Formazione

Immigrati, i media fuori dalla realt

La grande sfida che attende il nostro Paese è quella dell’integrazione: questo nuovo grande popolo, variegato, che ha cambiato il paesaggio umano nel quale ci troviamo a vivere

di Redazione

Nel 2005 l?Italia è stato il secondo paese al mondo per flussi immigratori. Solo gli Stati Uniti hanno registrato un flusso maggiore. Nel 2006, con i nuovi ingressi e la regolarizzazione dei clandestini approvata dal governo prima dell?estate, i numeri saranno ancora superiori. La soglia dei quattro milioni di stranieri è molto vicina: o forse, contando gli irregolari, è già stata superata. Bastano queste poche scarne cifre per capire come la vera, grande sfida che attende il nostro paese sia quella dell?integrazione di questo nuovo grande popolo, variegato, che ha cambiato il paesaggio umano nel quale ci troviamo a vivere. Il processo di integrazione non ha alternative: il calo demografico e l?invecchiamento della popolazione sono state la vera calamita che hanno fatto dell?Italia un terreno di opportunità per tanti extracomunitari. E quindi è inutile, anzi quasi ridicolo, illudersi di mettere freno a un flusso di cui innanzitutto noi non possiamo assolutamente fare a meno, pena un impoverimento e un rallentamento della nostra economia.

Ma per non ridurre l?integrazione a un vuoto slogan o a una summa di pie intenzioni, c?è bisogno di una svolta profonda, a tutti i livelli. Questo numero di Vita, con il servizio di copertina, è un primo tentativo di mettere sul tappeto questioni vere, radicali e di lanciare proposte. Ne leggerete nelle prossime pagine e nell?intervista a Stefano Zamagni che chiude il numero. Nuova conferenza nazionale sul modello di quella del 1990, ripensamento della Consulta islamica come espressione delle esigenze dei territori, costruzione di modelli di integrazione a 360 gradi e non limitati più alla sola sfera del lavoro: questa è l?agenda posta all?attenzione di tutti, a cominciare dal ministro Paolo Ferrero che nell?intervista rilasciata a Ettore Colombo ha accettato di affrontare questi nodi.

Qui invece vogliamo porre un?altra questione, che per noi è decisiva e preliminare perché ci tocca da vicino, visto il ruolo che Vita svolge. Ed è la domanda su quale gioco stia ?giocando? l?informazione. Basta guardare la cronaca intensa e drammatica di quest?estate, per rendersene conto. Prendiamo il caso di via Anelli a Padova: la decisione ?disperata? di un sindaco diessino di erigere una barriera metallica attorno a un gruppo di palazzine abitate da nigeriani e magrebini è stata raccontata come un teatrino dove la politica ha giocato a parti comicamente rovesciate. Con la destra, paladina della sicurezza, che contestava la scelta; mentre la sinistra, con non pochi imbarazzi, s?era trovata a doverla difendere, per manifesta incapacità a gestire altrimenti quella situazione ad alto rischio. Giornali e tv si sono fatti megafoni dell?esasperazione legittima degli abitanti; nessuno che abbia cercato le ragioni dell?incancrenirsi di quella situazione. Che abbia ascoltato e sostenuto le ragioni positive di chi in quei quartieri lavora in solitudine da anni.

L?informazione oscilla tra emotività e allarmismo; tra buonismo melenso davanti al dramma delle centinaia di disperati sulle carrette del mare e allarmismo esasperato davanti al ripetersi di episodi di microcriminalità. Come ha scritto Ryszard Kapuscinski nella sua autobiografia – di prossima uscita in Italia -, «i media non sono interessati a rispecchiare la realtà del mondo ma a competere tra di loro. Seguono non la vita che realmente si svolge, ma i propri concorrenti».

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