Famiglia

Un comico presidente

L’accidentale ascesa al potere di un attore comico per un film troppo politically correct. Ottima l’interpretazione di Robin Williams, ma ci voleva più coraggio

di Maurizio Regosa

Robin Williams è un genio della comicità. E non solo: la sua faccia così mobile e allo stesso tempo cristallizzata riesce a esprimere davvero moltissime sfumature. Provare per credere: la scena in cui il suo personaggio, il comico televisivo Tom Dobbs, scopre di non essere stato eletto alla Casa Bianca è la perfetta dimostrazione dell?efficacia della sua maschera. Incredulità, sollievo, rincrescimento, delusione, e poi ancora speranza che si scioglie in un ?meno male? non detto e tanto più esplicito. Il tutto in pochi secondi. Quanti sono gli attori capaci di fare altrettanto?

È una fortuna che ?l?uomo dell?anno? sia così credibile: riesce a dare spessore e in alcuni momenti credibilità a un film che in mano a un altro attore avrebbe mostrato con maggior evidenza i limiti del ?vorrei ma non posso? del quale Barry Levinson (Good morning, Vietnam e Rain Man) è un campione. Nel senso che la volontà di scoprire la pentola e guardar dentro, Levinson ce l?ha spesso, ma gli difetta il coraggio di andare fino in fondo. Di trarre le conclusioni dalle sue stesse premesse.

Qui ad esempio si parte da una constatazione se vogliamo banale ma che non fa mai male ribadire, e cioè la centralità della televisione nel sistema delle conoscenze: per una gran parte dell?elettorato esiste ed è rilevante solo ciò che si vede in tivù. Dunque, la gerarchia di ciò che è noto viene stabilita da un elettrodomestico (di ciò che è noto, non di ciò che è realmente compreso, come si sottolinea in un passaggio fra i più indovinati).

Da qui all?ipotesi che un comico si presenti alle elezioni, le vinca (almeno in apparenza) e sia normalmente accettato come presidente degli Stati Uniti, il passo è breve. Un cammino reso assai gradevole specialmente nella prima parte dalla prestazione di Williams, dal fuoco di fila delle battute e delle cattiverie spiritose che riesce a dire, irrompendo come un animale un po? demagogico e un po? populista nell?ingessata arena della politica con il doppiopetto, i miti a buon mercato e le lobby dietro l?angolo.

Come si vede, materia per un film più che interessante. Ma sarebbe stato necessario quel famoso pizzico di coraggio in più: avrebbe impedito a Levinson di introdurre un finale consolatorio, che riaggiusta tutto, restituisce il seggio al vero vincitore (perché la democrazia è la democrazia, come Sanremo), ci fa stare tranquilli (la gabola risiedendo nel sistema informatico, cioè – guarda caso – nel sapere tecnologico) e consente anche un finalino d?amore che non guasta mai.

L?uomo dell?anno
di Barry Levinson
Usa 2006
con Robin Williams

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