Cultura
Algeria, come vivo da vescovo nel cuore dell’Islam
Henri Teissier è alla testa della diocesi di Algeri dal 1988. In questa intervista esprime tutte le sue preoccupazioni.
lle sue spalle si vede la grande cattedrale di Notre Dame d?Afrique curiosamente sagomata con tante cupole simili a quelle di una moschea. Con la sua grande massa bianca domina dall?alto Algeri, tranquilla e incurante del fatto che là sotto ci sia una città musulmana al 99%. Henri Teissier in questa cattedrale celebra messa in quanto vescovo. Cioè in quanto ?capo? di un piccolo gregge di 8mila cattolici. Teissier è un grande tessitore. Un uomo che confida nel dialogo e nell?incontro. Vita lo ha intervistato nella sua casa di Algeri.
Vita: Che posto ha la comunità cristiana in Algeria?
Henri Teissier: È necessario una premessa. Dall?indipendenza dell?Algeria nel 1962, i cristiani rappresentano una comunità numericamente insignificante. Dalle decine di migliaia di europei presenti durante il periodo coloniale, ne sono rimasti soltanto qualche centinaio. Il fatto che costituiamo una minoranza così esigua ci spinge a rendere la nostra comunità incisiva sul piano dell?impegno. Se oggi i cristiani sono ancora presenti in Algeria è grazie all?impegno profuso nei decenni passati da persone straordinarie come il cardinale Duval o come monsignor Scoto, vescovo di Constantine. Queste figure hanno convinto i militanti algerini a non confondere la Chiesa con l?amministrazione coloniale. Dagli anni 80, la nostra comunità ha subìto i contraccolpi dell?esaurimento degli espatriati europei e dell?affermazione progressiva delle posizioni dell?Islam più intransigente. Durante la crisi, sono stati uccisi 18 religiosi, il che per la diocesi di Algeri equivale al 10% dei membri consacrati. Con questi massacri, gli islamici avevano un duplice obiettivo: far capire che in Algeria la Chiesa non aveva più il suo posto e massmediatizzare la propria lotta in Occidente. Sebbene siano stati uccisi 150 imam, gli estremisti erano convinti che la morte di religiosi cattolici avrebbe fatto molto più rumore. E invece gli algerini si sono avvicinati a noi, anche perché, contrariamente a quegli stranieri scappati via negli anni 90, i cattolici non hanno mai abbandonato questa terra. I sette monaci di Tibérihine ne sono una prova.
Vita: In che senso?
Henri Teissier:Sapevano del pericolo, ma continuavano a ripeterci che non se la sentivano di abbandonare gli abitanti di Tibérihine. Lo consideravano un tradimento che avrebbe altresì minato la loro credibilità. «Com?è possibile parlare di solidarietà e fuggire alle prime difficoltà?», mi dissero. Questo messaggio ha dimostrato a molte persone che c?era un impegno per la vita di altissimo valore spirituale e umano. Purtroppo, questa fase di fiducia è stata incrinata dalla presenza in Algeria di gruppi evangelici.
Vita: Chi sono e quanti sono?
Teissier: Tra i 50 e i 100 gruppi, non di più. Sono per lo più finanziati dagli americani e composti da persone di origine musulmana che provengono dalla Kabilia, una regione tradizionalmente in opposizione al regime algerino. È un fenomeno assolutamente inedito: ad esclusione del Libano non si era mai vista nelle terre arabo-musulmane una conversione di questo genere. Ora questi gruppi sono stati accusati dalla stampa di proselitismo; a sua volta il governo algerino ha adottato il 28 febbraio 2006 un provvedimento che obbliga ogni gruppo religioso non musulmano a dipendere da un?associazione riconosciuta dallo Stato, il che è il nostro caso ma non quello degli evangelici. Questo provvedimento ha poi vietato le riunioni religiose in luoghi di culto non ufficiali. Gli effetti di questa evoluzione sono estremamente dannosi per la comunità cattolica perché si sta diffondendo tra gli algerini la convinzione che ci siano gruppi cristiani, cattolici compresi, che stanno facendo proselitismo. Al contrario degli evangelici, noi cattolici non ci presentiamo mai in una logica di scontro, ma di confronto. Alle persone che ci frequentano spieghiamo che Gesù ci ha insegnato ad amare il prossimo come noi stessi, e il nostro primo prossimo in Algeria è musulmano. Voglio ricordare il ruolo importante del presidente Bouteflika che, presentando la legge contro il proselitismo, ha sottolineato che questo tipo di pratica religiosa non si iscriveva nella tradizione della Chiesa algerina. Questa dichiarazione sposa in toto le posizioni assunte 50 anni fa dalla Chiesa in Algeria, che non ha scelto di essere straniera, bensì algerina, da tutti punti di vista, a partire dal piano giuridico. Infatti, costituiamo una semplice associazione di diritto algerino gestita da cittadini algerini.
Vita: L?11 settembre e le sue conseguenze sono in cima alle preoccupazioni di un arcivescovo cattolico in Maghreb?
