Famiglia

Mo: allarme Pam, “crisi umanitaria peggiora a Gaza”

L'economia in crollo vertiginoso. Le infrastrutture paralizzate. Il 70% della popolazione locale priva di sicurezza alimentare. Il Programma alimentare mondiale lancia l'allarme

di Joshua Massarenti

A tre giorni dall’inizio della conferenza internazionale sui piani di ricostruzione in Libano, che si terrà nella capitale svedese, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (Pam) ha lanciato oggi l’allarme sulle condizioni di vita a Gaza, che peggiorano rapidamente e che rischiano di passare in secondo piano a seguito della situazione in Libano. “L’economia sta precipitando. Industrie che una volta costituivano l’ossatura dell’economia di Gaza e del sistema alimentare, come quella agricola e ittica, sono soffocate dalla situazione attuale e rischiano di perder il mercato”, ha detto Arnold Vercken, Direttore del PAM nei Territori Occupati Palestinesi. Gli agricoltori sono stati colpiti pesantemente dalle chiusure sporadiche che hanno bloccato il ciclo della produzione agricola, limitando il rifornimento di beni vitali e isolando il mercato di Gaza dal commercio esterno. Nessun prodotto è stato esportato dalla striscia di Gaza in luglio. Gli agricoltori vivono in condizioni indigenti, senza nessun aiuto per riprendere la coltivazione dei terreni, dopo la distruzione die circa 400 ettari di terra coltivabile, delle condutture per l’irrigazione e delle serre. Anche le banche di credito agricolo non accordano più prestiti agli agricoltori. Le infrastrutture sono paralizzate, gravando ogni giorno su una popolazione di 1,4 milioni di persone. L’approvvigionamento di elettricità ed acqua è scarso e inaffidabile. Gli agricoltori, costretti a comprare l’elettricità e l’acqua per mantenere i raccolti, trasferiscono i costi maggiorati di produzione sui compratori, proprio quando il potere d’acquisto è al suo livello più basso e meno di un terzo della popolazione gode di un reddito. La conseguenza è che gli agricoltori hanno difficoltà a vendere i propri prodotti e a far quadrare il bilancio familiare. Gaza è oggi completamente dipendente dai rifornimenti di cibo e beni commerciali esterni ai territori. Nelle sei settimane dal primo luglio al 15 agosto, il Pam ha trasportato circa 5mila tonnellate di cibo a Gaza, dato l’aumento dei bisogni. Al momento ci sono riserve di cibo sufficienti a coprire i bisogni per un mese. Diversamente dal Libano, dove i bisogni alimentari e umanitari sono stati essenzialmente soddisfatti, il numero crescente di poveri a Gaza vive con il minimo necessario e lotta ogni giorno per trovare il cibo. Circa il 70% della popolazione di Gaza è priva di sicurezza alimentare e la grande maggioranza dipende dall’assistenza delle Nazioni Unite per i bisogni basilari. Il Pam ha risposto alla povertà crescente aumentando il numero di beneficiari dai 160mila ai 220mila attuali. Tra loro ci sono agricoltori indigenti, pescatori, lavoratori a giornata e persone disabili, circa il 50%della popolazione non rifugiata (16% della popolazione totale di Gaza). Di questi, 35mila sono agricoltori e pescatori. I pescatori devono affrontare una sfida insormontabile. L’industria ittica, già in netto declino a causa delle retrizioni idriche e dell’inquinamento, ha subito un netto arresto a causa della chiusura delle coste di Gaza in atto dal 25 giugno. Nei mercati è scomparso il pesce e 35mila persone che vivevano degli introiti di quell’industria hanno ora perso ogni forma di reddito. “L’assistenza alimentare del PAM sta cercando di impedire un ulteriore declino dei beni di sussistenza e della nutrizione tra i più poveri. L’attuale situazione umanitaria potrebbe migliorare solo se l’economia di Gaza vedesse una netta ripresa. Tuttavia, la criminalità crescente e una recrudescenza nei rapimenti mostrano bene la precarietà della situazione, scoraggiando investimenti stranieri e la creazione di posti di lavoro” ha aggiunto Vercken. L’aumento della povertà e dell’indigenza è visibile ovunque a Gaza. Le strade, che normalmente brulicano di traffico, sono ora molto più silenziose, dato che le persone rimangono a casa o, per risparmiare carburante, usano come mezzi di trasporto carretti trainati da muli o biciclette. C’è chi continua a rovistare tra i rifiuti per trovare qualcosa da vendere. I negozi e i mercati sono aperti ma con pochissimi clienti e un numero sempre maggiore di loro compra le merci a credito. Nonostante il peggioramento della situazione, il PAM deve fare fronte a gravi mancanze nei fondi, che costituiscono un serio impedimento allo svolgimento del suo lavoro nei territori palestinesi. L’operazione attuale, lanciata nel settembre 2005 per la durata di due anni, che richiede un totale di 103 milioni di dollari, è al momento finanziata solo al 44 per cento. L’operazione aveva inizialmente l’obiettivo di fornire 154mila tonnellate di assistenza alimentare a 135mila palestinesi nella striscia di Gaza e a 344.500 nella West Bank. Tuttavia, il taglio dei fondi internazionali, lo scorso gennaio, destinati all’Autorità Palestinese ha provocato un numero crescente di Palestinesi sull’orlo dell’impoverimento. Il PAM ha risposto ai bisogni crescenti aumentando il numero dei beneficiari da 480mila a 600mila. Ad oggi, i donatori includono: Commissione Europea (20 milioni di dollari), Stati Uniti (8 milioni di dollari), Norvegia (3 milioni di dollari), Arabia Saudita (2,6 milioni di dollari), Francia (2,5 milioni di dollari), Giappone (1,4 milioni di dollari), Svizzera (1,2 milioni di dollari), Svezia (1,2 milioni di dollari), Danimarca (842.000 dollari), Cipro (350.000 dollari), Austria (314.000 dollari), Paesi Bassi (200.000 dollari), Grecia (176.000 dollari) e Italia (109.000 dollari).


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