Non profit

Volontario anche se da professionista

Associazioni/ Il difficile connubio tra specialisti e gratuit

di Carlo Mazzini

Sono una psicologa, ho prestato attività di volontariato presso una struttura privata psichiatrica, stipulando un?assicurazione a mie spese. Ho partecipato attivamente conducendo ricoveri, colloqui, gruppi risocializzanti psicoeducativi, somministrando test e trascorrendo nella struttura cinque giorni alla settimana, anche ad agosto. Durante la terza settimana di ottobre ho ricevuto una lettera dove mi veniva comunicata la cessazione della mia partecipazione senza alcuna spiegazione se non quella che gli psicologi abilitati, per fare volontariato, devono essere retribuiti o appartenere a una associazione. Quanto è successo è legale? È veritiera la loro spiegazione, o no? Come è possibile che le persone motivate e disposte a farsi sfruttare pur di fare esperienza vengono cacciate via da un giorno all?altro con una motivazione così vacua?
Lettera firmata

La questione si presenta interessante. Un primo aspetto riguarda l?attività volontaristica da parte di professionisti nell?esercizio della propria professione. È questo un argomento ?scabroso?, in quanto l?attività di volontariato è vista con sospetto dagli ordini professionali e dai sindacati, con diverso punto di partenza ma simili conclusioni. Il rischio – a loro dire – è che spingere le tariffe così al ribasso fino a prestare attività a titolo gratuito comporterebbe una pratica di concorrenza sleale verso i propri colleghi oppure si configurerebbe, in certi casi di ?debolezza contrattuale?, in uno sfruttamento del lavoratore.

È complesso addentrarsi in poche righe su una questione che tocca in realtà aspetti molto delicati, e che riforme recenti andranno a modificare. A una lettura del Codice deontologico dell?Ordine nazionale degli psicologi (approvato nel dicembre dello scorso anno dal Consiglio nazionale dell?ordine), non sembra che il tema venga affrontato, e potrebbe quindi chiedere i riferimenti legislativi anche interni a chi le ha riferito in merito alle ragioni ostative di carattere generale che le sono state avanzate.

Inoltre, appare grossolana e autocontraddicente l?affermazione secondo la quale gli «psicologi abilitati, per fare volontariato, devono essere retribuiti o appartenere a una associazione». Non si sfugge: o fanno volontariato, o vengono retribuiti; il ?volontariato retribuito? non esiste, è un ossimoro, è una distorsione dello spirito della legge quadro sul volontariato (l. 266/91) che regolamenta sì specifiche organizzazioni (le odv), ma, nei primi articoli, definisce anche il senso e i limiti di attività di volontariato.Altra questione, conseguente alla prima, è il suo rapporto con l?ente per il quale ha prestato un?attività professionale volontaria e gratuita così assidua.

È singolare che le abbiano chiesto di pagarsi l?assicurazione (intendo quella obbligatoria delle odv, di cui all?art. 4 della legge 266/91). Non sarebbe singolare, anzi lo riterrei corretto, che le avessero chiesto di pagarsi l?assicurazione sulla sua attività professionale, polizza che comunque lei si sarebbe procurata per le prestazioni di professionista abilitato. Due ultime annotazioni. Lei parla di sfruttamento. Aveva proprio bisogno di farsi sfruttare? Perché, mi chiedo, i volontari tendono al masochismo? O, leggendola dall?altra parte, perché i responsabili delle organizzazioni non comprendono che non è bene sfruttare le persone che si mettono in gioco volontariamente e gratuitamente? La seconda questione è che se lei è anche socia dell?ente può chiedere lumi e far valere i suoi diritti all?assemblea dei soci o all?organismo di garanzia interno.

Carlo Mazzini
www.quinonprofit.it


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