Non profit

Democrazia, problema vero per i volontari

Caro direttore, la lettera di Daniela che avete pubblicato sul n. 19 di Vita, ha toccato per me un nervo ancora scoperto...

di Riccardo Bonacina

Caro direttore, la lettera di Daniela che avete pubblicato sul n. 19 di Vita, ha toccato per me un nervo ancora scoperto. Come Daniela, mi sono appena dimessa dalla carica di consigliere e vice presidente di una onlus per motivi tristemente analoghi: un presidente che ritiene di dover prendere le decisioni da solo, un consiglio direttivo che non ha mai sentito, né voluto responsabilità, preferendo delegare, oltre a queste, persino la capacità di pensare e giudicare, dei soci preoccupati più di tutelare il servizio loro fornito dall?associazione, che di difenderne i principi basilari: il rispetto per le persone, la correttezza, la trasparenza, la disponibilità al confronto. «Leadership troppo vecchie e troppo a lungo al comando», come lei ha scritto, sono certamente una causa di queste situazioni, ma credo ci sia dell?altro, che spiega anche perché queste leadership resistano così a lungo.

Per operare in un?organizzazione di volontariato è decisamente più facile, per chi sta al vertice, decidere da solo, che investire tempo ed energie a spiegare le proprie proposte e cercare di costruire un consenso. Molto più conveniente limitare la circolazione interna delle conoscenze che diffondere e mettere a disposizione di tutti i soci le informazioni indispensabili per consentire di prendere decisioni con consapevolezza. Per avere realtà democratiche, bisogna, prima di tutto, credere ai valori fondamentali della democrazia. Credere che siano un valore discutere e ragionare insieme, salvaguardare, per tutti i soci, una uguale possibilità di partecipazione alla vita associativa e alle relative procedure, favorire la condivisione e il coinvolgimento delle persone nei processi decisionali. Bisogna però che anche i soci siano consapevoli del loro ruolo. Quanti sono i soci che conoscono lo statuto nei suoi tratti fondamentali, là dove si affidano all?assemblea la responsabilità, il diritto/dovere di esprimere «le linee generali programmatiche delle attività dell'associazione», nonché il diritto-dovere di vigilare e verificare l?operato del consiglio direttivo? Molti, purtroppo, rinunciano a esercitare queste facoltà, così, alla fine, dove la maggioranza dei soci è silenziosa, disinteressata, assente, la dirigenza autoritaria sopravvive indenne, anche a inadeguatezze e incapacità personali. Il tutto condito dall?aura di buonismo che accompagna la parola ?volontariato?: chi metterebbe in discussione l?operato di presidenti che sacrificano tempo e disponibilità, spesso in quantità inversamente proporzionali alla effettiva qualità degli stessi, per nobili cause? Nonostante queste riflessioni, non ho perso l?entusiasmo né la passione per questo mondo. Ho potuto incontrare persone di valore, che mi hanno insegnato molto, e l?esperienza acquisita è comunque un bene da spendere per una buona causa. La ringrazio per la cortese attenzione.
Alessandra Cecconello, email

Carissima Alessandra, grazie del tuo contributo ad un dibattito, quello su democrazia e volontariato, che si dimostra molto reale e attuale. Grazie anche per il finale della tua lettera.


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