Formazione

Microcredito, perchè in Italia i conti non tornano

Cosa svela il Secondo Rapporto sul microcredito in Italia

di Carlo Borgomeo

Il Secondo Rapporto sul microcredito in Italia viene pubblicato all?indomani della splendida notizia del premio Nobel per la pace a Muhammad Yunus, ?padre? del microcredito a livello planetario. E così l?attenzione sul microcredito cresce; dopo le manifestazioni e gli eventi, diversamente efficaci, organizzati nel corso del 2005, anno internazionale del microcredito, l?opinione pubblica è sollecitata dalla straordinaria vicenda umana e professionale di Yunus e dai grandi risultati qualitativi e quantitativi della banca Grameen.

Questa attenzione, questa sensibilità nuova rispetto al tema, i tanti convegni organizzati hanno determinato un?accelerazione, una qualificazione nelle esperienze di promozione di microcredito nel nostro Paese? Nel Primo Rapporto erano state censite 41 iniziative di microcredito, avviate nel corso del 2004 o in anni precedenti. Nel complesso queste iniziative si erano tradotte in poco meno di 8mila prestiti, per un ammontare di circa 76 milioni di euro.

A quota 13mila

I risultati di questa seconda rilevazione, effettuata nei primi sei mesi del 2006 e quindi riferita al 31 dicembre 2005, sono i seguenti: alle 41 iniziative già censite si sono aggiunti 28 nuovi programmi operativi, per un totale di 69 iniziative di microcredito, i prestiti concessi sono più di 13mila e il loro ammontare vale complessivamente oltre 138 milioni.

La lettura dei dati relativi all?anno 2005 rimanda a conclusioni complesse. Da una parte, infatti, vi è un incremento quantitativo di un certo rilievo rispetto all?anno precedente: un incremento del numero dei beneficiari finali; un incremento nel volume dei prestiti concessi. Dall?altra restano alcuni limiti delle esperienze, già segnalati nello scorso rapporto. Continua, intanto, una propensione ad improvvisare iniziative e programmi. La generosa ?voglia di stare sul tema? ha indotto molte istituzioni a promuovere e/o ad annunciare programmi che non hanno avuto alcun seguito. Si potrebbe affermare che in qualche caso si ha l?impressione che i promotori sottovalutino del tutto le questioni tecniche-operative, immaginando di avviare un intervento benefico sostanzialmente indistinto. Alla prova dei fatti, la mancanza di indirizzi operativi e delle pur minime tecnicalità necessarie, impediscono l?avvio delle iniziative. Come pure va segnalata la persistenza di iniziative che hanno un grande squilibrio (forse anche di costi!) tra i momenti di promozione e di lancio e le effettive erogazioni di prestiti.

A livello nazionale continua, pur se con volumi più contenuti, l?esperienza del ?prestito d?onore?, la misura di promozione di lavoro autonomo gestita da Sviluppo Italia. Ad una prima, sommaria interpretazione, l?attenuazione della domanda pare attribuibile più alle nuove procedure adottate che ad un calo di interesse da parte dei potenziali beneficiari.

Le altre esperienze di microcredito si vanno distinguendo in due tipologie:

  • da una parte quelle che hanno come promotori/attuatori istituti di credito che, con sempre maggiore frequenza, utilizzano fondi pubblici per sostenere il sistema di garanzie;
  • dall?altra quelle promosse ed attuate da associazioni e soggetti del terzo settore che utilizzano fondi privati.

    Finanziare le idee

    Questa distinzione assume oggi un carattere più strutturale fino a configurare due modelli alternativi. Tuttavia, in entrambi i modelli continuano ad essere praticamente assenti gli interventi ?accessori?, ma certamente decisivi per il buon esito delle singole iniziative e per una valutazione efficace dei programmi. Non c?è traccia, cioè, se non in qualche caso sporadico, di interventi strutturati di assistenza allo start-up e di monitoraggio delle iniziative. Tale carenza va recuperata; anzi è in quest?area di servizi che andrebbero utilizzate le risorse pubbliche eventualmente disponibili, lasciando il meccanismo del prestito in una dimensione, non assistita, di mercato. Piuttosto che abbassare o azzerare i tassi di interesse, piuttosto che concedere contributi a fondo perduto, piuttosto che ?chiudere un occhio? sulle morosità, sarebbe opportuno destinare fondi pubblici alla definizione delle idee, della messa a punto di programmi di attività e di previsioni, dell?assistenza allo start-up.

    In ogni caso il proliferare di iniziative, la crescente attenzione delle istituzioni locali, i tentativi messi in atto da diverse banche possono avvicinare l?obiettivo che resta il criterio-guida per gli estensori di questo rapporto: fare del microcredito non una modalità di intervento a favore di soggetti svantaggiati, ma un prodotto ordinario del nostro sistema creditizio.

    L?iniziativa per riconoscere che il credito è un diritto, anche per chi non ha garanzie, nel nostro Paese è cosa diversa che nei Paesi poveri. Ma sarebbe paradossale che ?importassimo? quei modelli per le situazioni di patologia sociale e non facessimo ogni sforzo per rendere il microcredito un prodotto, a certe condizioni, normalmente accessibile a chi non può prestare garanzie.

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