Formazione

I pro e i contro della legge sulla dislessia

Per la prima volta in Italia siamo vicini a una legge che riconosca dislessia, disgrafia e discalculia come disturbi specifici dell’apprendimento

di Sara De Carli

Per la prima volta in Italia siamo vicini a una legge che riconosca dislessia, disgrafia e discalculia come disturbi specifici dell?apprendimento e tuteli chi ne è colpito. La Commissione Istruzione pubblica e cultura del Senato il 20 giugno ha licenziato il testo di un disegno di legge che ora passerà alla Camera.

Si tratta del ddl 1169 «Nuove norme in materia di difficoltà specifiche d?apprendimento», firmato da Vittoria Franco (Ulivo), presidente della Commissione Istruzione e cultura e relatrice unica per i tre ddl esaminati. Un percorso piuttosto rapido (l?esame dei ddl è iniziato a fine ottobre), accompagnato da un accordo bipartisan sul tema: la conclusione dell?iter, ora, dovrebbe essere tutta in discesa visto che il ddl è stato approvato in sede deliberante e non deve passare dall?aula.

A soffrire di Dsa, in Italia, è il 4-5% della popolazione, circa un milione e mezzo di persone. Per cultura siamo ancora un po? indietro, così che i bambini dislessici, a scuola, spesso vengono scambiati per alunni stupidi o svogliati. «Per questo la legge è positiva, nonostante qualcuno dica che la diagnosi di dislessia sia un?etichetta inutile per i bambini, una variante della disabilità», dice Roberta Penge, neuropsichiatra infantile e neopresidente dell?Associazione italiana dislessia. «Se non facciamo la diagnosi, l?etichetta non c?è, ma il problema rimane. Tanto l?etichetta a questi bambini la mettono comunque, ma è quella di ?stupido?: direi che è peggio».

Per la Penge, «riconoscere ufficialmente i Dsa significa finalmente sancire dei diritti per chi ne è affetto. Diritto a una diagnosi, innanzitutto, poi diritto a tutti gli strumenti e i supporti che consentono ai ragazzi di sviluppare ugualmente le proprie potenzialità, diritto a prove d?esame e concorsi che si svolgano con modalità diverse, più appropriate». Qualche riserva l?Aid ce l?ha, perché il ddl uscito dalla Commissione istruzione ha dovuto subire un po? di limature di compromesso: «Il ddl è molto vincolante per la scuola, ma poco preciso sull?aspetto sanitario della diagnosi e la riabilitazione. C?è poco anche sugli esami finali, i test d?ingresso, i concorsi, come se avessi diritto agli strumenti compensativi per tutto l?anno e poi nei momenti topici resta un po? di mistero. Soprattutto hanno escluso che dei Dsa gravi possano rientrare nell?handicap, sotto la legge 104».

Dal mondo della scuola qualche obiezione però è già arrivata. La legge prevede che le scuole, dopo adeguata formazione del personale docente e non docente, debbano individuare precocemente (si parla addirittura di scuole dell?infanzia!) i casi sospetti di Dsa, segnalare dopo i primi mesi di frequenza dei corsi scolastici i bambini a rischio, anche con attività di identificazione precoce. Tutto questo suona un po? come uno screening di massa che non tiene conto dei tempi di apprendimento diversi di ciascun bambino, etichettando ogni alunno più lento come un bambino ?fuori dalla norma?. «Non c?è nessuno screening di massa!», dice la Penge. «La legge va interpretata come una attenta osservazione da parte della scuola, per mettere in campo tutte le strategie didattiche più opportune. Una diagnosi vera e propria la si può fare solo dalla seconda elementare».

Info: www.senato.it


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