Cultura

I trecento paladini anti disoccupazione

348, per l’esattezza. Sono gli animatori di comunità, i protagonisti del programma voluto dalla Cei per diffondere sul territorio la cultura del lavoro

di Sara De Carli

Lavoro nero, lavoro a cottimo, lavoro minorile, ci sarebbe un lavoretto? non è un diminutivo di lavoro, guarda la mano? Possibile che a Napoli solo lavoro nun se ne trova? Sempre con un?altra parola vicino? Annunciaziò, annunciaziò». È l?indimenticabile sketch di Troisi che apre, a Napoli, il seminario di formazione nazionale degli animatori di comunità del progetto Policoro. Sono 91 giovani tra i 22 e i 33 anni, in stragrande maggioranza donne (61 a 30), e sono i protagonisti del progetto della Cei per cambiare la realtà del lavoro al Sud, cominciando dai giovani. Il loro compito è quello di presidiare il territorio, diffondere una cultura alternativa del lavoro, mobilitare le comunità. Due i binari: l?evangelizzazione e i gesti concreti. Ovvero convegni, corsi di avviamento al lavoro e alla cooperazione, imprese sociali, associazioni, cooperative. Che gli animatori contribuiscono a far nascere sul territorio grazie alla collaborazione con quella che in gergo si chiama ?filiera?: Acli, Censaca-Cisl, Confcooperative, Bcc, Banca Etica, Coldiretti. Una gamba importantissima del progetto, a pari titolo dei soggetti fondatori: Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, Servizio nazionale di pastorale giovanile, Caritas.

Protagonisti in scena

A fare l?arcangelo Gabriele, al posto di Lello Arena, c?è Serafina. Il ruolo le spettava di diritto: ha un bambino di un anno che si chiama Gabriele e un marito che si chiama Angelo. Da due anni è animatrice di comunità nella diocesi di Avellino, ha una laurea in scienze politiche ed è stata due anni nei Balcani per un progetto della Caritas. Il problema da noi? «Sfiducia nelle istituzioni, sfiducia nella possibilità di cambiare le cose: la gente lavora nove ore al giorno, in nero, per 350 euro al mese e lo considera normale».

Francesca la chiama «cultura del lamento e fatalismo»: lei è di Crotone, ha 32 anni e dopo aver sostituito il padre per 8 anni nell?azienda di famiglia, un po? per le pressioni del racket, un po? per i 50 euro alla settimana che guadagnava, è diventata assistente sociale e ha trovato lavoro in una cooperativa.

Maria Grazia di anni ne ha 31, viene dalla diocesi di Teramo Acri ed è mediatrice creditizia: per cambiare l?idea che senza raccomandazioni e intrallazzi politici non vai da nessuna parte, non trova di meglio che dimostrare le cose. E così insieme ad altre ragazze, psicologhe e sociologhe, sta mettendo su una cooperativa che si occuperà di persone con disabilità mentali.

L?altra faccia del Sud

Le storie di questi ragazzi sono il primo successo del progetto, mostrano un?altra faccia del Sud. Dal 1995 a oggi Policoro ne ha formati 348: in pratica una potenziale nuova classe dirigente per il Sud. Sulla formazione i vertici non transigono: le materie di Napoli sono l?Evangelii nuntiandi e la legge 328, elementi di progettazione e di bilancio delle competenze, la Fondazione per il Sud e De Gasperi.

C?è una borsa di 520 euro lordi al mese, per tre anni, per 24 ore alla settimana, pagata per metà dalla diocesi e per metà dalla Cei, con l?8 per mille. Valore complessivo dell?investimento: più di un milione e mezzo di euro all?anno, per 78 diocesi coinvolte, mille giovani occupati, 500 realtà imprenditoriali nate.

L?idea non è quella di una Chiesa che ti trova un lavoro, ma promuovere le idee che nascono dal territorio. E questa è una scommessa in più. «La cultura della cooperazione e dell?impresa da noi non ci sono», spiega Maria Teresa, adc di Bari-Bitonto. «Abbiamo fatto dei questionari, quasi tutti hanno detto di voler lavorare in una impresa individuale per non essere subordinati a nessuno, ma poi da altre risposte si capiva che l?obiettivo vero è lo stipendio fisso. Si vuole lavorare in proprio ma senza assumersi i rischi d?impresa. Diciamo che qui si cerca lo stipendio, non il lavoro».

Come si cambia? «Secondo me saranno le donne. Le ragazze mi sembrano più capaci di lavorare insieme, hanno la fantasia per trasformare un hobby in un lavoro: per esempio da noi alcune ragazze che facevano il doposcuola in parrocchia hanno fondato un?associazione per sostenere il percorso scolastico di bambini dislessici», dice.

Ma c?è anche l?idea di fare una cooperativa nel settore turistico, per accogliere i pellegrini russi che vanno da San Nicola: un po? come a Brindisi, dove in tre già lavorano nella gestione delle strutture diocesane per le vacanze di gruppi e famiglie.

Annunciaziò, annunciaziò: il lavoro e basta, volendo, c?è. E in tanti ormai ci credono.


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