Famiglia
La fortuna di esser stati scout
Chi sono i lupetti e le coccinelle di ieri diventati uomini e donne di successo oggi?
di Redazione
Dici scout e pensi a colonie di giovani in giro a fare del bene. Fotografia ingiallita e parziale. Lo spirito dei lupetti e delle coccinelle oggi più che mai, oltre che sui sentieri di montagna, aleggia nelle stanze che contano: quelle milanesi del business e quelle romane della politica. Qualche nome? Eccolo.
Milano.
Il business fatto in squadra
Da questi parti il più conosciuto è sen-za
dubbio Alessandro Profumo. Ma è in buona compagnia. La generazione è la stessa eil gruppo scout anche. Giuseppe Brambilla, 52 anni, oggi è l?amministratore delegato di Carrefour Italia. Un?azienda che occupa 30mila persone. “Nel mondo del business ti devi sempre guardare le spalle, cosa che fortunatamente non avviene negli scout, ma per sopravvivere una cosa occorre avere chiara: la rotta che si vuole percorrere”. Si tratta dello stesso requisito necessario
a portare a termine un?hike, 24 ore di cammino in montagna attraversando boscaglie, schivando dirupi e guadando torrenti, una delle prove scout più impegnative (non obbligatoria, però). “Devo a quell?avventura la capacità di aver mantenuto il sangue freddo quando la
mia azienda si è trovata sotto pesanti attacchi”.
Il disfattismo non è nelle corde degli scout. Di passaporto belga, ma milanese di adozione Matteo De Brabant deve (anche) al Libro della giungla, la bibbia degli scout, la sua fortuna da imprenditore, che oggi gli consente di guidare l?azienda italiana leader nel settore del marketing relazionale. L?opera di Kipling ha infatti ispirato i nomi di tutte le unit dell?azienda che, non poteva essere altrimenti, si chiama Jakala, il coccodrillo creato dall?immaginazione dell?autore inglese, ma soprattutto
il nome da capo scout dello stesso De Brabant. Jakala conta 220 dipendenti e fattura 100 milioni di euro. De Brabant ha 33 anni, ma ha fondato la società quando ne aveva appena 24. Un enfant prodige? “Non saprei, di certo gli scout ti permettono di misurarti con le responsabilità
del capo fin dall?età di 18 anni”. Un corso accelerato di leadership. “Non potrebbe essere altrimenti quando hai a che fare per giorni e giorni con ragazzini di 7/8 anni che poi devi riportare sani e salvi a casa”. Dagli scout De Brabant ha mutuato addirittura il suo schema di gioco: “I ragazzini di allora sono i miei clienti di oggi a cui devo fornire un servizio soddisfacente, i colleghi sono i compagni scout con cui devi rapportarti nel modo più proficuo al di là delle simpatie o antipatie, i genitori rappresentano infine gli azionisti di oggi: a loro devi rispondere del tuo operato”. Una suggestione che condivide con un?altra giovane scout
doc di successo, Sarah Mancini che, a soli 37 anni, in qualità di capo dell?ufficio Comunicazione è la voce dell?Unione degli industriali nella città degli Agnelli: “Per chi lavora in staff comprendere come deve rapportarsi un capo con i suoi collaboratori è sostanziale”.
Seguendo la scia del gruppo milanese, si arriva a Lamberto Bertolè. Anche lui imprenditore. Anche se sfacciatamente sociale. Bertolè negli scout è entrato a 9 anni e ne è uscito a 24. Con una convinzione: “Mettere la mia vita al servizio degli altri”. Servizio è forse la parola scout per eccellenza. Oggi che di anni ne ha 33, oltre a essere consigliere di zona per la Lista Fo a Milano, coordina Arimo, un cappello che nella provincia di Pavia comprende due comunità per minori con precedenti penali e una casa alloggio per i ragazzi più grandi in uscita dal circuito penitenziario.
“Senza gli scout tutto questo non esisterebbe: lo scoutismo ti porta in strada, ti permettere di conoscere circuiti anni luce distanti dalla tua provenienza”. Qualche neo però c?è. È il rischio del mordi e fuggi: “Mi piacerebbe che i ragazzi avessero più opportunità di ?adottare? in prima persona un progetto, piuttosto che osservare da lontano centinaia di iniziative”. Un vero scout ha bisogno di compagni di viaggio, non di semplici conoscenti.
Roma.
La politica con l ?imprinting
“Non sarei qui senza i miei 35 anni di scout: in questa società si vive per gli altri e l?attività politica non serve per guada-gnare galloni, ma è un fattore cruciale per la realizzazione personale”, si presenta il sottosegretario alla Solidarietà sociale, Cristina De Luca. Il cordone è ancora attaccato: “Io e gli scout non abbiamo mai smesso di frequentarci, ancora oggi partecipo ai loro corsi di formazione”.
Da un sottosegretario a un ministro il passo è breve. Ma in questo caso la filosofia scout è arrivata fino a plasmare i connotati di un dicastero nuovo di zecca. “Tutto il mio entourage è costruito su quel metodo, abbiamo tanti giovani da valorizzare: lo scoutismo si sta rivelando una risorsa preziosa per far girare al massimo questa macchina”, spiega la responsabile
delle Politiche giovanili, Giovanna Melandri. Anche sua figlia il prossimo anno entrerà nel branco: “Cosa mi aspetto? Che impari a comprendere il valore della promessa, un impegno serio, anche a 9 anni”.
Della compagine scout in servizio a Palazzo Chigi e dintorni fa parte anche il sottosegretario all?Economia, l?ex mangusta (dal nome della sua squadriglia) Paolo Cento. Romano de Roma, Cento deve agli scout la sua iniziazione politica: “Aver condiviso momenti di vita con la gente di un rione popolare come il Tufello e aver conosciuto il mondo della borghesia legata alla Scuola dei Fratelli maristi mi ha aperto gli occhi”. Una città, mille anime.
Mariapia Garavaglia, ex ministro, crocerossina di lunghissimo corso e attualmente vicesindaco di Roma per il secondo mandato, lo definisce riflesso condizionato: “Non ci posso fare niente. Quando entro in una sala per un convegno, non importa quale carica rivesta, se vedo una sedia fuori posto, la metto in ordine io non dico a qualcuno di farlo”. A poco servono le rimostranze del marito (“Mi dice sempre di non fare la scout, ma come si fa?”). La vera fortuna è stata quella di imparare a sopportare la sete e la fame, a dormire in tenda e a mangiare con le mani. Un imprinting che la Garavaglia si porta tutt?ora in giro per il mondo, nella veste di vicepresidente della Federazione internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa. “Certamente non soffro per i piccoli disagi
che comporta adempiere la nostra missione nei Paesi più poveri del pianeta”.
Dai palazzi romani a quelli europei. Dalla Croce Rossa alla Lila. Dalla Garavaglia a Vittorio Agnoletto. L?eurodeputato della Sinistra europea definisce i suoi anni in associazione “la pietra miliare della mia vita”. Un filo rosso che lega”la militanza politica, a partire dal Movimento studentesco e i 18 durissimi anni trascorsi al timone della Lila sulla frontiera della sofferenza quotidiana”. “Due scelte”, continua Agnoletto, “nate dalla coerenza scout fra ciò che si dice e ciò che si fa”.
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