Volontariato

Incendi: il j’accuse del WWF

"Forti interessi nel mercato dei roghi da parte della macchina che vive dello spegnimento" dice il WWF. E su VITA in edicola intervista esclusiva a Bertolaso: "La mia estate di fuoco"

di Redazione

Il bilancio dei roghi che questa estate hanno colpito aree naturali protette e’ particolarmente grave. Le cause, molteplici. ”Innanzitutto un’opera intensa da parte di incendiari – spiega all’agenzia ASCA Franco Ferroni, Responsabile per il WWF dell’Ufficio per il Mediterraneo – che volontariamente appiccano il fuoco per dolo o per incuria”. C’e’ un forte interesse nel ‘mercato dei roghi’ ”da parte di tutta la macchina che vive dello spegnimento – accusa Ferroni – soprattutto in alcune regioni come la Calabria dove e’ altissimo il precariato forestale, e dove e’ realistico ci siano persone che appiccano per poi spegnere”. Molte Regioni, poi, cui oggi compete la gestione del patrimonio boschivo, ”di fatto gestiscono gli interventi tramite aerei, elicotteri e gare d’appalto verso societa’ private. Quindi non si puo’ escludere – aggiunge Ferroni -, considerando che il guadagno di queste societa’ e’ legato alle ore di volo, che vi siano interessi nascosti”. Al rappresentante del WWF sorprende il fatto che in Sicilia ”la maggior parte degli incendi avvenga nelle zone costiere, sulle quali si addensano, piu’ che altro, interessi speculativi che pensavamo sopiti dopo i 3 condoni edilizi che il nostro Paese ha vissuto”. Non risulta al WWF, in ogni caso, ”che ci siano esperienze significative in Sicilia di attivita’ di prevenzione e di controllo degli incendi. Anche li’ vige ancora il sistema degli appalti, sia per quanto riguarda il controllo, il contrasto e il ripristino dei territori bruciati che alimentano interessi spesso enormi, con risultati che sovente non sono positivi”. Le aree protette sono tra le piu’ colpite anche per il fatto, positivo in se’, ”che esse rappresentano oltre il 12% territorio nazionale tra parchi, riserve, zone di interesse comunitario – ricorda Ferroni -, insomma aree dove maggiore e’ la superficie boscosa ancora presente nel Paese”. A questo va aggiunto il fatto che intorno alle aree naturali protette ”resta, un’ostilita’ e un rancore molto diffuso da parte di alcune categorie nonostante siano passati ormai piu’ di quindici anni dall’approvazione della legge quadro sulle aree protette”. Il mondo venatorio, ad esempio, ”alcuni comparti del mondo agricolo e, soprattutto, zootecnico, che utilizzano ancora le pratiche antiche di bruciatura delle stoppie”. Ma ci sono nuovi ‘incendiari’ nelle riserve, spesso involontari: ”sono quelli che trasformano, per incuria, in tragedia scampagnate e barbecue – racconta Ferroni – e che ritroviamo nel numero crescente di persone che oggi frequenta le aree naturali”. Una ‘buona pratica’, insomma, che in assenza di una formazione specifica dei visitatori rischia di trasformarsi in un boomerang”.
A Sud la macchina della prevenzione e del controllo del territorio rimane molto carente, ”a differenza del Centro-Nord dove da tempo i comuni si sono organizzati squadre di Protezione Civile basate sul volontariato e le amministrazioni sono state in grado di coinvolgere anche le comunita’ locali in un meccanismo di monitoraggio del territorio”, spiega ancora Franco Ferroni. Con questi interventi, ”sia il numero degli incendi sia la superficie percorsa dal fuoco sono state radicalmente ridimensionate”. Non servono i sistemi satellitari ”costosi, d’impatto mediatico ma poco efficaci”, secondo l’esperto, quanto metodologie che sono state proposte e sperimentate per prime proprio dal volontariato ambientalista. ”Noi, ad esempio – ricorda Ferroni – attiviamo dall’inizio di luglio e fino a meta’ settembre punti d’avvistamento con personale volontario delle comunita’ locali stesse, munito di mappe, binocolo, collegati in ponte radio con una rete di pattuglie mobili, generalmente dipendenti delle pubbliche amministrazioni”. Le unita’ mobili, a bordo di fuoristrada ”possono fare pronto intermedio sul principio d’incendio, ma anche attivita’ di prevenzione e informazione nei confronti, ad esempio, di turisti alle prese con i barbecue o di contadini che bruciano stoppie, ottimizzando l’intervento dei mezzi piu’ pesanti”. Sarebbe importante, secondo il portavoce Wwf, promuovere scambi d’esperienza di esperienze tra quelle amministrazioni del centro Nord che queste tecniche le hanno gia’ sperimentate da tempo, e il Sud, dove esiste un ritardo strutturale. Le risorse per attivare esperimenti come questi ci sarebbero: ”Campania, Puglia, Calabria e Sicilia – conclude Ferroni – sono oggi le zone piu’ martoriate dagli incendi, ma saranno anche le quattro Regioni italiane che riceveranno la percentuale piu’ alta di fondi strutturali europei tra il 2007 e il 2013, e parliamo di centinaia di milioni di euro, parte dei quali potrebbe essere finalizzata ad attivita’ di contenimento degli incedi boschivi attraverso i Piani Operativi Regionali’.

Su Vita in edicola intervista esclusiva al responsabile della protezione civile Bertolaso: “La mia estae di fuoco. I volontari, i sindaci e la criminalità”


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