Non profit

Una Finanziaria per un Welfare che non c’è più

Lo Stato ritorna al ruolo di unico dispensatore di servizi universalistici, secondo uno schema vecchio, costoso e improduttivo. L’editoriale di Giuseppe Frangi del numero di Vita in edicola

di Giuseppe Frangi

C?è qualcosa che suona strano nella prima Finanziaria del nuovo governo. Quasi una contraddizione in termini. E? certamente una finanziaria di equità e di sostegno alle fasce deboli, come dimostrano i ben 45 fondi rifinaziati o attivati (li abbiamo elencati in questo numero, per rendere un servizio utile a i nostri lettori). Eppure in tutto il testo del documento governativo la parola volontariato ricorre una sola volta, come anche Terzo settore. Mentre non c?è nessuna occorrenza per le definizioni di cooperazione sociale e cooperazione allo sviluppo. E pensare che la finanziaria promette di stanziare 300milioni per gli asili nido, senza menzionare le cooperative sociali, cioè quei soggetti che in questi anni si sono fatti uno straordinario know how in materia, aprendo centinaia di asili in tutt?Italia. C?è una spiegazione a questa stranezza e sta in un?idea, generosa sin che si vuole, ma vecchissima di Welfare. Lo Stato torna prepotentemente nel ruolo di unico dispensatore di servizi universalistici, secondo uno schema vecchio, costoso e improduttivo. E? uno Stato che guarda con sospetto qualisasi forma di autonomia sociale e che pensa di impossessarsi di nuovo dell?esclusiva di ciò che è pubblico. E che per tornare a rivestire questa funzione, non ha che uno strumento: inasprire la pressione fiscale. Ma questa è una visione poco economica e antistorica, perché vorrebbe archiviare un principio che fa parte di ogni società moderna e soprattutto libera: quello della sussidiarietà. E? una minaccia reale, che ha effetti a cascata: i tagli agli enti locali (4,3 miliardi di euro, il doppio di quanto contenuto nella finanziaria 2005 di Tremonti, quella della ?macelleria sociale?), avranno come conseguenza quella di mettere alle corde quella parte di società civile organizzata che in questi anni era cresciuta come parte integrante e vitale di un nuovo e più moderno Welfare. I comuni, del resto, già esternalizzano i servizi con la sola mira di risparmiare, costringendo il privato sociale alla sola logica del ribasso e mettendo in crisi molte realtà che avevano portato efficienza e qualità nei servizi alla persona. L?abolizione del 5 per mille (speriamo sia solo una dimenticanza?) conferma questa che è più che un?impressione: per quanto ampiamente correggibile, quella era una forma importante di sussidiarietà fiscale, che permetteva un canale diretto di finanziamento dei cittadini alle realtà associative che meglio avevano saputo rispondere ai bisogni di tutti. Sempre il 5 per mille era stato uno strumento importante di autofinanziamento per quelle grandi realtà non profit, come Telethon e Airc, che oggi garantiscono una buona fetta della ricerca medica e scientifica in Italia. L?idea di uno stato unico dispensatore di servizi è un?idea fallimentare, destinata a fallire proprio nell?obiettivo assolutamente giusto che si è posto: quella di una maggiore equità. Perché l?equità non è fatta di qualche di centinaio di euro in più, ma di servizi accessibili e di qualità. Di servizi che sappiano rispondere con intelligenza ed efficacia a bisogni in sempre più rapido mutamento. Lo Stato non ce la può fare, perché per sua natura non è flessibile e non sa leggere i bisogni. Lo Stato ce la può fare invece se si alleggerisce e si fida della società civile, la rafforza e la incoraggia a creare opere. Prodi avrà il coraggio di cambiare rotta?

Sullo stesso argomento: con VITA Magazine n.40/2006, in edicola fino a giovedì a SOLI 2 EURO:
Lo zero per mille
Chi ha fatto sparire il 5 per mille? Davanti alla insurrezione delle associazioni e di tutto il non profit, il governo corre ai ripari
  • La pietra sul 5 (per mille), di Stefano Arduini ed Ettore Colombo Finanziaria 2007/ Il governo affonda una norma fortemente voluta dal terzo settore. E lo fa al buio. Levata di scudi del non profit
  • Ma il Terzo settore non è soggetto di sviluppo?, di Riccardo Bonacina Sono preoccupate Vilma Mazzocco e Maria Guidotti, portavoci del Forum del terzo settore, l?organizzazione di rappresentanza del non profit
  • Che errore sospettare del non profit, di Maurizio Regosa Parla Giorgio Benvenuto (Ds): «La sussidiarietà è uno strumento da valorizzare, ma questa Finanziaria se l?è dimenticato»
  • E il sociale balla il valzer dei 45 fondi Spulciando tra i 217 articoli: Sono circa 45, sempre che il nostro districarci nelle 254 pagine della Finanziaria non ci abbia indotto a un errore di conteggio, i fondi previsti
  • Pezzotta: la protesta parte dai territori Cooperazione internazionale/ Seicento milioni di euro: lo stesso stanziamento del 2005. A fronte di una necessità di almeno 1800 milioni. L’Italia ancora ultima nell’area Ocse
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