Volontariato

Napoleone, non Silvio

Paolo Virzì butta in commedia la saga del condottiero

di Maurizio Regosa

Non è possibile, specie in Italia, fare film storici senza che ci si cominci a chiedere qual è il loro rapporto con l?attualità. Anche per questo (deludente) non si fa eccezione. Non era apparsa ancora la parola ?fine? sullo schermo del Festival del cinema che già nei vicoli di Roma ci si interrogava se davvero Paolo Virzì avesse voluto alludere a Berlusconi, come rivelerebbe secondo alcuni un «mi consenta» di troppo. O ci si chiedeva se il protagonista, ossessionato dal piccoletto decaduto, esprimesse una patologia più o meno diffusa: chi c?è dietro la figura dell?aspirante tirannicida chiamato a servire l?odiato despota? E che vuol dire quel popolino adorante? Possiamo dirlo? Questi dilemmi non ci interessano molto, se prendono spunto da questa pellicola. Un po? perché è dai tempi dei tempi che si conosce la lusinga del potere (siamo ancora lì a meravigliarci della capacità seduttiva dei cosiddetti grandi?). Ma soprattutto perché i fantasmi, e le ossessioni che talvolta ne derivano, sono di per sé un argomento più solido e assai più antico delle noiose vicende casalinghe e come tali rappresentano qualcosa di serio, da prendere in reale considerazione, e non da liquidare con quattro battute maliziosette come fa il regista. Che mescola, con la sagace e corriva bonomia della commedia un po? fumettistica, sesso, idealismo, delusioni post rivoluzionarie, passione per la libertà, vocazione letteraria, amore? Una ricetta infallibile, direbbe qualcuno, alla quale si aggiunge un finale lieto, anzi lietissimo, grazie al quale tutti trovano un posticino al sole elbano. L?emulo di Ortis (Elio Germano, abbastanza bravo) convola con la servetta da sempre innamorata di lui, il fratello commerciante si scopre una inesauribile vena artistica, la sorella scorbutica sposa un omino un po? tardo ma disposto a farsi trattar male. Non che manchino momenti indovinati (anche per merito degli attori, fra i quali Valerio Mastandrea, che parla in toscano ed è buffissimo, e Monica Bellucci, gran dama dal dialetto umbro, che è anche molto divertente). Virzì non sarà un regista propriamente profondo ma sa il fatto suo e quel che gli riesce meglio è proprio la transizione dalla commedia al dramma, dalla risata un po? grassoccia alla penombra dei dilemmi ovviamente titanici che si nutrono del cuoricino di Napoleone, un Daniel Auteuil capace di rendere verosimile qualunque stato d?animo e assai bravo specialmente nei momenti in cui l?anziano tiranno si confronta a tu per tu con il giovanottello.


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