Politica

La Svizzera, xenofobia competitiva

Referendum: Un verdetto senza ombre: il 68% del Paese si è espresso per una maggior rigidità sui permessi. E il World economic forum pochi giorni dopo lo ha premiato. Così...

di Redazione

di Irene Amodei U n sì largamente maggioritario, uniforme e convinto ha infine chiuso la consultazione referendaria che il 24 settembre scorso aveva chiamato la Svizzera alle urne per decidere se conservare o eliminare due leggi approvate dal Parlamento federale lo scorso dicembre in materia di diritto d?asilo e immigrazione. La vittoria di radicali, Unione democratica di centro e Partito democratico-cristiano non lascia spazio ad equivoci: l?inasprimento delle regole d?ingresso nella confederazione per stranieri non europei e l?introduzione di rigide disposizioni per i rifugiati che facciano richiesta d?asilo politico (come la necessità di fornire un documento d?identità entro 48 dalla presentazione della domanda) sono piaciute davvero agli svizzeri, dato che il 68% dei votanti si è espresso perché rimanessero in vigore. Il risultato ha sorpreso, ma non del tutto. Finora in un Paese che conta il 20% di popolazione immigrata, tutti i progetti federali volti a ridurre l?affluenza di stranieri sul territorio erano stati respinti in maniera corale: impresentabili per la politica di accoglienza difesa dalle Chiese e dalla sinistra, venivano giudicati un vero e proprio suicidio economico dalle maggiori forze produttive confederali. Gli accordi di libera circolazione stipulati recentemente con l?Unione Europea hanno, da questo punto di vista, permesso un drastico cambio di orizzonte: la Svizzera può adesso contare su un serbatoio di manodopera pressoché inesauribile. A conferma del contenuto squisitamente economico di questo braccio di ferro elettorale valga quanto ratificato dal World economic forum la scorsa settimana: la Confederazione avrà pure gravemente compromesso la sua reputazione umanitaria, ma ha scalzato gli Stati Uniti e figura adesso sul podio nel rapporto annuale che stabilisce la classifica dei 125 Paesi più competitivi al mondo.


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