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Scout

Cioè colui che cerca, che esplora. A volte non ci si pensa, ma dietro la parola che origina questa grande associazione, c’è un’idea di vita. Ne parlano i due presidenti dell’Agesci

di Redazione

Dopo cento anni di storia si contano in centinaia di migliaia i ragazzi cresciuti nel vivaio dello scoutismo italiano. Ancora oggi gli iscritti all?Agesci (la più importante delle associazioni scoutistiche del nostro Paese, nata nel 1974) sono 173mila. Fra di loro 30mila educatori-adulti che ogni giorno continuano a sperimentare sul terreno il metodo Baden Powell (dal nome del fondatore degli scout).

Al vertice della piramide siedono, come da tradizione, una donna e un uomo, i due presidenti nazionali Paola Stroppiana e Marco Sala. Pediatria piemontese lei, imprenditore brianzolo, lui.

Con loro Vita ha scelto di andare alle radici del movimento attraverso la riscoperta della parola fondante: scout, ovvero esplorare. Esplorare che cosa? Con quali obiettivi? Esplorare dove ed esplorare come? Esplorare con chi? Stroppiana e Sala non si sono però limitati a ripercorrere le ragioni ispirative della loro esperienza volontaria, ma hanno accettato di mettersi in gioco in prima persona. Sono così emersi i solidissimi legami che entrambi, soprattutto a livello professionale, hanno mantenuto con la pratica scoutistica. Un metodo educativo che però travalica i confini dell?esperienza cattolica dell?Agesci. Meno numerosi – gli iscritti sono 12mila – ma altrettanto fedeli al credo scout sono i laici della Cngei, guidati da Sergio Fiorenza. Il primo agosto anche loro saranno in prima linea per festeggiare il centenario.

Vita: Cominciamo dalla parola che vi definisce: scout. Cioè esplorare. Ma esplorare cosa? In che direzione?
Paola Stroppiana: In realtà la parola scouting per noi significa esattamente «osservare e dedurre per poi agire»: è uno stile di vita che si apprende. Non è più l?osservazione fine a se stessa, ma è l?osservazione che è premessa di un?iniziativa, di una risposta. Osservare significa che poi ci si dà da fare per migliorare la situazione che abbiamo davanti.
Marco Sala: Innanzitutto si esplora per trovare la propria strada, per realizzarsi come persona. C?è la ?promessa? che è la partenza, cioè il momento in cui tu come uomo o donna affronti in maniera autonoma la tua vita. Poi inizia la ricerca continua e la parola scout ti aiuta a sperimentare e a crescere, sempre con qualcuno a fianco che ti aiuta. È un divenire: il lupetto e la coccinella hanno una prima esperienza di scoperta e di autoeducazione che cresce con gli anni fino a quando diventano rover e scolte. A questo punto ricevono uno zaino e una forcola, simbolo della strada che sempre ti dà due possibilità di scelta. In quel momento anche simbolicamente ti assumi la responsabilità del futuro. Ma hai sulle spalle uno zaino pieno di tutti quegli anni di esperienze fatte.

Vita: Nella vostra esperienza nello zaino cosa c?era?
Sala: C?era la capacità d?incontro con gli altri, lo spirito d?avventura, l?amore per la natura e per il servizio.

Vita: L?esplorazione spesso è quella del singolo. Invece nello scoutismo c?è una forte dimensione comunitaria. Come si conciliano le due dimensioni?
Stroppiana: Il percorso che si propone al ragazzo è individuale ma è insieme anche comunitario, perché l?individuo che riflette su di sé lo fa dentro un contesto e si lascia ?leggere? dagli altri. Nel senso che gli altri sono un aiuto essenziale in questo cammino di autocomprensione. Perciò la dimensione comunitaria ha senso sia come specchio per guardare me stesso, sia come allargamento dell?orizzonte rispetto a quello che potrei fare da solo.

Vita: Qual è il ruolo del capo in questo processo?
Stroppiana: È un po? la figura del fratello maggiore: una figura che ti si affianca e fa insieme a te la stessa esperienza dell?esplorazione. Anche nell?ambito della riflessione aiuta i ragazzi a osservarsi e a guardarsi, dà stimoli su alcune cose, coglie le loro potenzialità e li aiuta a lanciarsi nella realtà, anche in situazioni nelle quali non si avventurerebbero.

