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Congedo di paternità, un diritto per ricchi

La legge tutela la donna durante la maternità e garantisce il diritto del bambino all’assistenza. Questa astensione non spetta al padre

di Redazione

«Sono diventato papà da due mesi e mi sarebbe piaciuto poter usufruire del cosiddetto congedo di paternità, soprattutto nei primi tempi dopo la nascita di mio figlio. Ma secondo i vertici della mia azienda non posso fruirne in quanto mia moglie è regolarmente a casa dal lavoro in maternità. Ma questo congedo per i padri è una possibilità concreta o no?»

Stefano (email)

Per il padre che voglia restare vicino al figlio appena nato, la tutela della maternità e della paternità (disciplinata dal dlgs 26 marzo 2001, n. 151) non prevede il diritto di assentarsi dal lavoro con un trattamento economico che lo indennizzi in misura congrua dalla perdita di retribuzione.

Nei casi ordinari, infatti, la legge riconosce solo alla mamma il diritto al congedo di maternità (ex astensione obbligatoria). Solo qualora venga meno l?assistenza al minore da parte della madre (anche se non lavoratrice), il padre ha facoltà di utilizzare, in tutto o in parte, il periodo residuo di congedo di maternità spettante alla mamma. Ovviamente, si tratta di situazioni molto gravi – morte o grave infermità della madre; abbandono del figlio da parte della madre; affidamento esclusivo del bambino al padre – tassativamente previste dall?articolo 28 del dlgs 151/2001.

Al di fuori delle ipotesi sopra richiamate, il padre che intenda assentarsi dal lavoro dal giorno della nascita del figlio, potrà utilizzare l?istituto del congedo parentale (ex astensione facoltativa) regolato dagli artt. 32 e seguenti del dlgs 151/2001.

Il diritto al congedo per il figlio nei primi otto anni di vita è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche contemporaneamente, nel rispetto dei seguenti limiti temporali: sei mesi per la madre, sette per il padre e undici mesi di congedo complessivi tra i genitori. Il trattamento economico è pari al 30% della retribuzione ed è erogato per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi, per i congedi fruiti entro il terzo anno di vita del bambino. Per gli ulteriori periodi (oltre i sei mesi e comunque per i periodi successivi al terzo anno di vita), l?indennità spetta solo se il reddito individuale del genitore richiedente è inferiore a un certo limite (pari a euro 13.896,35 per l?anno 2006). Il congedo deve essere comunicato al datore di lavoro con un preavviso di almeno quindici giorni, salvo casi di oggettiva impossibilità tra i quali è legittimo ricomprendere l?incertezza legata all?evento parto.

Come rilevato da indagini recenti, tra le variabili che influenzano l?utilizzo del congedo da parte dei padri, la notevole riduzione della retribuzione si rivela il fattore determinante. Il dato trova conferma nell?incremento registrato nel pubblico impiego dove, in base all?integrazione presente nei contratti nazionali, la retribuzione non subisce decurtazioni per il primo mese di congedo.

Negli altri settori, è proprio l?equilibrio economico familiare che preclude, di fatto, al genitore con la retribuzione più elevata (o all?unico genitore in caso di nuclei monoreddito) la possibilità di assentarsi per cure parentali.

Sportello maternità e paternità – Inas-Cisl

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