Pubblichiamo alcuni stralci del diario di Carmelo, detenuto in un carcere del centro Italia, che racconta il suo sciopero della fame deciso «per motivi di giustizia». Un gesto folle determinato da un sistema altrettanto folle, di cui Carmelo documenta alcuni incredibili passaggi.
Tredici novembre 1998, primo giorno. Peso 72 chili. Solita cella dell?altra volta, ma questa volta è diverso: trattamento più duro, più disgustoso. Dato che faccio lo sciopero della fame mi tocca una sola coperta, niente pigiama. Ho le mani e i piedi gelati, ma sono sereno, forte della mia disperazione.
14 novembre, secondo giorno. Peso 71 chili. Vengo chiamato dal comandante, e da lui trovo l?intero Consiglio di disciplina. Incredibile, mi fanno rapporto perché sto facendo lo sciopero della fame. Qui è diventato un reato anche digiunare. Vengo deriso e minacciato. Io rispondo che il più grande dono che un essere umano può fare ai propri scellerati aguzzini è quello di non avere paura.
15 novembre, terzo giorno. Peso 70 chili. Nonostante mi abbiano dato un?altra coperta sento un freddo cane, la debolezza comincia a farsi sentire. Mi gira la testa, ma sono lo stesso uomo, risoluto ad andare avanti. Dentro di me c?è un sentimento di giustizia che viene prima di ogni altra cosa, anche della vita.
16 novembre, quarto giorno. Peso 69 chili. Le ossa mi fanno male, sento formicolii da tutte le parti. Un brigadiere mi ha detto che dato che prendo un caffè alla mattina lo sciopero della fame non vale. Gli ho risposto di provare lui con un caffè al mattino, se riesce a campare…
17 novembre, quinto giorno. Peso 69 chili. Per miracolo o magia da parte di qualche anima buona, mi vola dentro la cella una mela dallo spioncino. Decollo come un falco per prenderla, ma casco per terra. Nessuno mi vede. Annuso la mela, poi mi blocco. Non posso farlo. Sono bravo, ma anche scemo… Come al solito.
18 novembre, sesto giorno. Peso 68 chili. Ho chiesto al medico il certificato per farmi la doccia, mi ha risposto che non dipende da lui. Qui l?uomo è senza difesa e subisce una violenza umiliante. Mi sento infelice, in balia del mio orgoglio e di me stesso.
19 novembre, settimo giorno. Peso 67 chili. Mi convoca la psicologa. Tenta di indurmi a smettere. Io la saluto ed esco dalla stanza. Poi alle due vengo chiamato giù e con sorpresa vedo il mio amico Giuliano. Lui mi persuade a smettere. Fine della cronaca. Credo che una seconda puntata non ci sarà.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.