Teissier: L?11 settembre è stato una preoccupazione per tutti, non solo per i cattolici. Qui in Algeria ha avu- to un risvolto legato al terrorismo islamico degli anni 90. All?indomani degli attentati gli algerini si sono detti: finalmente gli Stati Uniti capiranno cos?è accaduto in Algeria. Perché una cosa è chiara, dal 1992 al 1997 Washington ha sostenuto i terroristi algerini. Lo ha ammesso lo stesso vice ambasciatore americano di Algeri durante la crisi. Dopo il ritorno alla pace nel 1999 e l?inizio della lotta contro il terrorismo nel 2001, c?è stato un periodo di forte collaborazione tra le autorità algerine e le forze occidentali. Ma con la guerra in Iraq e le posizioni dell?amministrazione Bush nei confronti del mondo islamico – penso ad esempio all?uso della parola crociata espressa dal presidente americano – hanno fatto sì che i musulmani sospettano che l?Occidente stia sviluppando un?islamofobia.
Vita: Che reazioni ci sono state al discorso di Benedetto XVI?
Teissier: Da principio si è trattato di una lezione estremamente difficile da intendere. Purtroppo il passaggio relativo alle parole di un imperatore del XIV secolo ha scioccato molti intellettuali musulmani, ormai convinti che anche la Chiesa cattolica si sia iscritta nella corrente islamofoba. Questa ferita è stata poi veicolata tra la massa dei media. Adesso, per quanto riguarda la nostra comunità cristiana, gli algerini che ci frequentano sanno perfettamente che nessuno sottoscrive le parole dell?Imperatore Paleologo II. Purtroppo si tratta di una minoranza al cospetto della quale prevale una maggioranza che, dopo il problema degli evangelici, ormai perde fiducia nei confronti della comunità cristiana. Molti algerini sono convinti che la Chiesa cattolica si sia allineata sulle posizioni degli islamofobi.
Vita: È una percezione giustificata?
Teissier: Dopo il putiferio provocato dalla lezione di Ratisbona, la Santa Sede ha moltiplicato le iniziative per dimostrare che il Papa e la Chiesa cattolica rimanevano sulle posizioni del Concilio Vaticano II. Ciò nonostante bisogna sapere che El Habar – con 450mila copie vendute il giornale più letto in Algeria – ha pubblicato tutto ciò che era stato detto contro il discorso del Papa, mentre non ha dedicato una riga agli sforzi di riappacificazione della Chiesa cattolica e del Papa. Penso che per ricucire questa ferita ci vorranno avvenimenti storici importanti in cui la Chiesa potrà dimostrare la sua solidarietà con il mondo musulmano. Com?è accaduto durante le due guerre irachene quando Giovanni Paolo II ha detto no alla guerra.
Vita: Come uscire da queste tensioni?
Teissier: Oggi è giunta l?ora di rimetterci al lavoro seguendo i principi del Concilio Vaticano II. Il dialogo e la pace non sono obiettivi astratti, ma si costruiscono con gesti e attenzioni quotidiani, giorno dopo giorno.
Vita: Che Islam sta prevalendo in Algeria?
Teissier: Dopo dieci anni di terrorismo islamico, pensavo che gli algerini fossero stati protagonisti di una riflessione più profonda su quanto hanno subìto e che si sarebbe sviluppato un Islam umanista. Purtroppo stanno prevalendo reazioni pietistiche. Molti algerini si ripiegano sulla religione con la tendenza a considerare l?Islam degli anni 90 un falso Islam. C?è un ritorno alla pratica tradizionale della religione islamica che da queste parti non si vedeva da anni. In questo periodo di Ramadan, le moschee sono piene di gente mentre negli anni 90 erano vuote. Tra questi praticanti ci sono fedeli che fino agli anni 80 non erano sensibili al discorso religioso. Tuttavia, l?ultima crisi deve far capire i pericoli che comporta uno scontro tra Cristianesimo e Islam o un ritorno del radicalismo islamico.
Vita:Ma nei quartieri popolari di Algeri oppure nei villaggi, che cosa si professa?
Teissier: Difficile stabilirlo. Ma le farò un esempio. Un mio amico, professore di lingua araba ormai in pensione, svolge attività religiose in varie moschee del paese. Tra queste ce n?è una a Tazmalt, un villaggio alla frontiera tra la piccola e la grande Kabilia. L?estate scorsa ha fatto una predica durante la quale spiegava ai fedeli che la legge musulmana prevedeva sul piano della pratica religiosa la possibilità di svincolarsi dai propri doveri. Aveva citato il caso della dispensa dagli obblighi del ramadan per gli uomini d?affari in viaggio, oppure per i malati a svolgere la preghiera in posizioni non conformi a quelle suggerite dal Corano. A una settimana di distanza è tornato nella stessa moschea per nuove prediche, ma l?imam si è opposto per il rifiuto dei fedeli di ascoltare un predicatore giudicato non fedele al Corano. Sto parlando di una zona frequentata da anni da questo amico e i cui sermoni non avevano mai suscitato tali opposizioni. Questo esempio non può però essere generalizzato. L?Algeria è per ora sottoposta a un dibattito interno tra chi vuole aprirsi a un Islam illuminato e i fautori di un Islam molto conservatore.
Vescovo da 28 anni
Figura storica del dialogo interreligioso in Algeria, monsignor Henri Teissier è nato a Lione nel 1929. Nel 1946 si è stabilito in Algeria. Nella capitale ha ricevuto la sua ordinazione sacerdotale nel 1955. Da allora ha accumulato le più importanti cariche religiose sia nel Paese – dal 1988 è arcivescovo di Algeri- che a livello regionale – è stato presidente della Conferenza dei vescovi del Nord dell?Africa dal 1982 al 2004. Èanche autore di numerosi testi dedicati alla presenza cristiana nel Maghreb.
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