Famiglia

Trent’anni di aiuto alle famiglie aperte

L’esperienza dei genitori del Centro ausiliario per i problemi minorili di Milano, sorto 30 anni fa per assistere i ragazzi in difficoltà

di Chiara Sirna

Si intitola Storie in cerchio e racconta l?esperienza dei genitori del Centro ausiliario per i problemi minorili di Milano, sorto 30 anni fa per assistere i ragazzi in difficoltà. Un contributo di esperienze per dimostrare che un?esperienza complessa come l?accoglienza temporanea di un minore è possibile se sostenuta.

Il cerchio è quello in cui si riuniscono in gruppo a parlare dell?affido e della propria esperienza. E le storie sono quelle vissute dai genitori del Cam, il Centro ausiliario per i problemi minorili di Milano, viste dagli occhi degli esperti: gli psicologi e gli assistenti sociali che guidano i gruppi. In Storie in cerchio (FrancoAngeli), ci sono trent?anni di incontro e scontro tra genitori affidatari e minori affidati e di rapporti con le famiglie d?origine, i servizi sociali e le scuole. «Non c?era nulla di simile nella letteratura specializzata», spiega Giovanna Burkhardt, presidente del comitato operativo Cam. «Abbiamo voluto portare la nostra esperienza come esempio di formazione e sostegno». Già, perché quella dei gruppi Cam è una storia «indispensabile », dice Maria Carminati, psicologa, coordinatrice di uno dei gruppi storici. «È provato: gli affidi fatti da persone seguite riescono sempre meglio», spiega. «Nelle fasi critiche i problemi sembrano insuperabili, quando l?accompagnamento c?è ed è costante, le difficoltà sono affrontate diversamente».

Quali? Più di tutte il momento del distacco. «Quando i ragazzi devono decidere prima della maggiore età con chi stare», continua la Carminati. «Spesso i meno scolarizzati tornano alla famiglia d?origine, ma lo fanno dando un taglio netto, scappando. Noi allora cerchiamo di far capire ai genitori che quello che è stato insegnato loro, rimane». E infatti c?è anche chi, pur tornando in contesti difficili, si mantiene sui binari. «Come un ragazzino rientrato in un quartiere difficile e in un contesto familiare a rischio», continua la psicologa, «che non è mai caduto in giri di tossicodipendenza come tanti suoi amici, o un?altra che ha raggiunto il padre in un campo nomadi eppure ha continuato a studiare e lavorare».

Dall?altra parte c?è chi garantisce il sostegno ai genitori affidatari. «Il gruppo serve», racconta un?altra psicologa, Marina Gatti, «perché i genitori affidatari sono esposti su più fronti: devono prendersi cura dei ragazzi, coltivare relazioni con i servizi sociali, le famiglie d?origine e la scuola». E spesso non funziona tutto. Per questo il Cam cercherà di attivare uno sportello di sostegno per minori e adulti, «aperto agli insegnanti, spesso impreparati ad affrontare queste situazioni», spiega la Burkhardt. «Speriamo di ottenere i finanziamenti che ci consentano di partire ».


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