Welfare

Centralisti? Ma siamo il 10% del Pil

Terzo settore/ Qui Parigi. A sentir parlare Emmanuel Verny, segretario generale dell'Una, si direbbe che non c'è questa grande differenzza fra terzo settore italiano e francese...

di Riccardo Bagnato

Asentir parlare Emmanuel Verny, segretario generale dell?Una – Union nationale de l?aide, des soins et des services aux domiciles, si direbbe che non c?è questa grande differenza fra terzo settore italiano e francese. Termini, problematiche e cifre, pressappoco uguali. Ma davanti a monsieur Verny, in occasione del workshop organizzato a Londra dall?inglese Acevo (associazione composta da e per i dirigenti del terzo settore), non ci sono Vilma Mazzocco o Maria Guidotti, bensì il professor Paul Palmer della Cass Business School, Andrew Ross, direttore di The Children?s Trust e Pat Armstrong dell?associazione scozzese Acosvo, oltre ai dirigenti di altri enti. Inglesi incuriositi quando Verny, ad esempio, sciorina cifre di tutto rispetto: 1.200 realtà associate nella prima federazione del terzo settore francese – o meglio dell?economia sociale, così come preferiscono dire sulle rive della Senna – al servizio di 780mila famiglie. Eppure non sono tanto gli oltre 120mila salariati, i 10mila volontari o i due miliardi di fatturato annuo dell?associazione francese a stupire i sudditi della regina, bensì lo stile: i francesi parlano delle società mutualistiche come di un modello alternativo e antagonista a quello rappresentato delle aziende capitalistiche, mentre gli inglesi usano il termine cliente in modo a dir poco spavaldo. Utente, paziente, socio, consumatore, cittadino, per loro pari sono, tutti accomunati dal fatto di essere destinatari: client. Non bastasse, tocca a Jean-Philippe Poulnot, direttore del servizio Ricerca e sviluppo, Gruppo Chèques Déjeuner, con i suoi 2,1 miliardi di fatturato, 115mila clienti, 30 società confederate, e 1.110 impiegati a spiegare cosa sono le cooperative e come sono riuscite a diventare il numero tre della ristorazione in Francia gestendo ticket restaurant e offrendo una serie di servizi aggiuntivi. A Jean-Philippe Huchet, segretario generale di Mgen – Mutuelle générale de l?éducation nationale tocca chiarire un concetto del tutto sconosciuto in Gran Bretagna, le mutue, a cui in Francia aderiscono quasi due milioni di persone. E tutto per spiegare agli amici-nemici di là dalla Manica un settore che da solo rappresenta il 10% del Pil francese, che soffre di un cambio generazionale, e che alle prossime presidenziali darà battaglia, a sinistra come a destra, per ottenere il massimo. Un insieme di realtà che Jean-Marc Roirant, segretario generale della Ligue de l?enseignement (una sorta di Arci francese) stigmatizza così: «A differenza del Regno Unito, il terzo settore francese non occupa una parte del mercato che le aziende considerano poco remunerativo, marginale o troppo rischioso, al contrario, l?economia sociale in Francia, oggi più che mai, deve fare i conti con un privato a scopo di lucro molto aggressivo, che ha capito il valore economico del nostro settore e ne vuole ricavare profitti senza però reinvestire i guadagni. Ma attenzione, il nostro è prima di tutto un progetto politico alternativo alla società capitalistica. Possiamo collaborare, questo sì, ma cedere il posto, jamais».

  • Input www.laligue.org www.cheque-dejeuner.com www.mgen.fr www.una.fr

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