Cultura

L’integrazione ha trovato un grande tifo

Striscioni spiazzanti degli ultras. Lezione sugli spalti per i più giovani. Così la fantasia ha prodotto tolleranza...a cura di, Daniela Verlicchi

di Redazione

Diciassette progetti che hanno coinvolto 12mila tifosi, 16 mila atleti e 7mila studenti delle scuole di tutt?Italia: è il bilancio della campagna Stand up speak up per la lotta al razzismo negli stadi (lanciata nel 2005 da Nike con la vendita dei famoso braccialetti bianco-neri), che vede Vita Consulting coinvolta in qualità di promotore nazionale. Venerdì 8 giugno, in occasione del convegno Lo sport contro il razzismo e la violenza a cui ha partecipato anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, sono stati presentati i progetti vincitori che hanno ricevuto un finanziamento complessivo di 300mila euro dalla Fondazione Roi Badouin chiamata a coordinare la campagna a livello europeo.

In comune i 17 progetti selezionati hanno la consapevolezza che il tifo, quello sano, si impara solo allo stadio. Per questo molte delle iniziative sono state realizzate proprio negli stadi d?Italia.

Ad esempio al Penzo di Venezia, l?associazione di tifosi Noi Ultras ha lanciato un Attacco anti razzista (questo, appunto, il titolo del progetto) per sensibilizzare la curva al problema dell?accoglienza. Striscioni e coreografie anti razziste hanno accompagnato i giocatori del Venezia per tutto il campionato. Ma Noi Ultras, che fa parte dell?unica rete europea di tifoserie anti razziste, ha fatto di più, cercando di favorire la partecipazione di giovani immigrati al tifo arancio-verde. «Abbiamo collaborato con l?Ufficio migranti di Venezia», spiega Francesco Peverieri, presidente dell?associazione, «per permettere ad un gruppo di minori non accompagnati di assistere alla partita assieme a noi». Niente teoria: l?integrazione si fa sugli spalti.

Altro stadio, altro tifo. Al Tenni di Treviso la cooperativa sociale Comunica ha organizzato una vera e propria scuola di tifo che ha coinvolto circa 3mila ragazzi delle primarie. Per dieci domeniche sono andati allo stadio accompagnati da educatori professionali per imparare come si comporta un vero supporter. «Prima regola», spiega Matteo Marconi, presidente di Comunica, «entusiasmarsi per la propria squadra e urlare più forte che si può». Il tifo anti razzista dev?essere prima di tutto tifo vero. Poi però i draghi trevigiani (così si chiamano gli alunni di tifo) devono ricordare che «bisogna dare valore ad ogni differenza», «rispettare le regole del gioco», «dare il buon esempio».

Per chi si comporta meglio, ?fuori? dal campo, in palio un autografo del proprio idolo calcistico. Un modello quello della scuola di tifo di Treviso che probabilmente approderà in Europa: la Fondation de France ha deciso di esportarlo in molti stadi transalpini.

Informazioni sui progetti di Stand up speak up: www.vitaconsulting.it

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