Politica

Famiglia, ecco il pacchetto delle Acli

Ici, agevolazioni degli affitti, misure sul reddito, deducibilità fiscale

di Redazione

Abolizione dell’Ici sulla prima casa e sugli alloggi affittati con canone agevolato a giovani coppie. Riduzioni sul mutuo e affitto ‘sostenuto’ per i primi tre anni, con integrazione del reddito per chi ha figli piccoli e sceglie il part-time. Deducibilita’ di tutte le spese di cura e un investimento consistente nel Fondo per la non autosufficienza. Sono alcune delle proposte contenute nel ”pacchetto” famiglia, presentato, a pochi giorni dal Family day e in vista della Conferenza nazionale di Firenze sulla famiglia, dalle Acli, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani per ”una politica integrata a sostegno della famiglia”, ponendo due condizioni preliminari. ”Il primo -spiega il presidente Acli Andrea Olivero- e’ un passaggio culturale prima che politico.Si pensa alla famiglia in quanto povera e bisognosa, non in quanto risorsa da valorizzare, e si interviene cosi’ secondo una logica di assistenza e non di sviluppo”. La seconda condizione, prosegue, appare invece ”preliminare a qualsiasi discorso serio di politica familiare”. ”La nostra spesa sociale per le famiglie e’ la meta’ di quella europea e un terzo di quella francese. Se non si inverte questa tendenza, non si esce dalla politica degli spot come il bonus bebe’ di Berlusconi, o degli annunci, il taglio Ici rinviato, e delle coperte corte: le detrazioni fiscali in Finanziaria mangiate dalle addizionali”.

Le Acli propongono, quindi, interventi su piu’ livelli: dal lavoro alla casa, dal fisco all’assistenza. Al centro l’idea di famiglia come soggetto di sviluppo. Obiettivo: costruire un ”welfare formato famiglia” che sappia promuovere e sostenere il formarsi di nuove famiglie, riconoscerne il ruolo sociale sul piano fiscale, garantirne l’autonomia e il protagonismo, intervenire tempestivamente nelle situazioni di difficolta’, aiutando le famiglie con persone non autosufficienti, le famiglie povere, le famiglie immigrate. Le famiglie in condizioni di poverta’ relativa, ad esempio, ricorda l’Associazione, nel nostro Paese sono tra i 2,5 e i 3 milioni, corrispondenti a circa 8 milioni di persone. Nel sud mediamente una famiglia su quattro vive al di sotto della soglia di poverta: si stima il 30% in Sicilia, il 27% in Calabria cosi’ come in Basilicata, Campania e Puglia ci si attesta al 24%. Povere sono le famiglie monoreddito e quelle con piu’ figli, le famiglie con un anziano non autosufficiente, quelle di pensionati e di giovani precari. I nuclei familiari nel nostro Paese sono 21 milioni e 800mila. Di questi circa un terzo delle coppie non ha figli. A cio’ si aggiungano i nuclei monoparentali, pari all’8,9% del totale: si tratta di donne separate o non sposate con figli a carico. Merita inoltre attenzione, sottolineano ancora le Acli, la presenza di circa 500mila coppie stabili, con o senza figli, che non sono coniugate e che rappresentano il 2,3% del totale dei nuclei familiari e il 3,6% delle coppie in generale.

La morsa dell’indigenza colpisce soprattutto le famiglie numerose, con 3 o piu’ figli (24,5%); questo dato aumenta se se queste famiglie hanno tre o piu’ figli minorenni (27,8%). In generale, la poverta’ in Italia cresce con l’aumentare dei componenti familiari e, a parita’ di numero di persone, con la presenza di anziani e minori. Non solo, anche le famiglie monogenitoriali si caratterizzano per una maggiore esposizione a situazioni di indigenza (13,4%). Un ulteriore mutamento sociale, rileva ancora l’Associazione, e’ determinato dall’incremento delle famiglie immigrate al cui interno il numero dei bambini nati sul totale della popolazione residente ha fatto registrare un balzo fortissimo. Di questa realta, sottolineano le Acli, bisogna tener conto per prevenire forme di marginalizzazione delle generazioni di figli di immigrati che nascono nel nostro Paese. una piu’ stringente tutela dei diritti dei minori sia in ambito familiare che nel rapporto con la comunita’ si rivela dunque indispensabile per evitare un impoverimento relazionale legato alle maggiori difficolta’a vivere gli scambi tra culture, tra generazioni, tra contesti sociali. E’ a partire da queste considerazioni che le Acli parlano di un welfare promotore di sviluppo e, all’interno di esso, della centralita’ della famiglia. Una riforma del welfare attenta alla famiglia deve in primo luogo evitare misure sporadiche e porre in atto politiche familiari integrate che prevedano un mix di interventi. Un welfare quindi, che da un lato garantisca la tutela universalistica attraverso livelli essenziali definiti con un ”parametro familiare” e che dall’altro risulti partecipato e diffuso.

