Welfare

Sfratti olimpici. Il grande popolo degli evacuati

A Pechino saranno 1,25 milioni. Sono le persone costrette a lasciare la loro casa per le esigenze del grande evento. Ma è una regola che si ripete in ogni angolo del pianeta...

di Irene Amodei

Questa volta le guerre non c?entrano. E neanche le carestie, la fame, le epidemie, o gli scontri etnico-tribali. I profughi sui quali ha recentemente lanciato l?allarme il Cohre – Centre on Housing and Evictions di Ginevra non sono gli ?scarti? prevedibili del disordine mondiale, bensì il risultato imprevedibile dei grandi eventi mondiali, cui il pianeta assiste ogni anno comodamente seduto in poltrona. Che si tratti di Giochi olimpici, Campionati di calcio o concorsi di bellezza, simili occasioni vengono in genere considerate opportunità di crescita e cassa di risonanza mediatica.

Le città ospitanti ne approfittano entusiaste per rimettersi a nuovo, rifarsi un?immagine, attrarre investimenti e rilanciare il turismo. Ma la ?medaglia olimpica? ha un drammatico rovescio: l?allontanamento forzato, e spesso violento, di centinaia di migliaia di persone dalle loro case.

Le cifre sono da esodo: nel 2004 oltre il 20% delle evacuazioni forzate nel mondo sono state causate da mega eventi che, per far spazio a strutture sportive, padiglioni espositivi, nuovi hotel, parcheggi e arterie di scorrimento, hanno sfrattato, espulso, demolito. E il futuro non fa meglio sperare.

A Seul, in occasione delle Olimpiadi del 1988, furono 720mila le persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni, senza che venisse loro offerta alcuna compensazione.

A Pechino in preparazione dei Giochi del 2008, i promotori finanziari hanno già evacuato 1,25 milioni di individui.

A Shangai, in vista dell?Esposizione mondiale del 2010, 18mila famiglie sono state sfrattate finora e il nuovo piano di sviluppo urbano prevede che oltre 400mila persone saranno spostate in periferia. In pratica solo il 5% della popolazione che abitava in città nel 2003 sarà ancora lì tra tre anni.

A New Delhi per dare alloggio agli atleti che sciameranno in città in occasione dei Commonwealth Games del 2010, 35mila famiglie sono state evacuate nel corso degli ultimi due anni e la demolizione di intere baraccopoli ha già generato 300mila senzatetto, la maggior parte dei quali finisce, senza appello, in appositi ?campi di reinsediamento?, a 40 chilometri dal centro di Delhi.

Questo esodo verso i margini estremi dell?abitato segue, in Occidente, le regole di quella che i sociologi urbani definiscono ?gentrification? – ovvero la bonifica fisica di quartieri degradati e la conseguente sostituzione dei vecchi abitanti poveri con nuovi benestanti – di cui il grande evento non è che un acceleratore.

È quanto è accaduto a Barcellona tra il 1986 (data della candidatura ai Giochi olimpici) e il 1992 (anno delle Olimpiadi estive). Nel caso catalano non fu l?abbattimento tout court degli immobili residenziali, bensì la crescita esorbitante dei prezzi degli affitti (che si impennarono fino al 240%) a provocare l?espulsione di parte della popolazione dal centro città: 600 famiglie furono costrette ad allontanarsi dall?area urbana perché non potevano più permettersi un appartamento in zona. Lo stesso meccanismo speculativo si è verificato ad Atlanta nel 1996 e a Sydney nel 2000.

Le operazioni di chirurgia urbana che precedono la trasformazione delle città in lussuose vetrine sembrano poi accanirsi con particolare rigore sui più poveri e miserabili. Sempre ad Atlanta, nel corso della campagna pre olimpica Puliamo le strade, 9mila clochard furono arrestati e 30mila persone vennero bandite dalla cerchia cittadina. Ad Atene, nel 2004 quasi 3mila rom furono forzatamente evacuati e a distanza di tre anni non è ancora stato assegnato loro un nuovo posto dove vivere.

E ancora. A Santo Domingo in occasione del Cinquecentenario della scoperta delle Americhe l?amministrazione decise di mascherare gli slums alla vista erigendo un lungo muro, e questo dopo aver mandato per strada 180mila persone.

La frenesia distruttrice che simili eventi sprigionano in nome di una pretesa ?beautification? urbana e in virtù di leggi eccezionali non altrimenti giustificate e di oscura memoria, non è proprio quel che s?intende per spirito olimpico…


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA