Non profit

Inchiesta: la fiaba della lotteria sociale

300mila biglietti stampati, un incasso previsto di 150mila euro esentasse per il Fondo italiano abbattimento barriere. Che non è una onlus. Anteprima da VITA Magazine, in edicola!

di Gabriella Meroni

A quale associazione non piacerebbe ricevere una donazione di 150mila euro, in contanti ed esentasse? A nessuna, ovvio. Ma quest’anno tanta fortuna toccherà solo a una: il Fiaba – Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche, in qualità di unico beneficiario della prima lotteria nazionale sociale italiana. Be’, onore al merito: chissà quale trafila burocratica avrà dovuto affrontare, quali verifiche penal-fiscali avrà dovuto subire, quanti commercialisti avrà dovuto pagare… e invece no. Per apporre i proprio logo sui 300mila biglietti della ?riffa etica? già disponibile in tutte le ricevitorie, il Fiaba si è limitato a inviare una domandina ai Monopoli di Stato. Niente documentazione, nessuna istruttoria, zero spiegazioni. Nemmeno un file da scaricare da internet, o una dichiarazione del legale rappresentante, come per il 5 per mille. Macché. Perché da noi, a differenza di molti altri Paesi d’Europa – dove le lotterie finanziano il non profit in assoluta trasparenza e con precise norme di accesso e rendicontazione – la lotteria non la vincono quelli che comprano i biglietti fortunati, ma le associazioni che – vedremo in che modo – sui biglietti riescono a metterci la faccia. <b>Procedure ignote</b> In Gran Bretagna la National Lottery destina al non profit 28 centesimi ogni sterlina raccolta. Dal 1995 a oggi, il terzo settore inglese ha ricevuto poco meno di 20 miliardi di sterline (30 miliardi di euro). Per candidarsi a ricevere i fondi, le charities compilano un modulo online con i dati relativi all’associazione, all’attività svolta, ai progetti, ai beneficiari. In Italia non esiste una lotteria nazionale a favore del non profit, ma alcune lotterie nazionali abbinate ad altrettante manifestazioni (come il Carnevale di Viareggio, per intenderci). Anche la «prima lotteria sociale» italiana, in realtà trasferirà circa il 15% del ricavato della vendita dei biglietti a una sola organizzazione, il Fiaba appunto, che è stato abbinato alla lotteria in virtù del Premio che organizza ogni anno. Visto che le lotterie nazionali «minori» vendono in media 200mila biglietti (a 5 euro l’uno), il ricavato si avvicinerà a 1 milione e la ?quota Fiaba? a 150mila euro. Le procedure per candidarsi a beneficiario di lotteria non sono pubblicizzate: in pratica – spiegano dai Monopoli di Stato – entro il settembre di ogni anno bisogna inviare ai loro uffici la domanda di abbinamento alla lotteria; i Monopoli valutano che i candidati abbiano una «certa rilevanza sociale» (con quali criteri?) e inviano l’elenco alle Commissioni Finanze di Camera e Senato, cui spetta dare un parere. Quest’anno i candidati sono stati una ventina, gli approvati sei. Quale istruttoria hanno realizzato i parlamentari prima di approvare? Quale indagine? <b>Franco Ceccuzzi</b> (Ulivo), relatore alla Camera, sottolineò che il Fiaba ha «mostrato un reale interesse per le lotterie» e ha realizzato iniziative quali «la vendita dei biglietti» (ma va’?); il Premio omonimo, poi, può «costituire un richiamo alla sensibilità degli acquirenti». Discrezionalità più totale, l’opinione che si fa norma. <b>Quale coordinamento?</b> Ma che cos’è il Fiaba? Sul sito dei Monopoli, dove si presenta la lotteria sociale, si dice che è «un coordinamento che riunisce ben 200 associazioni, impegnate in progetti concreti per il sociale». «No, non è corretto», ribattono dal Fiaba. «Non siamo un coordinamento di associazioni». Forse neppure un coordinamento. <b>[..]</b>


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