Famiglia

Famiglie straniere, la sfida integrazione

Dopo 4 anni di permanenza solo il 34% delle famiglie straniere è inserito

di Benedetta Verrini

Come vivono l?esperienza dell?integrazione le famiglie migranti? Risponde a questa domanda un?interessante ricerca presentata all?università Cattolica di Milano e condotta su un campione di 100 famiglie provenienti da quattro diversi Paesi: Marocco, Brasile, Filippine, Ghana. Il risultato è un complesso quadro in cui solo il 34% può dirsi ben integrato in Italia.

L?esperienza migratoria non è un?impresa impossibile, ma non è nemmeno un?impresa facile. È il messaggio che emerge dall?indagine condotta dalla professoressa Caterina Gozzoli, docente di Psicologia delle relazioni familiari- Aspetti interculturali alla facoltà di Scienze della formazione dell?università Cattolica di Brescia.

La ricerca si è basata su interviste a un campione di 100 famiglie provenienti da Marocco, Brasile, Filippine e Ghana, residenti in Italia da almeno 4 anni. Ne è risultato che solo il 34% delle famiglie ha raggiunto un buon livello d?integrazione.

Il 43% presenta invece difficoltà nel rapporto con la realtà italiana o nel mantenere un buon legame con la propria storia familiare. Il 23%, poi, presenta difficoltà serie: si tratta di ?famiglie bloccate?, più a rischio di disagio e isolamento sia sul versante familiare che sociale.

«La ricerca ci ha permesso di constatare che nonostante la diversa etnia e cultura, tutte queste famiglie sono accomunate da una stessa esperienza, quella della migrazione», spiega la Gozzoli. «I punti di comunanza dunque sono molto forti: la migrazione non è una decisione del singolo, diciamo del capofamiglia, ma va letta in una chiave più complessa e intergenerazionale. In tutti convive uno sguardo verso il futuro e un forte ?mandato migratorio? verso chi rimane nei Paesi di appartenenza».

Emerge poi un senso di ?fatica? nel processo d?integrazione, che per le famiglie più a rischio «significa non riuscire a dare una cornice a eventi disorientanti, in una società che chiede loro di cambiare. Il rischio è quello dello sradicamento, perdendo sia i valori della cultura d?origine sia quelli del Paese ospitante». I presidi più diffusi cui le famiglie straniere si appoggiano sono le reti amicali dei connazionali, ma anche le coppie italiane incontrate a scuola. Nell?ambito dei servizi, sono proprio la scuola, l?ospedale e i consultori le ?interfacce? più frequenti dell?integrazione.

Ci sono poi tendenze interessanti legate all?etnia e alle differenti culture, che giocano un ruolo importante nel processo d?integrazione: «Se le famiglie africane vivono con più fatica l?incontro con l?altro», dice la Gozzoli, «quelle sudamericane rischiano all?opposto il completo ?assorbimento? nella nuova cultura. Se nell?area maghrebina si avverte di più il problema educativo, i filippini vivono un impatto più ?morbido? con la nostra cultura, ma più facilmente progettano un rientro in patria».

La ricerca, insomma, offre un quadro che si presta a notevoli ricadute operative, soprattutto per gli operatori dei servizi alla persona. «Sarà necessario aprire sempre più lo sguardo verso un fenomeno che non può essere gestito solo a livello individuale o a livello macro, ma lavorando sulle relazioni e sulle rispettive ?fatiche? d?incontro e ascolto».

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