Famiglia
Bambini, tranquilli D’Alema vi pensa
Con la complicità di tuttologi e di conduttori della tv di stato la conferenza dedicata alla condizione dei minori in Italia ha rischiato di esaurirsi in sterile ottimismo
Improvvisamente l?irrealtà si spezza. Tragicamente, ma si spezza. Sabato 21 novembre sui quattromila presenti a Firenze alla Conferenza nazionale sull?infanzia e sull?adolescenza piomba la notizia della morte di Mauro Iavarone, il bambino di Frosinone ucciso nei campi vicino a casa. Come un sasso che frantuma uno specchio, la realtà prende il sopravvento sulla celebrazione, sulla certezza che tutti i problemi dei bambini in Italia si possano risolvere con una riunione di persone che hanno studiato e vogliono dire la loro in inutili seminari. No, forse questo non è ancora un Paese normale, come D?Alema sogna, e forse sono ancora tanti, in Italia, i bambini che la normalità non sanno ancora cosa sia. Mauro, proprio quando la perfetta e irreale Conferenza stava per chiudersi, è venuto a dircelo, anche se per l?ultima volta.
La Conferenza di Firenze si apre giovedì 19 novembre tra squilli di tromba e un ottimo discorso, equilibrato e realista, della ministra Livia Turco. È lei a spiegare l?idea che sta sotto alla grande convention, ?in testa ai miei pensieri?. Cosa significa? «Un governo che non sapesse mettere i bambini ?in testa ai suoi pensieri? sarebbe un governo di piccolo cabotaggio, miope, incapace di preparare il Paese alle sfide del nuovo millennio» dice Livia Turco davanti a una platea attenta e silenziosa. «Organizzare questa Conferenza non è un lusso, un di più per caratterizzare meglio un governo progressista, e non è nemmeno la proiezione di quei buoni sentimenti materni che ci si aspetta da un ministro di sesso femminile. Vuole essere il segno concreto di una scelta strategica di tutta la politica, e speriamo non solo della politica».
Bene, diamoci da fare. E invece no. Dopo il taglio dei nastri, qualcosa va storto. Nelle grandi sale ovattate, sulla moquette grigia che ricopre la Fortezza da Basso, sede dell?incontro, comincia ad aleggiare una pericolosa certezza: tranquilli bambini, ci siamo noi. Questo è il primo governo che vi pensa, non dovete più temere. Siamo tutti qui, assessori comunali, consiglieri regionali, sottosegretari e capi dipartimento, burocrati, amministratori e presidenti, insomma, i professionisti dei minori e dell?assistenza a delineare le strategie che in futuro, in un futuro molto prossimo, vi libereranno da tutti i vostri problemi. Ma ne avete mai avuti, di problemi, da un paio d?anni in qua?
«Per la prima volta in cinquant?anni la politica sembra davvero orientata verso i bambini, quei giovani cittadini tra zero e 14 anni che rappresentano il 15% della popolazione italiana: a loro favore, nella Finanziaria del 1996 c?erano 350 miliardi, in quella del 1998 ce ne saranno 2700» annuncia Livia Turco con un orgoglio post democristiano. Tutto vero. Ma basta? Piano piano ce lo si è fatti bastare. E allora le prime notizie cominciano a filtrare da Firenze, e si delinea il clima: i giornalisti fanno titoli sui bambini ?normali?, anzi su quelli troppo viziati il cui rischio maggiore è diventare i tiranni di mamma e papà, oppure su quelli che non riescono a giocare in cortile e si rovinano gli occhi davanti al computer («e muoviti un po?» sembra di sentire la mamma in sottofondo che sgrida), su quelli che non hanno mai visto un filo d?erba o sono costretti, ahi loro, ad andare a danza o a inglese al pomeriggio.
Chi si ricorda più che in Italia, qui da noi, sono quasi 300 mila gli ?under 14? che lavorano – di cui 110 mila lo fanno invece di andare a scuola, e altri 200 dopo la scuola? Chi ha più voglia di ricordare che il 16% dei minori italiani vivono sotto la soglia di povertà? Chi può immaginare che di lì a poche ore un altro bambino di 11 anni sarà ucciso da chissà chi, e poi si scoprirà che forse si drogava, di sicuro fumava, aveva molti soldi in tasca e neanche un adulto che gli chiedesse come stai?
Intanto un altro dato, clamoroso, arrivato in anteprima giusto a metà della conferenza sfata una vecchia certezza: i bambini abbandonati negli istituti non sono più 40 mila, come si credeva fino a poco fa, ma solo 14 mila, come ha stabilito il Centro degli Innocenti di Firenze. E chi ne dubita – come molte associazioni che si occupano di adozioni e disagio minorile – evidentemente ignora «la bontà di una politica fatta di affidamento familiare, sostegno alla famiglia di origine, rafforzamento delle reti informali», come sostiene il ministero. Ma gli affidi non erano falliti fino a due giorni fa?
