Formazione

Agroalimentare, il made in Italy raddoppia in Cina

Studio della Coldiretti presentato a Shangai in occasione dell'inaugurazione del Salone dell'agroalimentare italiano Vinitaly-Cibus 2006

di Redazione

L’agroalimentare Made in Italy raddoppia in Cina e con un aumento del 129 per cento è il settore economico nazionale che fa registrare nel 2006 il più elevato tasso di crescita delle esportazioni nel paese asiatico con valori record per i vini (+117 per cento), oli e grassi (+148 per cento), formaggi e lattiero caseari (+1077 per cento) e pasta (+49 per cento). E’ quanto emerge da uno studio della Coldiretti presentato a Shanghai dal presidente nazionale Paolo Bedoni in occasione dell’inaugurazione del Salone dell’agroalimentare italiano Vinitaly-Cibus 2006 al quale ha partecipato il Ministro per le Politiche Agricole Paolo De Castro. Secondo le stime della Coldiretti fine anno le esportazioni agroalimentari nazionali in Cina potrebbero raggiungere i 50 milioni di euro sulla base delle previsioni formulate in riferimento ai dati Istat sul commercio estero con i paesi extracomunitari nei primi sette mesi del 2006. “Nel rapporto del Comitato Leonardo-ICE sul volto dell’Italia nel 2010 l’agroalimentare insieme alla moda e al turismo viene considerato il settore che esprimerà maggiore imprenditorialità” ha affermato il presidente della Coldiretti nel sottolineare che “ciò che nei prossimi anni si venderà meglio sarà quello che i francesi chiamano il prodotto del terroir (quindi legato alla terra del luogo)”. Un bene che avrà un vasto pubblico in Italia e in Paesi come la Cina che – ha sottolineato Bedoni – rappresenta un terreno fertile per gli scambi commerciali poiché, come l’Italia, può vantare storia, cultura e tradizioni anche nell’agroalimentare dove le due cucine sono le più diffuse nel mondo. Per questo – ha continuato Bedoni – occorre trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti per combattere le contraffazioni e consentire ai consumatori di fare scelte consapevoli nel mercato globale. La classifica dei prodotti alimentari Made in Italy maggiormente acquistati dai cinesi vede – precisa la Coldiretti – al primo posto i vini con una richiesta di quasi un milione di bottiglie al mese, seguiti dalle carni, dagli oli, dai formaggi e lattiero caseari e dalla pasta che nella “tigre d’oriente” rappresentano ancora prodotti status symbol per pochi fortunati che tuttavia sembrano destinati a crescere. Esistono, dunque, grandi potenzialità per l’agroalimentare italiano come dimostra il fatto che, nonostante il successo crescente, le esportazioni dei nostri vini raggiungeranno a fine anno – stima la Coldiretti – un valore di 10 milioni di euro che rappresenta appena un quinto dei 50 milioni di euro (+60 per cento rispetto al 2005) che prevedono di realizzare con i propri vini i cugini d’oltralpe che hanno investito anche in accordi di collaborazione con partner cinesi. Il mercato cinese può diventare un importante sbocco per il vino made in Italy poiché anche se negli ultimi venti anni la produzione locale di vino è triplicata, non riesce ancora a soddisfare la crescita della domanda interna stimata intorno al 20-30 per cento annuo. La Cina con 450mila ettari di vigneti è – continua la Coldiretti – al quinto posto della classifica mondiale per superficie coltivata a uva mentre dal punto di vista dei consumi interni il cinese beve in media per ora solo 0,3 litri di vino l’anno rispetto ai circa 50 degli italiani. Tuttavia negli ultimi venti anni si registra un calo dei consumi complessivi di vino del 28,3 per cento in Francia, del 38,9 per cento in Italia e del 29,4 per cento in Spagna mentre aumentano del 21,2 per cento in Usa, del 44,8 per cento in Australia e addirittura del 295,3 per cento in Cina. Un valore – conclude la Coldiretti – destinato a crescere anche con l’immagine positiva che sta conquistando il nettare di Bacco e, grazie all’espansione economica cinese, sta diventando un sinonimo di successo portare in tavola Refosco, Prosecco, Chianti, Barbera o Barolo.


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