Famiglia

Sul caso Maria parlano tutti tranne chi dovrebbe

Nella crisi la Commissione adozioni ha fatto da spettatrice. E mentre c’è chi chiede la testa della presidente, gli enti puntano il dito contro la fragilità politico-gestionale dell’ufficio

di Benedetta Verrini

Un silenzio clamoroso, difficile da giustificare. Sono in molti a giudicare con severità l?atteggiamento della Commissione adozioni internazionali nella vicenda di Maria, la piccola bielorussa trattenuta dalla coppia di Cogoleto. Perché se almeno quattro ministeri si sono spesi per una soluzione del caso, la totale assenza di dichiarazioni da parte dell?organismo centrale preposto alle adozioni ha riacceso le polemiche che da mesi piovono sulla Cai.

Lo strale più velenoso è arrivato, in questi giorni, dalla responsabile Ds per i diritti dell?infanzia, Anna Serafini, che a Vanity Fair ha dichiarato: «La situazione è peggiorata quando la Prestigiacomo ha nominato un nuovo presidente. Le capacità messe in campo non sono state più sufficienti a gestire la situazione». Tutta colpa della presidente Roberta Capponi, dunque? Non proprio, anzi.

Sono in molti, tra gli enti autorizzati, a soffrire sempre più di una ?latitanza di sistema? che si ripercuote su tutti gli aspetti più politici e gestionali legati alle adozioni internazionali. Con i suoi 13 ?componenti interministeriali?, che tutti insieme si incrociano forse 6-7 volte l?anno e una ?segreteria tecnica? di 25 persone impegnata a sbrigare l?emergenza quotidiana, la Cai fatica a coprire tutti i ruoli che le sono stati attribuiti. Ancor di più in questi mesi che hanno visto l?insediamento di un nuovo esecutivo e un nuovo cambio di competenza ministeriale (dalle Pari opportunità alla Famiglia). «I tavoli di coordinamento sono congelati, l?incontro annuale tra Commissione ed enti, che si doveva svolgere a luglio, non si è tenuto», osserva Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa. «La Cai appare sdoppiata su due piani: quello puramente amministrativo, che si occupa della documentazione e del controllo formale degli atti, funziona e va avanti con accettabile regolarità. Il piano politico, però, quello che dovrebbe operare anche per prevenire vicende come quella bielorussa, appare inesistente».
La mancanza di spessore politico-gestionale è il difetto all?origine della Commissione adozioni «che in questi anni è emerso drammaticamente sia sul piano promozionale e di sostegno degli enti all?estero», spiega Marco Griffini, presidente AiBi, «sia sul piano del controllo interno, cioè di una rigorosa applicazione del principio di trasparenza».

Una piaga aperta, ricorda il presidente AiBi, è ad esempio la pratica (comune a molti enti), di far transitare i fondi destinati ai rappresentanti esteri attraverso le coppie: «Ciò avviene a dispetto delle Linee guida sui costi. Da tempo chiediamo che sia obbligatorio aprire conti correnti all?estero», spiega Griffini, «in modo che ogni movimento sia datato e documentato, altrimenti entriamo nella dimensione del ?nero? e alimentiamo il mercato. è chiaro che poi, alla fine, se le regole non vengono rispettate da tutti, gli enti più rigorosi vengono discriminati».

La complessità del sistema richiede un rafforzamento della Cai. Ma non solo: la senatrice Maria Burani Procaccini, che nella passata legislatura ha guidato la Bicamerale per l?Infanzia ed è l?attuale responsabile dell?area famiglia e minori di Forza Italia, ha appena riproposto due proposte di legge che puntano a sbloccare lo stallo delle adozioni sia sul fronte nazionale (attraverso l?adozione ?aperta?) sia su quello estero (attraverso l?affido internazionale). «Molti degli Stati con cui ci rapportiamo per le adozioni internazionali non hanno neppure recepito la Convenzione dell?Aja», sottolinea la senatrice, «perciò non si muovono nella stessa cornice normativa e non riconoscono autorità politica alla Cai. Questo è uno dei punti più critici: i paesi stranieri si aspettano di interloquire con il ministero degli Esteri, non con uno staff di funzionari ?tecnici?». La proposta della Burani va proprio nella direzione di trasformare la Cai «in un?Authority forte e autonoma, con un proprio peso politico. E con il ministero della Famiglia come riferimento definitivo».

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