Politica

Quanti soldi buttati in quei rifiuti

Milioni di euro di spese incontrollate. Una strategia forsennata focalizzata esclusivamente sullo smaltimento. Termovalorizzatori da costruire con una tecnologia vecchia di 30 anni...

di Redazione

L?emergenza rifiuti in Campania ha fatto 13 lo scorso 11 febbraio. Tredici anni di commissariamento per tornare al punto di partenza: con i cittadini sommersi dalla spazzatura e i sindaci pronti a colmare di rifiuti il cono del Vesuvio. In mezzo migliaia di miliardi di vecchie lire andati in fumo. La commissione parlamentare d?inchiesta guidata da Paolo Russo, che ha chiuso i lavori il 26 gennaio dello scorso anno, descrive la Campania come un «vero e proprio laboratorio nazionale degli accordi corruttivo-collusivi e delle convivenze perverse tra politica, affari e criminalità». Difficile dargli torto.

Qualche numero. Fino al 12 marzo 2004 l?importo complessivo impegnato è stato pari a 897.012.010,44 euro. Risorse prelevate per la maggior parte dalle casse dello Stato. La Regione ha infatti contribuito con poco più di 50 milioni di euro, mentre altri 25 milioni provengono dai fondi comunitari. Una buco nero che l?Ispettorato generale di Finanza, guidato da Natale Monsurrò, ha ricostruito dopo un?indagine-fiume. Le spese della struttura commissariale infatti non sono state iscritte in un vero e proprio bilancio. In questi casi si parla di ?contabilità semplificata?. Ovvero, da una parte: spese no limits per il plenipotenziario del governo; dall?altra: ostacoli a non finire sulla strada degli ispettori. Molti di questi fondi sono finiti nelle casse della Fibe, la società dell?Impregilo che, malgrado diversi provvedimenti giudiziari a suo carico, fino a un anno fa ha continuato ad occuparsi dello smaltimento dei rifiuti. A risolvere il contratto è dovuto intervenire, in modo inconsueto, un provvedimento di legge. A quanto si apprende, però, molti degli addetti della Fibe oggi continuano a lavorare alla dipendenze del nuovo commissario, Guido Bertolaso.

Alla prova dei fatti si è rivelata fallimentare anche la strategia gestionale. Le linee guida sono dettate da un?ordinanza commissariale del 2002 che prevedeva la realizzazione di sette impianti di Cdr (combustibile derivato dai rifiuti) e di due termovalorizzatori. Il piano è naufragato. Per avviare una produzione di Cdr di qualità entro il 31 dicembre 2001, il 40% dei rifiuti sarebbe dovuto essere recuperato attraverso la raccolta differenziata. Secondo i dati della commissione Russo, nella provincia di Salerno ancora oggi appena il 13,4% dell?immondizia è trattato in maniera corretta. La percentuale crolla al 5% nel napoletano e addirittura al 4,8% nel casertano. Questo malgrado il 49% del budget commissariale sia stato investito in attività riconducibili al sostegno della raccolta differenziata. In particolare per l?acquisto di mezzi e attrezzature, molti dei quali sono stati via via rubati o adoperati in via ordinaria invece che per la raccolta differenziata, e per l?assunzione di 2.316 lavoratori, ai quali l?iniziale contratto a tempo è stato trasformato in un rapporto indeterminato. Lavoratori che, secondo l?ex commissario Corrado Catenacci, fanno poco e «spendono tutti i soldi al bar, giocando a zecchinetta».

Il risultato? L?invasione delle cosiddette ecoballe, composte da Cdr di scarsissima qualità tanto da mettere in discussione il loro stesso utilizzo dei termovalorizzatori. Eppure l?ipotesi del mega impianto di Acerra è ancora in piedi nella speranza, forse, che un miracolo possa improvvisamente trasformare in termovalorizzatore di ultima generazione, così come vorrebbero le norme in vigore, un progetto tecnologicamente vecchio di 30 anni.

In assenza di bacchetta magica, da queste parti nessuno è però disposto a calare le braghe di fronte alla costruzione di quello che forse sarebbe più opportuno chiamare inceneritore e che scatenerebbe un allarme diossina difficilmente contenibile.

In Campania l?emergenza sanitaria è già a livello di guardia. La popolazione è terrorizzata. A squarciare il velo di silenzio sul dazio che questa gente ha già pagato a livello di salute, negli ultimi tempi sono intervenuti gli esperti dell?Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d?Italia, animati da padre Alex Zanotelli. «Oltre al generale aumento di quasi tutti i tumori maligni», ha scritto il padre comboniano in una lettera aperta al ministro dell?Ambiente, citando gli studi di Giuseppe Comolla, primario oncologo dell?Istituto nazionale tumori di Napoli G. Pascale, «stiamo assistendo all?incremento di alcuni tumori che fino a qualche anno addietro erano considerati rari, come le neoplasie del pancreas». La conferma arriva da un freschissimo studio targato Oms: l?immondizia in Campania ha già avvelenato 250mila persone e i tumori a polmone, laringe, fegato e vescica sono aumentati del 400%.

Info: www.napoliassise.it


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