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Essere «for profit» e non saperlo

Si è for profit se: il fine dell'ente è il ritorno economico personale e la principale attività dell'ente è a pagamento ed ha caratteristiche imprenditoriali

di Carlo Mazzini

Avrei bisogno di sapere quando un ente è non profit e quando è da considerarsi con scopo di lucro. Io faccio parte di due associazioni; in una mi hanno invitato a tenere dei corsi di formazione su aspetti relativi alla mia professionalità, assicurandomi – come per tutti i soci – un diretto ritorno economico. Nell?altra vedo che le attività rivolte (cioè vendute) a terzi producono entrate considerevoli, maggiori di quelle istituzionali. Siamo ancora nel campo del non profit? Dalle informazioni fornite dal lettore sembra essere in presenza di due organizzazioni ?for profit?; è bene comunque fare un passo indietro e riprendere il tema del limite tra il non profit e il ?for profit?, dato che con sempre maggiore frequenza ci troviamo (come consulenti, risponditori automatici di quesiti) di fronte a casi limite, come quelli esposti, che mettono in crisi il concetto di ?non profit?. Partiamo dall?assunto che, come al solito, non ci interessa chi cerca di truffare il terzo ?fingendosi? non profit. Non parliamo quindi delle cosiddette ?false onlus?, dei sedicenti benefattori che fan di tutto per carpire la buona pubblica fede a propri loschi fini. Vi è, invece, un?area grigia, che nasce da tre dati di fatto. Il primo è che non è semplice formare un ente di natura economica a basso costo. Se pochi amici intendono mettere a frutto un sapere professionale, i costi di informazione e di successiva costituzione non sono bassi. Esiste, per così dire, un rischio imprenditoriale (di perdere soldi) ancor prima di diventare imprenditore. Al contrario, informarsi e poi costituire un?associazione può anche voler dire, in certi casi, non dover sostenere alcun costo. Il secondo dato di fatto consiste nell?ignoranza di fondo sui temi a noi tanto cari del non profit amministrato. È un?ignoranza democratica, che colpisce tutte le categorie, e che pertanto può mietere vittime sia tra i professionisti che tra coloro che stanno entrando nel mondo del lavoro. È un?ignoranza che trova una delle sue cause nell?eccesso di legislazione speciale, nella mancanza di esplicite regole di base dimostrate dal fatto che il Codice civile dice meno dell?essenziale lasciando il fianco a interpretazioni fantasiose. Il terzo dato di fatto è il successo di alcune recenti misure a favore del non profit; 5 per mille (prima e, speriamo, seconda edizione), ?+Dai, -Versi?, onlus. La miscela di costi bassi, benefici alti e ignoranza appare pertanto esplosiva, nel senso che fa esplodere casi di errata impostazione del problema. Cerchiamo quindi di porre alcune basi per capire se un?attività è da ?profit? o da ?non profit?. Se il fine (primo ed ultimo) dell?ente è quello di ottenere un ritorno economico personale (magari modesto) attraverso l?auto corresponsione di emolumenti o corrispettivi per l?attività prestata, l?ente è ?for profit?. Se la principale attività che intendo promuovere è a pagamento e chi paga non è socio e/o non è persona svantaggiata, l?ente è ?for profit?. Se la principale attività che promuovo e il modo di promuoverla hanno caratteristiche ?imprenditoriali?, cioè volte al profitto, l?ente è ?for profit?. Attenzione; con questa casistica parziale ho detto ciò che non è non profit, non ho detto ciò che è non profit con le diverse casistiche possibili. Perché poi viene il bello; detto cosa è ?for profit?, è più complesso dire cosa è non profit. L?area grigia (della colpa, non del dolo) ha quindi molte ragioni d?esistere.


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