Vita: Veniamo a voi. Avete vissuto questo cammino di crescita. Che cosa vi ha lasciato? Come segna il vostro essere adulti?
Sala: Lo scoutismo mi ha insegnato lo spirito d?avventura e questo mi ha guidato nelle decisioni imprenditoriali, in quelle familiari e in quelle di vita. Mi ha insegnato a vedere l?obiettivo finale come raggiungibile. Per esempio, nell?attività imprenditoriale che io svolgo non posso avere come obiettivo soltanto quello della redditività ma, pur considerando questo importante, bisogna tener presente anche la condivisione con le persone che collaborano, la tensione allo sviluppo, la qualità del lavoro all?interno dell?azienda, la qualità del prodotto nel contesto sociale anche al di là di quella che è la richiesta immediata del mercato, l?aspetto ecologico e quello del benessere collettivo. Questo mi ha insegnato lo scoutismo.
Stroppiana: Io sono medico, e la mia professione è molto rivolta al servizio verso il malato, alla cura della persona. Ma uno può essere anche bancario o negoziante, e la questione non cambia. L?importante è sempre l?approccio nei confronti delle persone, dei problemi, l?attenzione alla dimensione umana. Poi c?è la questione della responsabilità che si traduce in uno stile che uno porta anche nel lavoro: nel fare le cose bene, nel farle con cura, nel prendersi l?impegno a portarlo avanti fino al termine, nel non abbandonare le persone per strada. Tra l?altro, a volte, ci si riconosce tra scout proprio per questo stile di lavoro, per questa modalità di approccio con le persone.

Vita: Si dice che lo scoutismo incida sugli stili di vita. Fate qualche esempio personale.
Stroppiana: Non è uno schema rigido, perché non conta tanto la scelta che uno fa, ma la domanda che si pone facendo quella scelta. Al limite uno può andare in vacanza anche alle Maldive: l?importante è che sia consapevole e responsabile rispetto alla sua scelta. Lo scoutismo non ti aiuta tanto nella risposta, quanto nella domanda che ti fai all?inizio del percorso, anche nelle scelte più banali. Per esempio, la raccolta differenziata o scegliere una macchina piuttosto che un?altra, o decidere quale sabato sera passare. Quanto a me, ho una Panda e vado in vacanza in Liguria. Sala: Io invece, come ho detto, sono imprenditore, vado in vacanza in Toscana e guido un?Audi. Sul lavoro la cultura scout ha inciso profondamente. Per esempio siamo una delle poche aziende del settore (Italsilva, produttore di saponi) che non abbia delocalizzato: abbiamo scelto di rimanere legati al nostro territorio, instaurando un rapporto con la collettività. L?altra caratteristica dal punto di vista degli stili di vita personali è l?educazione a non chiudere la propria esperienza nel mondo del lavoro ma a dare spazio alla famiglia e al volontariato. Così sono stato per dieci anni presidente della cooperativa La cordata.

Vita: A volte si dice che gli scout siano un mondo chiuso. Cosa c?è di vero in questa accusa?
Sala: È vero, accade che lo scoutismo e le nostre associazioni siano viste come un mondo a sé, un mondo particolare. In realtà le cose stanno molto diversamente. Basta guardare alle nostre parole simbolo: la «pista» per il lupetto e la coccinella, il «sentiero» per l?esploratore e la guida, la «strada» per il rover e la scolta. Sono tre simboli che stimolano all?incontro: infatti è impossibile fare strada senza incontrare gli altri, senza incontrare habitat. Inoltre come associazione siamo visti dalle altre come quelli che mettono lo zaino e non si tirano mai indietro. Da dieci anni siamo riconosciuti come attori principali non solo del tavolo educativo ma anche in quello sociale: abbiamo rapporti con ministeri, tavoli della pace, Forum del terzo settore, Retinopera. Abbiamo un ruolo a 360 gradi nel contesto sociale.
Stroppiana: Il cammino che si fa è un cammino molto libero, che aiuta a diventare adulti e responsabili delle tre scelte fondamentali: quella della fede, quella della politica, cioè dell?essere cittadino attivo in un territorio, e quella del servizio, cioè del dedicare uno spazio della propria vita al servizio degli altri. Ma tutto questo resta indipendente dall?impegno richiesto dall?associazione.
Sala: è chiaro che lo scoutismo non è per tutti. Essere scout è anche questione di un incontro fatto. Ma l?importante è che ogni giovane incontri sulla sua strada occasioni di crescita personale, come accade a chi inizia il percorso scout. L?importante è che i giovani di oggi abbiano la voglia di affrontare ogni aspetto della vita con lo spirito di chi fatto lo scout, qualunque percorso facciano.

Vita: Dopo tanti anni di pratica scout c?è qualcosa che non smette di stupirvi?
Stroppiana: Il contatto con i ragazzi non finisce mai di sorprendere, ti prendono in contropiede. Spesso i ragazzi «scorrono» davanti a te: molte volte uno prepara dei progetti e poi ottiene dei risultati persino superiori in termini di capacità di rispondere, di leggere situazioni, di sensibilità, di attenzione agli altri. Spesso tirano fuori risorse inattese e positive.
Sala: A volte penso che la globalizzazione è nata con il nostro fondatore, Baden Powel. Lui ha pensato ad un?associazione che facesse di uno stile di educazione per i ragazzi uno stile comune in ogni angolo del mondo. Ha sempre sostenuto che ogni fratello scout che puoi avere è un tassello in più per evitare una guerra. In fondo è un?idea che tiene ancora anche se oggi siamo più consapevoli delle tante diversità che compongono il nostro pianeta. Ma questa resta una buona idea di globalizzazione.

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