Formazione

Padre bossi e i suoi 208 fratelli

è il numero dei missionari italiani oggi nelle Filippine. Quelli del Pime, l’istituto del padre rapito, operano nel Sud dove è attiva la guerriglia indipendentista. E dove con il dialogo si cerca di

di Emanuela Citterio

Mindanao, dove è stato rapito padre Giancarlo Bossi, non è l?isola dei famosi. Ma una terra dimenticata e inospitale, e lo scenario di una guerra che dura da trent?anni fra indipendentisti del Sud e il governo delle Filippine, di cui più di una volta hanno pagato il prezzo civili e religiosi.

Qui, nell?85 e nel 92, sono stati uccisi due missionari del Pime, padre Tullio Favali e padre Salvatore Carzedda, il primo da un gruppo di banditi legati all?esercito, ai tempi della dittatura di Marcos, il secondo da ignoti ma certamente a causa del suo impegno nel dialogo fra musulmani e cristiani. I rapimenti si sono susseguiti a scadenza regolare dal 98 al 2002: hanno riguardato una cinquantina di persone, sia stranieri che locali, fra cui un altro missionario del Pime, padre Luciano Benedetti (nel 98, rilasciato), un religioso irlandese e un pastore di origine statunitense (2001 e 2002, entrambi uccisi).

Nelle Filippine, Paese a maggioranza cristiana (89,7%), i missionari italiani sono 209. Ma gli istituti e le congregazioni cui appartengono arrivano a una novantina, secondo una recentissima indagine delle Ponteficie opere missionarie. I missionari più numerosi (23) appartengono allo stesso istituto di padre Bossi, il Pime. Ci sono anche missionari laici, come i Focolarini (10). I Canossiani, una decina fra preti e suore, i Salesiani (9), i padri Somaschi (7). Tutti gli altri istituti hanno un numero di presenze inferiore a cinque. I missionari italiani sono per lo più inseriti in comunità religiose locali a maggioranza filippina. In molti casi sono responsabili di attività di formazione, o di progetti educativi e sanitari.

A ben pochi missionari è venuto in mente di fare base fissa a Mindanao. Del conflitto che riguarda il Sud dell?arcipelago filippino, il mondo si è accorto solo dopo l?11 settembre. «Da allora sembra che anche le Filippine siano attraversate da un muro invisibile», dice padre Sebastiano D?Ambra, confratello di padre Bossi, che a Mindanao ha continuato a portare avanti, dopo l?uccisione di padre Carzedda, il movimento di dialogo interreligioso Silsilah. A Mindanao c?è chi il muro vorrebbe costruirlo davvero. Nell?isola, la seconda in ordine di grandezza delle Filippine, operano organizzazioni musulmane indipendentiste come il Moro National Liberation Front e il Moro Islamic Liberation Front, che rivendicano un Sud musulmano e autonomo dal governo di Manila. Ma c?è anche il gruppo terrorista Abu Sayyaf, legato ad Al Qaeda.

«Mindanao è una terra di frontiera anche dal punto di vista logistico, con aree montuose e isolate, coperte da una foresta impenetrabile, dove i gruppi criminali non possono essere così facilmente individuati, nemmeno dall?esercito», spiega padre Giulio Mariani, 17 anni di vita spesa nelle Filippine, dove è stato superiore regionale del Pime. È stato padre Mariani a occuparsi sul posto dell?ultimo sequestro di padre Luciano Benedetti nel 98.

Nell?85 fu sempre Mariani, approdato nelle Filippine da appena un mese dopo vent?anni negli Usa, a dover gestire i rapporti con i media dopo l?omicidio di padre Favali. E fu sempre lui a raccogliere da una pozza di sangue Salvatore Carzedda, ucciso a colpi di pistola mentre ritornava a casa dopo aver tenuto un corso di dialogo interreligioso. «Fa parte del carisma del nostro istituto essere presenti in terre di frontiera, dove nessuno vuole andare», spiega padre Mariani. «A Mindanao abbiamo scelto il criterio del servizio ai più poveri, alcuni dei nostri missionari operano a fianco delle popolazioni tribali particolarmente discriminate, altri svolgono attività pastorali nelle comunità cristiane e altri ancora sono impegnati nel ?dialogo di vita? con i musulmani».

Un esito di questo dialogo è Silsilah, un movimento interreligioso creato vent?anni fa da padre D?Ambra del Pime insieme ad alcuni musulmani. A Zamboanga, la stessa provincia dove è stato rapito padre Bossi, è nato il Villaggio dell?armonia, dove vivono nella stessa comunità cristiani e musulmani, famiglie, religiosi e laici. Ma l?armonia, nel Sud delle Filippine, è ancora un?eccezione.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA