Cultura

Diritto d’asilo, chance bipartisan

la proposta del Cir ci rimetterebbe al passo con l'Europa. Per centrare l'obbiettivo dialogo aperto con entrambi i Poli

di Redazione

Èscritto nel programma di governo, ma fino ad ora nessuno nella maggioranza ha proposto di dotare l?Italia, unico Paese Ue ad esserne privo, di una legge sul diritto d?asilo. Una falla che potrà presto essere sanata grazie al Cir – Consiglio italiano per il rifugiati del neo presidente Savino Pezzotta. L?attività di lobby per spianare la strada ai 26 articoli della legge quadro è già in pieno fermento. Fra i primi contatti, Fausto Bertinotti, Franco Marini e Giuliano Amato. «Ma coinvolgeremo anche esponenti del centrodestra», interviene il direttore Christopher Hein. Dopo sette anni di dibattito e una serie quasi infinita di proposte (le ultime quattro, ormai superate, giacciono in qualche cassetto impolverato del Parlamento), l?Italia può rimettersi al passo con Bruxelles. Ogni anno varcano le nostre frontiere circa 12mila richiedenti asilo. Settemila di loro, spesso dopo esser passati attraverso un centro di identificazione al pari degli immigrati clandestini, ottengono il permesso di soggiorno, o in qualità di rifugiati o per ragioni umanitarie. Da questo momento in poi la legge italiana (nello specifico l?articolo 32 della Bossi-Fini) non prevede alcuna modalità di inserimento sociale. Né casa né accompagnamento al lavoro. «Una condizione di abbandono che genera disperazione, miseria e occupazione di case, come nel caso dei 300 etiopi ed eritrei di Milano e dei 400 eritrei di Roma che da mesi fanno la spola da un quartiere all?altro come fantasmi», osserva Hein. Ma quali i punti qualificanti della riforma? Ancora il direttore del Cir: «Primo, l?equiparazione dei diritti, anche a livello di ricongiungimenti familiari, fra rifugiati e chi gode di un permesso umanitario». Poi c?è la questione del traffico di essere umani. «Per combatterlo pensiamo a un sistema di quote che consenta l?ingresso legale direttamente dai Paesi di primo asilo, in modo da evitare che chi, per esempio, scappa dai Paesi subsahariani sia costretto a mettersi nelle mani degli scafisti libici». «Infine», conclude Hein, «la rinuncia al trattenimento nei centri di identificazione, con il parallelo obbligo di reperibilità, allargando le maglie dei centri di seconda accoglienza gestiti dai Comuni che oggi possono ospitare appena 2.500 persone». Una vera e propria rivoluzione che però non peserà sulle tasche dei cittadini. «Il costo della ristrutturazione del cpt di Gradisca, 21 milioni di euro, da solo costituirebbe il budget annuale per mantenere questo sistema». Attualmente invece lo Stato per il mantenimento dei Cpt ogni anno spende 120 milioni di euro. www.cir-onlus.org

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