezione di noi stessi, come fosse uno specchio. L?altro invece è lo spazio in cui si costruisce l?umanità dell?incontro, della comunicazione. L?altro è qualche cosa di enorme, di terribile, di angosciante a volte, ma è necessario, costitutivo. L?altro è dentro di noi. La scuola dovrebbe quindi allenarci a questa scoperta continua di se stessi. La verità non può esser data dalla somma delle informazioni, dalle definizioni dei concetti. La verità viene conquistata solo nella consapevolezza delle ragioni per cui si fanno le cose. Cioè dovete chiedervi se è possibile fare un?altra scelta, rendere ragione della via che si è imboccata. E, aggiungo, tutto questo lo si fa per amore.
La scuola non può essere estranea a questo orizzonte perché questo orizzonte riguarda l?intera società. Se la società non abbraccia l?orizzonte del suo destino, il campo della sua verità epocale, la società non solo si dimentica della scuola, ma è destinata a suicidarsi. Cioè a distruggere la specifica sfera dell?umano, che è quella sfera in cui accade che gli uomini si incontrino e scoprano insieme la verità. Non ci sono metodi astratti per spiegare come essere insegnanti, o studenti seriamente. C?è solo un?esperienza da fare.
Chi ci ha ridotti così?
Sapete qual è il grande rischio che abbiamo davanti? È che scompaia la novità permanente della domanda su che cosa è l?uomo. Vi è un senso comune che oggi si diffonde e di cui non siamo consapevoli perché non siamo abbastanza vigili: quello secondo il quale l?uomo non vale, non ha una sua specificità, può essere ridotto a sommatoria di elementi, a puro ingranaggio, a puro addomesticamento. Invece c?è un senso dell?uomo che evidenzia anche la sua incompiutezza: questa consapevolezza determina anche la spinta vitale che lo porta ad andare oltre.
Quando ho commentato il fatto del poliziotto ucciso fuori dalla stadio di Catania, la mia città, ho lanciato a tutti alcune questioni per me cruciali. Vi rendete conto, ho detto, che questi ragazzi non hanno più agenzie educative? Che non c?è la famiglia che fornisce modelli? Che non c?è la scuola che dia spazi per pensare? Che non ci sono partiti che diano occasione di aggregazione? Che non ci sono posti e luoghi dove stare insieme, e che gli spazi sociali sono ridotti a puri luoghi di moltitudini informi? Perché siamo arrivati a questo punto? Chi ci ha espropriato della capacità tipicamente umana di articolare le domande sul senso della vita? Chi ci ha ridotti così? Io penso che la responsabilità sia di una cultura che ha deresponsabilizzato l?uomo, anche se ne ha esaltato la libertà, nel senso della possibilità infinita anche illusoria di godimento e realizzazioni. Questa cultura ha eluso il problema della responsabilità, a partire dal fatto di essere consapevoli che noi non siamo in grado di conoscere interamente noi stessi.
Il primo passaggio che ciascuno deve fare è la consapevolezza. Infatti c?è il male, ma peggio del male è non sapere che il male c?è.
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