Famiglia

Immigrazione: tutti i dati dei rientri accompagnati

Sono stati 7mila in quindici anni, costano un quarto di quelli forzati e sono più pedagogici

di Sara De Carli

?Le migrazioni di ritorno: il caso italiano? è un volume dedicato ai rimpatri assistiti degli immigrati nei loro paesi di origine, che è stato presentato oggi. Si tratta di un argomento poco conosciuto, perché solitamente si pensa al rimpatrio forzato degli immigrati illegali, che invece non possono essere beneficiari di questi provvedimenti. Ad essere interessati sono i richiedenti asilo, gli stranieri accolti per motivi umanitari, le persone recuperate dallo sfruttamento per fini sessuali, ecc.
Per la prima volta, grazie alla collaborazione dell?OIM e dell?ANCI, sono stati raccolti tutti i dati statistici al riguardo, ripartiti per anni e per categorie. Dal 1991 ad oggi si è trattato di poco più di 7.000 casi. Il numero non deve però far pensare che si tratti di una posta scarsamente significativa. Infatti, seguendo le riflessioni sviluppate dalla ricerca e riprese dalla Caritas Italiana, l?assistenza può essere uno strumento da estendere a altre categorie di immigrati, evitando così che i flussi irregolari continuino ad essere una voce dispendiosa per lo Stato e una posta fallimentare per gli interessati. Soprattutto in questo periodo di riflessione sulle possibili riforme da apportare al Testo Unico sull?Immigrazione, i dati riportati, l?esperienza maturata e gli ampliamenti ipotizzati possono tornare di grande utilità.

Il numero complessivo di ritorni, dal 1991 fino ai primi mesi del 2006, è stato pari a 7.223 beneficiari così disaggregati:
-i tre quarti (72,7%) hanno beneficiato di programmi speciali di ritorno, legati alle emergenze umanitarie prima nei Balcani (inizio anni ?90) e poi in Kosovo (inizio del 2000). Dal 2001, anno di istituzione del Piano Nazionale Asilo (PNA, poi divenuto operativamente, dal dicembre 2003, Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, SPRAR), al settembre 2006 si sono aggiunti altri 797 casi riguardanti richiedenti asilo, rifugiati, titolari di protezione temporanea, ecc., pari a circa l?11,0% del totale;
-il restante 16,3% dei casi ha riguardato 458 vittime di tratta (6,3%), la cui assistenza al ritorno volontario trae inizio nel 1999; 571 lavoratori in difficoltà, assistiti dal 1992 a oggi grazie al Fondo per il rimpatrio gestito dall?Inps (10,0%); alcuni altri casi umanitari.
Per quanto riguarda le provenienze geografiche, nella maggioranza dei casi si tratta di cittadini albanesi (41,5%) beneficiari per lo più dei programmi di ritorno connessi all?emergenza sbarchi del 1991 e del 1997 e promossi dal Ministero dell?Interno. Seguono nella graduatoria altri 4 paesi balcanici: il Kosovo (15,2%), la Romania (7,8%), la Serbia Montenegro (6,7%) e la Bosnia Erzegovina (5,5%). I costi del ritorno volontario assistito possono variare tra i 2.000 e i 5.000 ? a beneficiario, a seconda degli obiettivi del progetto, del paese di ritorno e delle caratteristiche del beneficiario. Nel caso delle vittime della tratta, infatti, i costi possono essere maggiori, essendo il percorso di reinserimento più complesso. Il ritorno assistito costa comunque un quarto rispetto a quello forzato (secondo quanto riferisce la Corte dei Conti, il contrasto dell?immigrazione irregolare nel 2004 è costato all?Italia circa 316 mila euro al giorno).

Facendo perno sulla sostenibilità del ?ritorno?, occorre rendersi tutti conto che mandare via gli irregolari sempre in maniera coattiva, con accompagnamento della forza pubblica, comporta pesanti effetti negativi. Innanzitutto servono più soldi di quanti se ne ha a disposizione, facendo così diminuire quelli previsti per le politiche di integrazione, che invece hanno un impatto più duraturo. Inoltre, osserva Franco Pittau della Caritas, “queste forme coattive rischiano di essere controproducenti, qualora non vengano limitate a ben precise ipotesi. Diventa, così, necessario pensare ad altre forme di contenimento e siamo lieti di constatare come questa impostazione abbia improntato la relazione finale della Commissione De Mistura chiamata a pronunciarsi sul ruolo che i CPT hanno svolto nel contrasto della irregolarità. È necessario perciò insistere sul valore pedagogico delle vie legali, che devono essere rese agevoli e incentivanti, vincendo ogni tipo di strozzatura nei meccanismi tanto di ingresso quanto di permanenza in Italia. I passi in avanti che si stanno facendo non autorizzano a dimenticare che si è ancora indietro in un paese in cui gli immigrati sono già presenti in misura consistente e lo saranno ancora di più nel futuro, quando l?Italia si collocherà tra i paesi del mondo a più alta densità migratoria. Queste previsioni richiedono una politica migratoria più impegnativa che, coinvolgendo forze sociali, amministrazione e politici, dovrà riuscire ad operare una sintesi equilibrata tra controllo e solidarietà”.


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