Si, forse, chi lo sa, forse si sono ripresi negli ultimi mesi. L?unica cosa certa è che anche il presidente del Consiglio, Massimo D?Alema, nel bel mezzo della crisi turca ha trovato il tempo di essere a Firenze, invitato dalla ministra Turco. È la mattina di venerdì 20 novembre, il programma ufficiale a questo punto recita: ore 10.30 «apertura delle celebrazioni». La giornata è storica, chi c?è ha l?impressione di essere al posto giusto nel momento giusto. Calano su Firenze tutti i politici liberi da impegni, arrivano da ogni dove i presidenti di molte associazioni. Non c?entrano niente, ma hanno sentito dire che è qui che si risolvono i problemi. Sul palco dove parlerà D?Alema adesso c?è il conduttore di Solletico che si candida al ?Lecchino d?oro ?98?: «Bambini, ma vi rendete conto di che cosa sta per succedere?». Beh, che deve succedere? Arriva il magnanimo Presidente D?Alema che incontrerà i bambini (da un palco, però), avverte con enfasi il conduttore che si esibisce in una serie di: «Oddio come sono emozionato, come sono emozionato». Perfino il magnanimo Presidente prova un certo imbarazzo.
La platea di scolari ?normali? a volte picchia duro: «Signor presidente cosa fa contro la pedofilia?» è la prima domanda, che infatti viene elegantemente rimandata a più tardi: «Non è in scaletta» informa Lecchino d?oro. Il giorno dopo la scaletta si dovrà rivedere, ma tant?è. D?Alema parla sempre in positivo. «Vivremo in una società di tanti colori», «I programmi televisivi per bambini miglioreranno», «Il lavoro minorile deve finire», dice. E poi sul tema dell?insegnamento di sostegno sfodera il suo celebre, sottile umorismo: «Il governo voleva tagliare i fondi per il sostegno ma è stato battuto. Per una volta sono contento di aver perso». Grazie, presidente. In fondo nella vita bisogna anche saper perdere. «Non siamo qui solo per annunciare cosa vogliamo fare, ma anche per fare un bilancio di quello che abbiamo già fatto, dei risultati già ottenuti» aggiunge la ministra con orgoglio.
«Nel governo Prodi in due anni abbiamo discusso cinque volte in Consiglio dei Ministri dei problemi dell?infanzia, stanziando risorse mai spese prima per i bambini. Credo che questo voglia dire qualcosa». Tranquilli bambini, ci siamo noi. Con la legge 285, il Piano d?azione per l?infanzia, la riforma della 184, la Commissione per prevenire gli abusi sui bambini, e ancora l?istituzione dell?Osservatorio nazionale e la Commissione bicamerale per l?infanzia, le nuove norme sull?immigrazione, i provvedimenti a favore delle famiglie.
Eppure non è tutto oro, aveva avvertito ancora la ministra: «L?Italia deve colmare enormi sperequazioni nella spesa sociale. Al sostegno della famiglia va solo il 3,4% della spesa sociale complessiva, di contro a un gigantesco 69,6% destinato alle pensioni. E l?insufficienza del sostegno pubblico alle famiglie si ripercuote sulle famiglie numerose o con entrambi i genitori disoccupati». E durissimo il suo j?accuse al comparto produttivoed economico del Paese che dei bimbi se ne infischia, siano essi al ristorante o in una stazione ferroviaria.Ma adesso chi se ne ricorda? Erano spunti corretti e interessanti, ma infine soffocati dall?ottimismo di chi – pubblicitario, assessore, psicoterapeuta, regista, saggista, grafico, produttore televisivo, docente, tuttologo – si è eletto sul campo fiorentino professionista dei bambini. Professionisti che, ora che i fondi ci sono, accorrono sperando di accapparrarsene un po?. Attenta Livia, attenta.
La Conferenza in pillole
Buone notizie:
?Sono diminuiti del 57% i minori in istituto, almeno secondo i dati del centro di documentazione di Firenze, che li calcola in 14.440 unità, di cui 7721 maschi e 6719 femmine contro i 37 mila stimati fino a poco fa in base a dati Istat ?93.
? La 285, la legge sui minori del ministero della Solidarietà, sta marciando a ritmo sostenuto. I progetti di spesa del fondo in dotazione (800 miliardi) andranno a realizzare centri di prima accoglienza, iniziative contro la dispersione scolastica, centri di aggregazione, asili nido, iniziative di potenziamento dell?affido familiare, ospedali più accoglienti.
