Famiglia

Hanno messo me e Mantegna nel frullatore

Il francobollo /Il gran battage per la mostra di un artista troppo grande per essere snobbato. Una bolgia confusa, oggetto di una operazione di mercato. Che cultura è questa?

di Franco Bomprezzi

C? è un bisogno vorace di cultura in questo Paese. Lo dimostra, in queste settimane, l?afflusso costante e imponente alle tre mostre di Padova, di Verona e di Mantova dedicate ad Andrea Mantegna, a cinquecento anni dalla sua morte. C?ero anch?io domenica 30 settembre, nella folla di Mantova, a palazzo Te. Una giornata particolare, nella quale cercavo una tregua allo stress del lavoro, un momento di pausa rispetto alle notizie quasi sempre cupe di questi tempi tormentati. Mantova sembra città ideale, in questo senso, perché si annuncia con dolcezza circondata dall?acqua, e in uno scorcio di estate tardiva o di autunno esitante aveva il calore sonnolento della provincia quieta e sicura di sé e della propria storia. Ma qualcosa mi ha turbato, nonostante l?ottima predisposizione. Francamente sono uscito dal percorso espositivo con la sensazione di essere stato inserito in un frullatore ideato e costruito attorno a un?idea di marketing culturale. Un pacchetto ben confezionato e accattivante che ti conquista. Ma quando si è a tu per tu con la mostra, si avverte una sensazione strana di incompletezza, o forse di un percorso creato apposta per ottenere il massimo risultato commerciale, sovraffollamento compreso, con il minimo investimento di quantità e qualità, diluendo i contenuti in tre città vicine ma lontane quanto basta per vanificare l?idea di un tour in giornata. Davanti al Cristo Morto, con quella prospettiva affascinante e modernissima, ho provato l?unica emozione della giornata. E ho capito perché fosse così importante avere quell?opera. Altrimenti, penso da profano, la mostra non avrebbe avuto il suo muro maestro. Forse è il caso di pensarci bene in futuro, perché la cultura non può essere solo uno spot ben confezionato e una macchina per far soldi.


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