Sostenibilità

Tav, bluff in Val Sangone

Sei sindaci della valle dirimpettaia della Val Susa sono disposti ad accogliere il progetto, allettati dai fondi di Bruxelles. La popolazione però non ci sta. Di Christian Benna

di Christian Benna

Tutti pazzi per la Tav. Dopo la Liguria e la Val d?Aosta, perfino la piccola e stretta Val Sangone – dirimpettaia della Val Susa – si candida a ospitare i binari dell?alta velocità. Questo quello che si apprende dal tambur battente mediatico in corso. Tutto bene dunque? Niente affatto. Intanto perché l?ultimo tracciato alternativo proposto dalla Regione Piemonte – in realtà un ingiallito progetto del 2002 – innervosisce ancora di più i valsusini. «Sono solo provocazioni per infangare il movimento No Tav», ringhia Antonio Ferrentino. «E poi la proposta è truffaldina. Perché anche passando dalla Val Sangone il treno entrerebbe nel tunnel di base, lungo 53 chilometri, a Chiomonte, sopra Venaus, riproponendo tutte le problematiche, ambientali e sociali, già contestate negli anni scorsi». Primo tentativo di dribbling No Tav, fallito. Ma il secondo non va meglio e rischia di finire in autogol. Perché lungo i pendii boscosi della Val Sangone incomincia a serpeggiare un cupo malcontento. Non è piaciuto alla popolazione vedersi sbattuta in prima pagina come «la valle che sogna il treno », trattata come un territorio depresso, pronto a fare carte false pur di ricevere quattrini da Bruxelles. La Provinciale che corre dentro la Val Sangone è la famosa strada dei ciclisti, ne passano centinaia tutti i giorni. Fanno 25 chilometri tra boschi e paesi medio-piccoli, che vivono con il turismo domenicale e del tipico ormai perso: la sagra del fungo e quella del formaggio Cevrin, la festa della castagna e la fiera dei vecchi mestieri. Roba da ridere, qualcuno penserà. Ma con questo sviluppo slow da queste parti ci stanno facendo un mare di soldi e la gente dalla vicina città post industriale e post olimpica ha acceso la miccia del boom delle seconde case. Il 60% dei 10mila abitanti sono torinesi. La realtà è che dalla Val Susa non si passa, ormai è certo. I sindaci hanno imbastito una finta trattativa che non porta a nulla, dilata i tempi e quindi va nella direzione della non costruzione. Intanto il tempo passa. Per i proponenti questa tattica è insostenibile, hanno quindi la necessità di inventarsi qualcosa per non perdere gli agognati fondi europei. Ecco allora il colpo di scena. I sei sindaci della Val Sangone si dicono disposti a partecipare all?osservatorio tecnico presieduto dall?architetto Mario Virano, un tavolo di mediazione istituito dopo gli scontri di Venaus del dicembre 2005. Tutto qua. Se si farà la Tav in Val Sangone «nel pieno rispetto della natura e della salute» (mantra doveroso e ripetuto da tutti) chiedono in cambio la «metropolitana leggera» da Giaveno a Torino. E il solerte Osvaldo Napoli, deputato di Forza Italia eletto su questo territorio e padre putativo dei sei sindaci, tutti di centrodestra, ha già detto che si può fare. Peccato che nessuno ricordi che la ferrovia (al tempo si chiamava così, ora è molto più cool dire metropolitana leggera) Giaveno-Torino è esistita per decine di anni e poi sia stata miseramente smantellata perché non la usava più nessuno. Insomma, la confusione regna sovrana. Nell?infinito romanzo Tav, alla fine non c?è nessuna novità.


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