Volontariato

Di liegro non teme gli insuccessi. Neanche in Tv

Un’operazione positiva pur nelle prevedibili semplificazioni. C’è solo da sperare che l’audience non brillante non penalizzi altri tentativi... a cura di, Francesco Marsico*

di Redazione

Difficile dare una valutazione serena sull?Uomo della Carità, per chi quell?uomo l?ha conosciuto davvero. Si fa fatica perché ogni persona va ben al di là di qualunque sintesi ed esprime più di quanto gli altri riescono a percepire. Ma se riusciamo a vedere oltre le semplificazioni che ovviamente la sintesi televisiva è costretta a fare di ogni argomento o storia, qualche elemento di positività e di senso si può rintracciare in questa operazione.

Innanzitutto il valore della memoria, in un tempo in cui sembra prevalere un eterno presente, che cancella repentinamente la dimensione del passato, affogando ogni cosa in un indistinto oggi ipertrofico, in cui avanzare senza bussole culturali, senza criteri e senza confronti.

La memoria restituisce le giuste misure delle cose, riesce a farci uscire dall?indistinto, dal casuale, dal qualunquismo strisciante che toglie speranza e impedisce di pensarsi in un futuro diverso dall?oggi.

Ricordare don Luigi vuol dire allora riprendere in mano un pezzo della storia del nostro Paese e della Chiesa italiana, per tentare di capire cosa ha lasciato una stagione di impegno civile ed ecclesiale, che aveva la presunzione di cambiare le cose, di costruire una Italia più giusta, meno ineguale, più solidale, più attenta a chi stava peggio. Tutto questo non in astratto, ma a partire dalle sfide del proprio presente, con il coraggio di chi entra nel vivo delle questioni, assume una posizione, prospetta soluzioni.

Questo evoca un altro valore: quello della responsabilità, che è il primo elemento di ogni cultura solidaristica. Se il proprio tempo non interpella, se non impone risposte ?qui ed ora?, si rischia di costruire una cultura del disimpegno e una politica autoreferenziale ed esposta ai venti della comunicazione mediatica. Non è questo, forse, uno dei limiti della politica di oggi, uno dei segnali che ne evidenziano la sua crisi di credibilità?

Una credibilità erosa anche dall?incapacità di esprimere un conflitto figlio di passioni civili autentiche, di una tensione verso ciò che da dignità all?uomo, con la conseguente, sconcertante pantomima che spesso la politica produce. Di Liegro non temeva e non evitava il confronto anche aspro, sempre però nel tentativo di raggiungere sintesi alte per la convivenza civile a Roma. Un conflitto non brandito per fermare ogni cambiamento, ma agito come risposta alle chiusure senza alternative, alle esclusioni senza appelli.

Almeno per queste ragioni il tentativo di fare memoria di Di Liegro è da considerare un fatto positivo e importante. Un Paese che sa ricordare i suoi figli migliori, anche se scomodi, ha la speranza di non disperdere il capitale sociale accumulato nelle culture e nelle prassi solidaristiche sparse nei propri territori.

*vicedirettore Caritas italiana

Chi era
Don Luigi di Liegro era nato a Gaeta il 16 ottobre del 1928 ed è morto a Milano il 12 ottobre 1997 a soli 69 anni. Fu lui a volere fortemente nel febbraio del 74 il convegno, illuminante e ?scomodo?, sui mali di Roma, per denunciare le mancanze della capitale e i suoi responsabili nei confronti dei più deboli ed emarginati. Quando nel 1979 nasce la Caritas diocesana di Roma, don Luigi ne divenne subito direttore e ?anima?, con migliaia di volontari.

Chi lo ha interpretato
«è la cosa migliore che abbia mai fatto», risponde Giulio Scarpati, che ha vestito i panni di don Di Liegro nella fiction di Canale 5, a chi gli chiede perché tra tutte le sue interpretazioni questa di don Luigi gli sia rimasta ?addosso? e nel cuore. «Ne ho apprezzato il coraggio, la volontà e la determinazione di perseguire quello in cui credeva fino al limite dell?assoluto».


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