Formazione

Una macchina in rodaggio

«Le abitudini finanziarie sono difficili da cambiare. E sei mesi non sono sufficienti. I risultati arriveranno»

di Redazione

«Troppo presto per stilare un bilancio. La riforma del Tfr impone un profondo cambiamento culturale che sarà recepito solo dopo un po? di tempo». Cesare Petrò di Arca Sgr, tra le prime società ad aver istituito un Fondo pensione aperto e nata nel 1983 dall?unione di dodici Banche Popolari, invita a fare i conti con la realtà senza però indugiare nel pessimismo.

Vita: Che cosa si aspetta al varco del primo luglio? Adesioni in massa dell?ultimo minuto?
Cesare Petrò: No, con ogni probabilità, tanti lasceranno il Tfr in azienda, in attesa di capire un po? meglio la normativa, le opportunità in gioco e i vantaggi fiscali dal conferimento del Tfr nei fondi pensione. Quindi non mi preoccuperei più di tanto se, oggi, a metà del guado, la riforma sembra non decollare. Le abitudini finanziarie dei cittadini sono difficili da cambiare. Non sono sufficienti sei mesi.

Vita: Cosa è che spaventa di più i lavoratori?
Petrò: Si teme di vedere sfumare in giochi di borsa la liquidazione. Un?ipotesi del tutto fuori luogo. Esistono per legge precise garanzie. E inoltre il costo della previdenza complementare non è pesante come si crede. Non va oltre il prezzo di due pizze alla settimana. Ma è d?obbligo una ponderata riflessione: fondi chiusi, aperti e Fip, o lasciare il Tfr in azienda, non è affatto la stessa cosa. Ci sono costi, gradi di rischio e opportunità differenti.

Vita: Sul fronte della finanza etica, quali sviluppi prevede?
Petrò: In un momento in cui le idee sono ancora confuse, parlare di investimenti socialmente responsabili riesce ancora più difficile. Solo quando la riforma verrà compresa interamente, si apriranno delle chance per il comparto etico. Insomma le prospettive ci sono tutte, basta lasciar partire la macchina e presto si vedranno i risultati anche sotto questo profilo.


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