Salute

Il virus sarà sconfitto? Siamo a metà strada

I nuovi farmaci stanno dando risultati sorprendenti. Ma lo scienziato italiano avverte: «Dobbiamo ancora imparare a usarli bene. I prossimi mesi saranno decisivi».

di Redazione

Il suo nome è sconosciuto al grande pubblico, ma per gli addetti ai lavori è uno che conta, a livello mondiale. Stefano Vella, 46 anni, romano, virologo, direttore del reparto Hiv dell?Istituto superiore di Sanità, è infatti, dal luglio scorso, presidente dell?International Aids Society (Ias). A lui abbiamo chiesto quali sono, oggi, le prospettive reali per gli ammalati di Aids.

«Siamo in mezzo al guado», attacca il professore. «Per chi è abituato a reagire solo al clamore sollevato dai giornali e per chi si ferma a guardare solo i numeri, ossia le statistiche dei malati e dei morti, questa affermazione può sembrare paradossale, ma è vera».

Ma le ricerche hanno fatto in questi anni passi da gigante: gli inibitori delle proteasi, gli antiretrovirali, il vaccino scoperto proprio da una ricercatrice italiana sono fatti certi…
Certo, le nuove terapie hanno dato risultati notevolissimi. E noi speriamo di migliorarli anche perché finora sono stati trattati malati già in fase avanzata, reduci da numerose terapie differenti e che avevano già sviluppato resistenze ai farmaci. In futuro, trattando i sieropositivi con questi farmaci fin dall?inizio, avremo risultati ancora migliori e meno insuccessi. Teoricamente, quindi, potrebbe andare meglio.

Perché teoricamente?
Perché potrebbe andare anche peggio! Vede, siamo un po? come sulla lama del rasoio: abbiamo i nuovi farmaci, ma dobbiamo imparare a usarli. Finora non ci sono le condizioni ottimali e si devono fare ancora grandi passi in questa direzione: c?è il problema di una maggiore compliance, di una maggiore aderenza dei malati a queste cure che sono di difficile dosaggio e somministrazione. E poi stanno emergendo alcuni problemi, come per esempio quello della tossicità.

Da quello che dice si intuisce che per lei occorre più unità tra l?aspetto scientifico e quello sociale e assistenziale. Quale contributo può dare al dibattito attuale sul ruolo delle case alloggio?
Io sono uno scienziato e non un esperto di assistenza, ma penso che in questo particolare momento si debba ripensare il modo con cui vivere assieme agli ammalati che ritrovano una qualità della vita prima impensabile. Le case alloggio potrebbero diventare luoghi in cui si sperimentano sistemi di reinserimento dei sieropositivi nella vita sociale e lavorativa e in cui si creano le condizioni ottimali per facilitare l?uso delle terapie. Stare meglio non vuol dire poter fare tutto da soli, anzi.

Che cosa significa?
Gli ammalati hanno bisogno di reimparare a trattarsi bene, hanno necessità di essere supportati di continuo per riuscire a ottenere il meglio dalle cure. Forse l?Aids è la malattia in cui è più evidente che, per guarire, non basta la prescrizione medica, dove non si può delegare la cura solo alla struttura sanitaria: bisogna puntare su se stessi, essere attivi.

E come le case alloggio possono aiutare questo vivere da protagonisti?
Le case alloggio possono diventare il fulcro portante di questo supporto. Avere un affetto, rapporti e ritmi di vita equilibrati, una certezza di riferimenti, di aiuto e di consigli può aiutare a raggiungere quell?aderenza alla terapia che permette i notevolissimi risultati fin qui ottenuti ed evitare gli insuccessi che, è inutile nasconderlo, ci sono e ci saranno ancora.

Numeri utili

Telefono verde Aids- Istituto superiore della Sanità
167-861061
Dal lunedì al venerdì, dalle 13 alle 18. Gli operatori rispondono in italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese.

Segreteria Aids Lombardia
c/o Coop. Farsi Prossimo, via della Signora 1/D, Milano. Tel. 027022814. Dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12.

Cica- Coordinamento italiano Case alloggio-Aids
Villa del Pino, via S. Antonino 2, Monte Porzio Catone (Roma). Telefono: 0669449022, fax: 0669447692.

Anlaids-Associazione nazionale lotta all?Aids
via Barberini 3, Roma. Tel. 064820999.

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