Volontariato

La vera bomba? I diritti umani

Corea del Nord, cosa accade nel paese più blindato del mondo. Di Piergiorgio Pescali.

di Redazione

Il test nucleare effettuato dalla Corea del Nord il 9 ottobre scorso ha riproposto a tutto il mondo le scene di un Paese economicamente allo stremo, ma che investe ingenti risorse nel campo militare. Al tempo stesso, ecco riaffacciarsi il tema dei diritti umani, con un governo che continua a negare l?accesso nel Paese alle agenzie preposte al controllo del rispetto delle norme internazionali. «La Corea del Nord», spiega Minky Worden, direttrice dell?ufficio stampa di Human Rights Watch, «non ha mai permesso ad alcuna organizzazione dei diritti umani di entrare nel loro Paese per verificare di persona le condizioni della popolazione. Per i nostri rapporti ci affidiamo quindi a testimonianze di prima mano che ci pervengono da rifugiati o da persone che vivono all?interno del Paese che, a rischio della propria vita, ci informano di ciò che accade.» Ma ottenere informazioni anche dall?interno è difficilissimo: in un Paese che Reporter senza frontiere pone costantemente all?ultimo posto nella classifica della libertà di stampa, ogni notizia viene filtrata dal governo. I giornali a disposizione del cittadino comune riportano per lo più notizie di nuove opere completate, raduni di masse festose e pezzi agiografici di Kim Jong II. La radio, invece, trasmette in continuazione programmi nazionalistici e antiamericani. «Il grosso problema è verificare le notizie che ci pervengono, filtrandole dall?emotività e dalle comprensibili ostilità che molte persone, in particolare coloro che hanno più sofferto, nutrono nei confronti del regime», spiega Naoko Hinamori, responsabile dell?ufficio per la Corea del Nord di Amnesty International in Giappone. Ma le testimonianze sono oramai tante e quasi tutte convergono verso un punto: in Nord Corea la situazione dei diritti umani nel 2006 è peggiorata rispetto agli anni precedenti. Colpa anche della crisi economica e dell?embargo imposto dagli Stati Uniti, che ha indotto molti nordcoreani a cercare vie illegali per sopravvivere. I furti di cibo, il traffico umano attraverso la Cina, lo smercio di droga e alcool, la frenetica ricerca di passaporti hanno creato terreno fertile per la criminalità organizzata. In tutta la nazione, inoltre, esisterebbero una quindicina di campi di prigionia in cui sarebbero rinchiuse 200mila persone, la maggior parte criminali comuni, ma anche oppositori del regime. Il più grande di questi campi, il campo 22 di Hamg-yong, ospiterebbe 50mila reclusi. Sono oramai decine le testimonianze su questo universo concentrazionario. Soon Ok-lee è stato un dirigente del campo per sette anni prima di essere nominato addetto militare all?ambasciata nordcoreana di Pechino. Fuggito in Gran Bretagna, ha raccontato che al campo 22 vengono utilizzate camere a gas e vengono effettuati esperimenti sui prigionieri. «Sarei ipocrita se dicessi di essere solidale con i bambini che piangevano prima di essere gassati», ha raccontato alla Bbc. «Nel regime nordcoreano si cresce con la consapevolezza che loro sono prigionieri perché sabotano il progresso della nazione. Sono i nemici. Non ho mai provato né simpatia né pietà per loro». Ma anche fuori da questi ?buchi neri? in cui nessuno può entrare se non per rimanervi a vita, i diritti sono violati. E non necessariamente per colpa del governo. Le riforme economiche imposte dalla comunità internazionale nel 2002 per liberalizzare il mercato nordcoreano, hanno portato ad un impoverimento della popolazione. Secondo un?indagine del World food programme, condotta insieme all?Unicef e al governo nordcoreano, il 7% dei bambini è fortemente malnutrito, mentre il 37% lo è cronicamente e il 23,4% sottopeso. Una situazione allarmante di fronte alla quale, secondo Peter McDermott, vicedirettore delle operazioni d?emergenza dell?Unicef, «anche il mondo democratico dovrebbe rivedere le proprie posizioni in tema di imposizioni economiche per garantire il rispetto dei diritti umani in Corea del Nord». Parole vietate Maglia nera in fatto di libertà di stampa, che in Corea del Nord non è altro che una chimera. Pyongyang è infatti al 167° posto della classifica sulla libertà di stampa stilata ogni anno da Reporter senza frontiere. «I giornalisti», si legge nel rapporto, «sono solo un megafono della propaganda governativa. Una parola di troppo, un commento che devia dalla linea ufficiale e l?autore può finire in prigione». Info: www.rsf.org : www.hrw.org


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