Cultura

Molise, la regione che non ha una guida

Intervista a Antonio Pascale: un giovane scrittore racconta le contraddizioni di una regione indecisa tra mare e monti. Di Simona Sessini

di Redazione

Una guida turistica sul Molise non esiste. Il Molise è accoppiato all?Abruzzo e confuso con esso. Punto e stop. Anche per Antonio Pascale, romano d?adozione con l?idiosincrasia (tra le altre) di arrivare ai 40, è così. Però ha scritto un libro, Non è per cattiveria, in cui descrive una sua personale mappa del Molise, una regione che gli permette «di prendersi delle pause». Vita: Qual è il suo rapporto con il Molise? Antonio Pascale: Il mio è un amore dichiaratamente limitato, come l?amore per una vecchia fidanzata. Il Molise è un fuso orario diverso, un essere sfasati rispetto ai tempi normali. Mi guardo camminare, ed è un po? come camminare con la propria ombra. È una terra poco conosciuta, per alcuni è un posto da lupi… Il Molise ha molte risorse, ma è come se il molisano non avesse idea di ciò che ha. Vita: Perché? Pascale: Molte persone sono andate via perché qui non erano contente, ma ora rimpiangono la loro terra, vedono il Molise dappertutto. Un milione di persone sono andate via in cento anni, ci sono 136 paesi e 320mila abitanti. È come se questa terra si fosse vuotata all?interno, e molte persone lottano per mettere a posto questo vuoto. C?è un effetto d?incanto in questa solitudine, nelle strade che si avvolgono, nelle piazze incontaminate, ma le persone non ci sono, risuona una nota cupa. Io ho cercato di cogliere le complicazioni di questa terra, che portano i molisani a trovare soluzioni: alcune originali, altre grottesche. Vita: L?emigrazione non c?è stata solo in Molise? Pascale: Qui c?è stato poco ricambio, l?emigrazione ha lasciato un buco. I molisani sono andati ovunque, le famiglie li hanno seguiti e chi è rimasto si è immobilizzato, vuole lasciare le cose come erano, perché chi torna le possa trovare come le ricorda. Fa anche tenerezza. Ma è un identità fittizia, perché vista con gli occhi dell?emigrato. Il molisano deve liberarsi da questa identità, che funziona come una cappa. Vita: Quindi in Molise è tutto in stand by? Pascale: Ci sono molisani che è come se dicessero «noi non vogliamo essere cittadini di serie B», e allora cercano una soluzione. Ma poi ci sono due posizioni: quella del forno di Guardiaregia, che è sempre chiuso, e quella dell?imprenditore del President Hotel, che fa costruire un albergo per 250 persone a Pietracupa, un un paese che ha 252 abitanti, che vorrebbe che il Molise diventasse come l?Emilia Romagna. Ma adesso i molisani stanno mettendo su tante cose, ci sono festival, convegni, cultura… Vita: Nel suo libro parla appunto di una terza via. Pascale: Il molisano è ossessionato dall?idea dell?identità. Quest?ossessione è avere un rapporto equilibrato con la terra. Occorre un modello e un metodo. Un modello è quello che è la tradizione, la tua, la mia. Il metodo è la capacità critica di rileggere il modello. È il metodo che ti fa forte e ti protegge. Molti molisani cercano di risolvere il problema. Vita: Non le sembra che quest?identità è proprio quello che si è perso nelle città? Pascale: I greci tracciavano un cerchio per delimitare il proprio spazio sacro, prima di cercare di conoscere altri spazi. Questo vuol dire che l?identità dovrebbe essere non un confine netto ma una membrana: so chi sono, so cosa posso far entrare e cosa respingere. Vita: Cosa le piace del Molise? Pascale: Ha dei paesaggi molto belli. Con la luna piena i paesi sembrano sollevarsi da terra, e sotto c?è il mare. La luce della montagna scende verso la luce del mare, le due si contaminano. E la contaminazione è il percorso della conoscenza. Io sono convinto che il Molise riuscirà a produrre qualcosa di buono, ma deve confrontarsi con la modernità, deve prendere coscienza di sé. Però è una terra che mi sento di consigliare a tutti i viaggiatori.

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