Cultura

Essere la madre, se sei figlio di tuo figlio

Erri De Luca fa raccontare a maria la sua maternit

di Riccardo Bagnato

In nome della madre di Erri de Luca Feltrinelli, pag. 79, euro 7.50 Nel 1998 Erri De Luca confessò in un?intervista: «Pur essendo un non credente, sono un appassionato di Sacre Scritture». Al punto che lo scrittore napoletano, prima militante di Lotta Continua poi manovale, muratore e viaggiatore – così ripetono fino alla nausea le biografie – pubblica per Feltrinelli traduzioni del Libro di Rut (2000), di Kohèlet/Ecclesiaste, Giona/Iona, Esodo/Nomi (2001), Vita di Sansone (2002), e nel 2004 Vita di Noé/Nòa. Il salvagente. Sei anni prima, nel 1992, Garzanti dava alle stampe la traduzione di un saggio dal titolo Rovinare le sacre verità (in lingua originale nel 1989). Il testo è di uno fra i più importanti critici letterari contemporanei, l?americano ed ebreo Harold Bloom. Non sappiamo se Erri De Luca conosca o abbia letto questo o altri testi di Bloom. Quello che sappiamo è che accostare i due autori potrebbe non risultare un mero esercizio di stile. Qualcosa li accomuna e forse una lettura incrociata fra le tesi di Bloom e alcuni libri di De Luca – in particolare questo suo ultimo, In nome della madre ? può condurre il lettore al di là di una critica spesso scontata. È certo, peraltro, che In nome della madre fa parte di un percorso attraverso i testi sacri e le loro storie secondo un crescendo che ha visto De Luca prima impossessarsi della lingua e poi cimentarsi in un racconto. Ma come ha narrato De Luca la scoperta di Miriàm (Maria) di essere incinta pur essendo vergine? Come il suo viaggio per Betlemme? L?autore sceglie di lasciare la parola alla diretta interessata, permettendoci così di oltrepassare quella linea (spesso ideologicizzata) che separa l?Antico dal Nuovo Testamento. E lo fa con la dolcezza di cui i Vangeli sono capaci, preferendo forse Luca a Matteo, Marco a Giovanni; mettendo in luce la quotidianità e non lo straordinarietà, e in scena l?Antico e il Nuovo nel rapporto tra Iosef e Miriàm. Troppo si potrebbe dire di alcune belle pagine e del senso che questo libro ha nell?opera complessiva di De Luca. Basti ricordare l?insegnamento di Bloom: per non essere sopraffatti dal narcisismo dello scrivere bisogna tenere presente la differenza fra sacro e religioso. E come per il critico le Sacre scritture siano il canone per eccellenza. A cui De Luca attinge, in questo testo per la prima volta, sotto forma di poeta e non più di traduttore. Secondo la più classica visione ebraica, che si tramanda in nome della madre. Intuendo il mistero in ciò che non è stato (ancora) scritto.


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