Formazione

Terremoto:tutte le ferite del Molise

Elogio della mia terra: la Terza Italia

di Ettore Colombo

Quante ne ha viste, il Molise, e quanto poco se ne sa, in Italia, anche solo di che cos?è, il Molise. Trecentomila anime e poco più, 136 paesi arroccati tra la costa adriatica e la dorsale appenninica, un?economia che viveva solo di pastorizia e agricoltura e nella quale anche gli operai che sono arrivati con l?industrializzazione forzata della regione, dagli anni Settanta in poi, vennero detti ?metalmezzadri? (il neologismo lo coniò Gad Lerner) per indicare dei contadini che, finito il turno in fabbrica, andavano ad arare i campi. Quanto poco si è sviluppato, il Molise, per mentalità, cultura, scelte e stili di vita e quanto invece alcuni suoi imprenditori sono all?avanguardia in Europa e nel mondo, capaci di esportare il meglio dei prodotti della loro terra (la pasta, ad esempio, ma anche i manufatti tessili, come dimostrano gli esempi boom della Molisana e dei jeans di Tonino Perna) conservando quell?aria e quegli atteggiamenti un po? chiusi e un po? solitari, di certo poco affettati e salottieri, che fanno dei molisani una sorta di bergamaschi del Sud: chiusi e orgogliosi. Cocciuti, certo, e ottusi, alle volte. Di certo un popolo di anti-intellettuali, di lavoratori, silenzioso. Talmente silenzioso che del Molise si parla solo quando cade la neve o la grandine sui monti e distrugge tutto quello che incontra, quando accade qualche curioso ? o sanguinoso ? fatto di cronaca oppure, come adesso e come già altre volte è accaduto, la terra trema e travolge il corso della vita. Vita che scorre, appunto, placida se non si rendessero conto ? in Molise ? che siedono sulla cima di un vulcano sempre pronto a scoppiare, che arano terreni che sembra ballino i ritmi indiavolati della pizzica e della taranta, che vivono tra fiumi e colline sottoposte a continui dissesti e sfarinamenti. D?altra parte, non si può certo chiedere conto dei problemi di una così piccola e orgogliosa regione ad una classe politica che, democristiana quando governava da sola, poi con il Polo, poi con l?Ulivo ed ora di nuovo schierata con il centrodestra non riesce neanche a controllare se stessa, figuriamoci la Regione. Piccoli notabili che s?affannano a rincorrere i ?sottopanza? del potente di turno, uomini delle istituzioni che ? a destra come a sinistra ? accumulano cariche e onori come se fossero ?roba?, sindaci, presidenti di provincia e di regione che scoprono ? perfino sinceri, nella loro ignoranza ? che hanno violato leggi dello Stato, norme costituzionali e semplice buon senso civico. Come il presidente della Regione, Michele Iorio, che ? in barba a qualunque regola ? continua imperterrito a fare anche il deputato della Repubblica. Un buon uomo, s?intende, molisano tutto d?un pezzo che è volato a Torino per cercare di capire se la crisi che si è abbattuta sulla Fiat si farà sentire anche nell?antico contado del Molise, nelle terre del Sacramento come le chiamava l?unico scrittore locale di livello nazionale, il comunista-conservatore Francesco Jovine. D?Altronde, altri bei nomi il Molise non ne ha, se si escludono tre personaggi pittoreschi, ognuno alla sua maniera e tutti e tre inguaribilmente molisani: il cantante Fred Buongusto, l?anchormen Aldo Biscardi e l?ex tutto (poliziotto, pm, ministro) Tonino Di Pietro, uno che è nato in un paesello che si chiama Montenero. Di Bisaccia. Come altri paesi si chiamano Montemitro, San Giacomo degli Schiavioni, Guglionesi. E sono quelli dove, assieme al molisano, si parla albanese e serbo-croato, ma non a causa degli extracomunitari (pochi) ma delle invasioni e delle scorrerie saracene e turche sulla costa che spinsero fin qui gli eredi dei cristiani balcanici che combattevano fino alla morte contro l?Islam. Certo, ci sarebbe anche Jacovitti, il disegnatore di Coccobill, oppure Vincenzo Cuoco, quello che scrisse ?Storia della rivoluzione partenopea?, ma di loro nulla o pochissimo si sa persino in Molise. Non tutto è decoro testardo e caparbio, dignità povera e orgogliosa esibita come un trofeo, alla sannita, per capirci, l?antico popolo che, da queste parti, fece soffrire persino la grande Roma, certo: il progresso è arrivato perfino lungo le antiche vie dei tratturi e si è accomodato nelle poche valli. L?Università del Molise, per esempio, della Statale e della Cattolica, nel capoluogo, a Campobasso. Il turismo a Termoli, sulla costa adriatica, che ha portato questa piccola cittadina a trasformarsi da borgo di pescatori a luogo del divertimento. L?industrializzazione della valle del Biferno, inoltre, anche se Isernia (il secondo capoluogo di regione) rimane una delle città più brutte e tristi d?Italia. Ma il Molise oggi ha paura non solo dell?ennesimo terremoto, che già ha visto nel 1980 e nel 1984, ma anche di una Fiat che rischia di chiudere, facendo perdere migliaia di posti di lavoro e portando al collasso l?economia di un?intera regione che non può certo reggersi su prodotti tipici e caserecci. Di un modello di sviluppo da ?Terza Italia? e del miraggio di agganciare la locomotiva del terziario che non arriva mai. E di un passato che torna tante, troppe volte. Non solo sotto forma di terremoto.


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