Da qui le proposte delle Acli per ”una nuova stagione di politiche familiari. Per quanto riguarda il lavoro, la preoccupazione delle Acli e’ quella di ”conciliare ogni eventuale forma di flessibilita’ con la continuita’ del reddito, in particolare per le donne, garantendo loro la liberta’ di scelta, e per i giovani che esercitano attivita’ intermittenti”. La riforma degli ammortizzatori sociali deve prevedere misure di integrazione del reddito o di reddito minimo oltre le coperture attualmente previste. L’occupazione femminile va favorita con interventi mirati di riduzione del cuneo fiscale, affiancati dall’aumento dei servizi materno-infantili: almeno 30mila nuovi posti negli asili nido e l’istituzione, presso le Amministrazioni locali, di albi delle babysitter, cooperative di servizio e di assistenza domiciliare all’infanzia. La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: le Acli chiedono di adottare anche in Italia, attraverso la contrattazione, il part-time a richiesta e di migliorare la legge sui congedi parentali riequilibrando il fattore retributivo. Infine il tema del congedo dal lavoro: analogamente al servizio civile vigente per i giovani, si propone il ”lavoro civile” per gli anziani in pensione che decidano di impegnarsi in organismi di utilita’ sociale, con un riconoscimento economico minimo a carico dell’ente utilizzatore.

La casa. Per le Acli e’ ”uno dei principali fattori critici che limitano la costituzione di nuove famiglie, ritardano il matrimonio e penalizzano l’assunzione di responsabilita’ genitoriali”. L’Associazione propone quindi di agevolare l’acquisto della casa per le nuove coppie attraverso la riduzione del costo dei mutui ovvero sostenendo i costi dell’affitto per un periodo di tre anni attraverso il reperimento delle risorse idonee. Abolire l’Ici per la prima casa e per gli alloggi affittati, con canone agevolato, a giovani coppie e famiglie con figli piccoli o a basso reddito. Rilanciare l’edilizia residenziale pubblica valorizzando gli investimenti del non profit. Coinvolgere il sistema della cooperazione abitativa sia nei grandi processi di riqualificazione urbana sia nei processi di riutilizzo delle aree demaniali. Ridefinendo il concetto di standard urbanistico e assumendo la definizione di ”alloggio sociale” come intesa dall’Unione europea. Per quanto riguarda l’assistenza le Acli rilevano che ”di fronte all’inadeguatezza dell’offerta pubblica la cura dei figli e degli anziani espone di fatto oggi le famiglie al rischio di marginalita’ sociale”. E avanzano la proposta, sul modello francese, di un assegno integrativo del reddito: un’indennita’ di 300 euro mensili per i genitori che riducono l’orario di lavoro a part-time ovvero lo lasciano temporaneamente fino ai tre anni di eta’ del figlio”. Per gli anziani assistiti dalle famiglie, le Acli chiedono di incrementare il Fondo per le persone non autosufficienti istituto dalla Finanziaria, ricorrendo se necessario ad una tassa di scopo. Per cio’ che attiene invece alla competenza sanitaria, sociosanitaria e riabilitativa, spetta alle Regioni il compito di costruire progetti mirati di assistenza, garantendo eventuali ricoveri presso strutture residenziali ma soprattutto la possibilita’ di fruire.

La questione fiscale, poi, e’ determinante, secondo le Acli, per garantire ”l’autonomia del soggetto familiare e il riconoscimento pieno del suo ruolo sociale”. L’equita’ fiscale puo’ essere raggiunta solo se lo Stato perviene a cambiare il suo interlocutore: dal singolo contribuente alla famiglia-contribuente. Per il presupposto che ”la famiglia e’ una comunita’ sia nel produrre ricchezza che nell’utilizzare risorse”. Di qui la proposta di inserire nel regime attuale di tassazione il quoziente familiare, che ”non comporta alcuna restrizione alla liberta’ di scelta delle donne rispetto alla dimensione lavorativa – precisano le Acli -. L’eventuale rinuncia al lavoro femminile ha ben altre motivazioni che attengono alla carenza di servizi e di sostegno alle reti familiari”. Le Acli propongono di ”rendere deducibili le spese di cura sopportate dalle famiglie”: il salario per l’impiego di un lavoratore a domicilio, le spese per gli asili nido e le materne, il ricovero degli anziani nelle case di cura, l’assicurazione a favore di portatore di handicap. Chiedono quindi una riforma degli assegni familiari che li trasformi da prestazione previdenziale a ”prestazione di cittadinanza”, a carico dunque della fiscalita’ generale, perche’ ”nessuna famiglia puo’ essere esclusa dalla prestazione per assenza di soggetti che prestano attivita’ lavorativa”.

Le famiglie immigrate. La famiglia migrante rappresenta, secondo le Acli, ”l’avanguardia migratoria”, cioe’ progetti migratori in fase avanzata, esempi d’integrazione in corso d’opera. Da favorire e sostenere dunque a beneficio del benessere e della pace sociale, rimovendo gli ostacoli che impediscono questo processo virtuoso. In primo luogo la questione del ricongiungimento familiare. ”La normativa in questo campo comincia ad essere meno burocratizzata – affermano le Acli – ma occorre un costante accompagnamento”. Quindi il problema dell’alloggio, che rappresenta uno degli elementi cruciali dell’integrazione della famiglia immigrata. Occorre una ”riprogrammazione della presenza dei nuclei familiari immigrati nel territorio, la riqualificazione del patrimonio immobiliare, l’accompagnamento dell’acquisto della casa attraverso opportune facilitazioni, nell’ambito di una politica nazionale sulla casa che eviti ghettizzazioni, tensioni sociali e forme di discriminazione”. Altra questione: la formazione linguistica. E’ necessario ”un Piano nazionale per l’apprendimento della lingua articolato nei diversi livelli territoriali. La conoscenza delle lingua e’ vettore indispensabile di piena cittadinanza culturale, uno strumento di educazione civica e, per le donne in particolare, anche sanitaria”


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