? È in arrivo una nuova legge a favore dei 150 mila minori immigrati, che diventeranno più facilmente cittadini italiani. L?ipotesi preferita dalla ministra Turco è lo ius soli, cioè cittadinanza a chiunque nasca sul territorio italiano.
Cattive notizie
? Diminuisce la quota di spesa sociale destinata a minori e famiglie. Trent?anni fa il rapporto tra prestazioni familiari e pensionistiche era di 1 a 2, nel 1980 di 1 a 10, oggi di 1 a 20. Al sostegno della famiglia va solo il 3,4% della spesa sociale, mentre quasi il 70% alle pensioni.
? Il 16% dei minori italiani vive sotto la soglia di povertà, quindi oltre 1 milione e 600 minori sono poveri. Lo rivela una indagine della Commissione povertà. I bambini sono anche più poveri degli anziani, di cui solo il 13,5% è indigente.
? Il lavoro minorile è una realtà anche in Italia. Sono tra i 230 e i 300 mila i bambini che lavorano pur trovandosi nell?età dell?obbligo scolastico. Le stime sono del Censis: 120 mila bambini hanno un lavoro pomeridiano o serale, dopo la scuola, 110 mila lavorano senza andare a scuola.
I commenti di…
Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro
La Conferenza di Firenze? Ho avuto la fortuna di non poterci andare. E non è sarcasmo il mio: riconosco che è stato un grande incontro a livello nazionale, per la prima volta numerose realtà del privato sociale si sono confrontate con le istituzioni, ma purtroppo è stata organizzata con tempi troppo stretti e senza la possibilità di assegnare un ruolo diverso alle organizzazioni non profit se non quello di spettatori. Insomma è mancata una sana dialettica, una contrapposizione critica tra governo e associazioni. È stato l?inizio di un percorso, ma molta strada resta ancora da fare soprattutto per accrescere la consapevolezza del non profit nei confronti del governo. Dobbiamo stare attenti a non rimanere schiacciati sulla politica, dipendenti dalle decisioni del Palazzo e delle sue appendici: tribunali, servizi sociali, polizia. Dobbiamo combattere, farci valere, altrimenti saremo risucchiati dalla logica del consenso, che mi sembra imperante.
Fortunato Di Noto, fondatore di Telefono Arcobaleno
In Italia non esistono solo le grandi associazioni nazionali, e sarebbe ora che il ministero della Solidarietà se ne accorgesse. Noi alla Conferenza sull?infanzia non siamo stati neppure invitati, eppure non ci sembra di non fare nulla in difesa dei bambini. Ci vuole più pluralismo, più capacità di ascolto, anche verso le realtà periferiche. A me sembra che siano sempre gli stessi a parlare, a farsi vedere, a fare passerella. Aprire anche agli altri sarebbe una ricchezza, perché non farlo? Ma la difficoltà a riconoscere il nostro lavoro non è solo a livello centrale. Solo oggi, dopo anni di attività contro la pedofilia, la provincia di Siracusa si è accorta che esistiamo e sta pensando di concederci un piccolo aiuto economico per far fronte alle spese. Quanto dovremo aspettare per incontrare anche qualche rappresentante del ministero? Non vogliamo soldi, sia chiaro, solo il dialogo che non c?è.
Oreste Benzi, fondatore dell’associazione Papa Giovanni XXIII
No, alla conferenza di Firenze non siamo stati invitati. Alcuni di noi sono andati ugualmente, per assistere ai lavori, ma nessuno ci ha invitato a prendere la parola, a portare la nostra esperienza. Dico la verità: ci sono rimasto male. Sono trent?anni che lavoriamo con i minori, con quelli a rischio, con i disabili, abbialmo 160 case famiglia in Italia e all?estero in cui sono ospitati quasi 1000 bambini. Ho molta stima di Livia Turco, e per questo l?ho invitata più volte a incontrarci, a venire ai nostri convegni, ma non ha mai accettato. Non riesco a capire perché. Non è smania di protagonismo la mia, solo una gran voglia di confronto con il governo e il ministero della Solidarietà che è così attivo nei confronti dell?infanzia. Noi di idee ne abbiamo tante, e una su tutte: la centralità della famiglia e la necessità che ogni famiglia in difficoltà sia accompagnata da altre famiglie perché esca dalla crisi, come facciamo noi nelle nostre comunità. Il pericolo più grande oggi è la solitudine. Ma per vincerla occorre lavorare insieme, con tutti quelli che ne hanno voglia, senza privilegiare una parte sull?altra. Altrimenti l?impegno viene svilito e si fa passare un messaggio pericoloso: che non tutti hanno la stessa dignità. Invito la ministra Livia Turco a parlarne con noi, quando vorrà. La aspettiamo.
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