Welfare

Reinserimento, il modello che l’Europa ammira

Parla Luigi Di Mauro, che ha portato al convegno di Varsavia la best practice romana...

di Daniele Biella

Un Piano carcere che farà scuola in Italia e in Europa. E che funziona a meraviglia grazie al terzo settore. È quello che dal 2003 sta portando avanti la Consulta penitenziaria di Roma, ente composto da 80 organismi pubblici e privati che dal 1997 si occupa della tutela dei diritti dei detenuti dentro e fuori le nove carceri di Roma e provincia. Dopo i primi quattro anni di sperimentazione, il Piano ha rivoluzionato, in positivo, il pianeta carcere romano. Tanto da ricevere il plauso del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che vuole estendere il progetto a tutte le altre metropoli italiane. E da essere indicato come modello per le politiche carcerarie della Ue nell?incontro di programmazione comunitaria che si è appena concluso a Varsavia, dove il presidente della Consulta e coordinatore del Piano carcere, Luigi Di Mauro, era presente. Vita lo ha raggiunto.

Vita: Qual è la ricetta vincente del Piano carcere romano?
Luigi Di Mauro: È un piano partecipato in modo attivo da tutti gli attori. Nella Consulta lavorano enti pubblici, organi del terzo settore, sindacati di polizia, rappresentanti dei detenuti, persino i consolati dei Paesi di provenienza. Tante teste che, ognuna con un ruolo ben chiaro, cooperano per raggiungere un obiettivo non calato dall?alto, condiviso dall?inizio alla fine. E se un tavolo del genere lavora bene, avviene il miracolo: carcere e imprese si avvicinano. Questo è l?altro punto di forza del Piano. I privati vi investono risorse perché trovano la giusta serietà in tutte le parti in causa.

Vita: Qualche esempio di ente privato che aiuta il carcere?
Di Mauro: L?azienda farmaceutica Pfizer, che ha finanziato la realizzazione della ludoteca e del giardino principale di Rebibbia. O la Camera di commercio, che ha dotato il Regina Coeli di una nuova palestra. Ancora, la cooperativa Cecilia, che ha formato dei detenuti di Rebibbia in scavi archeologici per poi allestire nel carcere un museo aperto al pubblico. Non c?è da nascondersi: il pubblico ha bisogno del privato. Con i pochi fondi a disposizione anche un?organizzazione efficiente come la nostra non ce la può fare. Per questo cerca il privato, soprattutto per il reinserimento dei detenuti, che nella sola Roma sono 5mila in cella e 8mila in esecuzione penale esterna. Come gestirli tutti?

Vita: A lei la risposta?
Di Mauro: Al momento dell?ingresso in azienda, alla persona fresca di libertà affianchiamo un tutor, che si coordina con il datore di lavoro, dandogli garanzie. Fondamentale in questo senso è l?apporto del terzo settore, senza il quale il sistema imploderebbe: sono volontariato e cooperazione sociale che si fanno carico delle prime necessità dei detenuti. Un esempio: con l?indulto sono uscite 3mila persone in tre giorni. Siamo riusciti a gestirli grazie alla rete di attori non profit che si è creata con la Consulta.

Vita: Come opera la Consulta?
Di Mauro: Dall?avvio del Piano è suddivisa in 5 commissioni: salute, cultura, pari opportunità, formazione e minori. Si riunisce periodicamente, per elaborare le linee guida da presentare alle istituzioni. Che rispondono sempre meglio: l?ultimo risultato è stato, a maggio, un protocollo d?intesa con il tribunale per reinserire le persone in pena alternativa. La Consulta è ora il primo riferimento del Giudice di pace.

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