Mondo

Una speranza per l’Africa

Incontro al Meeting di Rimini con Rose Busingye, Jérémie Ngendakumana e Mario Mauro

di Antonietta Nembri

Da Rimini

Una speranza per l?Africa: Burundi, Uganda… era questo il titolo dell?incontro di lunedì sera introdotto da Alberto Piatti, segretario generale di Avsi per il quale parlare di speranza è «parlare di una esperienza riscontrabile». E sono state le esperienze, infatti, le protagoniste dell?incontro che ha visto anche gli interventi di Jérémie Ngendakumana, parlamentare burundese e capo del partito di maggioranza relativa del Burundi e di Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo che, come ha detto il segretario generale di Avsi ha fatto moltissime messioni all?estero, «soprattutto in Africa».
Nelle parole di Ngendakumana, dopo i saluti del presidente del Burundi, la storia martoriata del paese che è approdato alla pace e alla democrazia dopo decenni di lotte e guerre tra etnie, il parlamentare parlando della forte religiosità del suo popolo ha spiegato che il suo cognome significa: ogni passo lo compio grazie alla presenza del Signore. Dopo il raggiungimento della pace il Burundi oggi ha un governo democratico da quasi due anni, un record per l?Africa «Ho un sogno», ha detto Ngendakumana «fare del Burundi un esempio per l?Africa, un bel gioiello le cui qualità possano essere trasferite».

Per Mario Mauro occorre che si affermi l?idea che il bene comune frutto di negoziazione, non è un dialogo attraverso il quale ognuno fa un passo verso l?altro per arrivare al compromesso, ma è «prendersi la responsabilità di fare un passo insieme verso la verità». L?Europa è il più grande donatore, ma per Mauro la vera sfida è imparare il metodo della società civile, la scommessa è non puntare sulla burocrazia e il sostegno alle istituzioni, ma sulle persone campo sul quale c?è molto da lavorare.

La testimonianza di Rose Busingye oltre alle sue parole ha avuto la possibilità di esprimersi anche attraverso un video realizzato per Avsi da Elisabetta Ponzoni che ha avuto il pregio di rendere visibili a tutti i progetti di Avsi in Uganda, Kenya e Rwanda e il loro metodo: mettere al centro la persona. Per Rose Busingye, infermiera che lavora tra i malati di Aids a Kampala, il vero problema dell?Africa non è solo la mancanza di infrastrutture, ma di punti di riferimento «fino a qualche tempo fa uno sapeva di appartenere alla propria famiglia, al proprio villaggio…clan. Ora le famiglie sono distrutte dalla guerra, dall?Aids o dai divorzi così uomini e bambini crescono senza punti di riferimento e da ciò nasce la non aspettativa verso il futuro. Come se l?esistenza non avesse significato». Per Rose il vero problema è quindi la mancanza di un?appartenenza «quando perdiamo il valore dell?appartenenza, perdiamo il valore di noi stessi e anche degli altri. Di quale speranza ha bisogno l?Africa? ? si è chiesta ? della stessa speranza di cui ha bisogno tutto il mondo: sapere di chi siamo, un uomo che sa di chi è. La nostra appartenenza è la forza del singolo: la persona diventa protagonista e questa è stata anche la mia esperienza». Da quando Rose ha scoperto questo per la sua vita, grazie all?amicizia con don Giussani è nato un vero e proprio popolo e succede anche che malati terminali di Aids le dicano ?Zia Rose quando dovrò morire, tienimi la mano così non avrò paura? e anche per le donne si aprono prospettive nuove «io sono diventata libera appartenendo, cioè avendo un legame», ha detto. Così dai progetti di microcredito che aiutano le donne nel loro lavoro, alle gite per far vedere la bellezza e allo stesso tempo dire alle persone tu sei grande e il cibo distribuito allora diventa lo strumento non il fine dei progetti.

Alberto Piatti ha concluso l?incontro ricordano che prima dei ponti e delle strade ci sono dei fatti che portano allo sviluppo dell?io, ma «noi abbiamo imparato che per fare grandi opere bisogna piegare le ginocchia».


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