Famiglia
Se io fossi in lei la Bossi-Fini la cambierei
Il ministro della Solidarietà incontra i protagonisti dellaccoglienza e dellintegrazione e raccoglie spunti per riformare una legge contestata
Una scacchiera di volti chiari, scuri, cioccolato, sguardi scintillanti d?attesa, carichi di aspettative, tappezzano sala Tevere, nella sede della Regione Lazio. Sono più di duecento e non vedono l?ora di incontrare il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero e la sottosegretaria all?Immigrazione, Cristina De Luca.
È un momento importante, un?occasione da non perdere. Vogliono gridare assurdità burocratiche, problemi, difficoltà dei migranti nel nostro (e loro?) Paese. E poi storie di integrazione, tragiche, comiche, sofferte.
Sono i portavoce dei quasi 420mila stranieri che oggi vivono a Roma e nel Lazio. Portano con sé storie italiane, africane, indiane, rumene, sudamericane. Finalmente possono dire che nella capitale e in regione ci sono anche immigrati e italiani che credono in una società multietnica e interculturale.
Ferrero è qui proprio per sentire loro, gli attori che «in questi anni hanno lavorato per l?accoglienza e l?integrazione, nell?assenza dello Stato». Associazioni, enti locali, sindacati, scuole, mediatori culturali. La missione è modificare la Bossi- Fini entro i primi mesi del 2007. Ma c?è qualcuno che ricorda: «Bossi-Fini copiato da Turco-Napolitano. Peggiorato, sicuro, però non c?è tanta differenza».
Dal palco il primo a parlare è Ananda Seneviratne, presidente dell?associazione dello Sri Lanka in Italia, membro della segreteria del Forum delle comunità straniere e della Consulta del Comune di Roma. Così recita il biglietto da visita, quasi più grande di lui, che affonda dietro al microfono. Ma questo signore cingalese piccolo e scuro, un po? sgrammaticato, con la sua simpatia, riesce ad attirare l?attenzione e il consenso di tutti. «Legge chiede a immigrati casa adeguata e contratto tempo indeterminato. Ma quanti italiani hanno queste cose? Poi ministero Interno fatto contratti tempo determinato per mediatori culturali. E sportello unico: si doveva fare tutto. Invece non possibile fare niente».
Dopo Ananda, è l?ora di Shquiponja Dosti, dell?associazione Philoxenia onlus. Una ragazza appariscente, alta il doppio del cingalese, jeans e maglietta, capelli ricci e folti. Bellezza mediterranea, di oltre Adriatico, però. È albanese, ma questo lo scopriremo solo a fine intervento. «Da sette anni lavoriamo a Genzano di Roma, una piccola città in zona Castelli. Siamo un gruppo di donne immigrate e abbiamo seguito progetti di sostegno linguistico nelle scuole, nelle carceri. Ma vi pare che poi ci chiamano a un tavolo per discutere di interventi per immigrati e tossicodipendenti? Con tutto il rispetto: ma dove sta il nesso? E io che ne so di come si tratta con i tossicodipendenti, dato che sono esperta di immigrazione?».
Il suo italiano è quasi perfetto, se non fosse per una ?r? un po? strana e qualche doppia mancata. Il ragionamento è ineccepibile. Ferrero, perplesso, mordicchia un sigaro.
«Il problema è che continuiamo a pensare che gli immigrati siano solo soggetti deboli e bisognosi. Oppure, come nella Bossi-Fini, non sono considerati persone, ma forza lavoro. Invece è ora di ragionare in termini di rispetto dei diritti», dice Vanni Piccolo, dirigente scolastico, nel gruppo di lavoro per la modifica della legge regionale n. 17 del 1990 sull?immigrazione.
«La nuova normativa», dice il presidente Piero Marrazzo, «dovrà favorire la partecipazione e l?accesso alla vita pubblica per i migranti». Non dimentichiamoceli, però, i soggetti deboli, donne, minori, vittime di tratta.
Parla Maria Vargas, mediatrice familiare peruviana. E ricordiamoci dei rom, soprattutto nella capitale, dicono Claudio Graziano, dell?Arci Lazio, e il rumeno Gabriel Rusu, del Comune di Roma.
Intanto è arrivato davvero il momento delle conclusioni di Ferrero, quando si leva l?ultima voce, di un uomo, forse maghrebino: «Signor ministro, ma è possibile che rinnovo del permesso di soggiorno per famiglia costa 300 euro? Io so? dde Frosinone ».
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