Famiglia

La sfida di Susanna contro i ladri di talenti

«Sono stata contenta perché avevo un progetto da realizzare. Perché sbagliare un progetto è brutto, ma non averne è molto peggio»

di Carlotta Jesi

Da piccola Susanna Tamaro voleva fare il medico. Oppure il missionario, a volte il pompiere e soprattutto la guardia forestale a cavallo. Lo racconta tranquilla, capelli spettinati, occhi che si muovono veloci e una bella sciarpa rossa davanti a oltre 700 ragazzi tra i tredici e i diciotto anni che si agitano nell?auditorium della Fiera di Verona. Sono qui per l?inaugurazione di ?Job e Orienta?, l?ottava edizione della più importante manifestazione italiana per la scuola, l?orientamento, la formazione e i servizi all?impiego tenuta a battesimo niente meno che dal presidente della Repubblica. Da cui hanno appreso che «sì, siamo in Europa grazie a tanti sacrifici ma i giovani bisogna aiutarli», che «devono camminare fieramente sul ponte costruitogli dalle istituzioni» e che il Presidente non sa l?inglese. Ridacchiano i ragazzi in sala perché il Presidente continua a dire ?iob? invece di ?job?. Si annoiano per i colpi di fioretto politici tra i presidenti, quello della Repubblica e quello della Regione Veneto. Ma per fortuna anche le inaugurazioni finiscono, i politici se vanno con i loro annessi e connessi, e loro, i ragazzi, rimangono lì, soli, con la scrittrice Susanna Tamaro. Più interessati e rilassati, si rubano il microfono per parlarle e chiedere un concreto consiglio su come guardare al proprio futuro. «Come si fa a capire cosa fare nella vita?», esordisce una ragazzina delle medie. Susanna si schiarisce la voce, racconta di essere un po? influenzata, e risponde: «Che sei un artista non te lo dirà mai nessuno. Perché qui in Italia il talento è un pericolo, una minaccia. L?importante è non vivere solo come reazione a quello che dicono gli altri, ma imparare ad ascoltarsi e a riconoscere i sintomi. A volte sono proprio quelli per cui a scuola ti dicono che sei un ragazzo difficile. L?inquietudine, l?irrequietezza e un po? di disagio». Nell?auditorium cala un silenzio irreale. Solo dopo qualche istante qualcuno trova il coraggio di dire quello che pensano tutti: «È successo anche a te? È così che hai deciso di fare la scrittrice?». «Sì», risponde la Tamaro. «Figurati che a scuola ero veramente una ?bestia?. Soprattutto in italiano, in grammatica. Molti dei miei insegnati sono inorriditi dal mio successo. Il ruolo degli insegnanti è però importante, fondamentale, sono loro che devono riconoscere i segni di una personalità ancora abbozzata e incoraggiarti. Sono loro che devono capire che stai cercando di scoprire qualcosa, e non debbono umiliarti se sbagli, perché nell?inquietudine ci si può anche perdere. Sbagliare progetto di vita può essere un problema, ma non averne uno, un sogno speciale, è ancora più grave». Qualcuno applaude, e il microfono passa a un?insegnante. Di italiano. «Scusi signora, ma lei in che senso andava male? Errori di ortografia, andava fuori tema o cosa?». Tra le risate dei ragazzi («Ma cosa dice la prof, è matta?») Susanna risponde che era un insieme di varie cose. Andava fuori tema perché le sue riflessioni spesso portavano altrove, era ed è tuttora un po? sgrammaticata, ma soprattutto sulla carta si dimenticava di trasferire alcuni pensieri che teneva nella sua testa e le costavano brutti voti. «Ok, ma quando l?hai capito che avresti scritto?», la incalzano. «Avevo 23 anni», dice togliendosi per un attimo gli occhiali, «e ho capito che avevo talento. Che volevo soprattutto comunicare. Ma non ho mai pensato che fosse una carriera, era solo il mio modo per essere tranquilla e felice. Era un bisogno». Mah… «Davvero non lo fai per soldi?». «Sì», risponde tranquilla. E racconta che sarebbe bello essere incoraggiati, trovare qualcuno che con una banchetta da rabdomante dicesse ?Vibra, vibra, ce la farai?. Ma spesso non è così. E la gente cerca di scoraggiarti. «Tu», chiede un ragazzino, «ti sei mai persa d?animo? E cosa hai fatto fino a trent?anni, quando hai scritto il tuo primo libro?». «Soprattutto ho cercato un lavoro. Cercavo ma non lo trovavo. Intendo naturalmente un lavoro permanente. Ed ero frustrata, provavo umiliazione sociale e interiore. Non avevo i soldi per una casa. Ma non ho mollato. In quegli anni gli editori mi dicevano che ero incapace, ma io sapevo che non era vero. Anche se era solo una sensazione». I ragazzi bisbigliano tra loro:?è forte?, ?però?, ?è una che non si fa fregare tanto facilmente?. Un esempio, insomma. «Il vero segreto è non accontentarsi mai», continua la Tamaro, «e se per caso vi sembra di non farcela, allora siete sulla strada giusta; vuol dire che state per scoprire qualcosa». Ma la risposta non passa via liscia. A intervenire è di nuovo un?insegnante: «Non le sembra che sia un?affermazione un po? forte? Non tutti hanno talento e a volte ?accontentarsi? serve per essere equilibrati e felici». «Certo», risponde lei, «intendevo dire di non farsi fermare dalle difficoltà. Se entro una certa età, tra i trenta e i trentadue anni, non si ha ottenuto qualche risultato, forse non è il caso di insistere». Ancora brusii, ma una ragazza le chiede di botto: «E se tu non avessi pubblicato neanche un libro cosa avresti fatto?». Già, cosa avrebbe fatto sembrano chiedersi l?un l?altro gli spettatori. La domanda non la coglie di sorpresa, Susanna prende il microfono e tra lo stupore generale dice: «Probabilmente me ne sarei andata dall?altra parte del mondo a fare la volontaria. Forse in una missione. Perché questa società non mi piaceva e non mi dava niente. Perché priva qualcuno che ha voglia di fare e di impegnarsi della possibilità di costruirsi un futuro, perché bombarda di stereotipi che non mi interessavano e non ritenevo importanti. Ancora adesso, per la strada, qualcuno mi ferma dicendo quanto assomiglio alla Tamaro. E quando rispondo che sono proprio io si stupisce. ?Ma come, così famosa e tanto mal vestita??, ?Una che ha fatto tanti soldi così dimessa ed educata?. Non credo nelle apparenze, si possono raggiungere i propri scopi solo con molta onestà, soprattutto verso i propri desideri. Anche se non sono quelli degli amici, della televisione e della società. Anche se ti dicono che così non arriverai da nessuna parte, che non avrai successo». E invece Susanna è rimasta nel nostro Paese. Diventando un vero fenomeno editoriale e anche un personaggio che rifugge da una popolarità tanto di moda. «Ma perché i giornali dicono che sei snob», chiedono i più impavidi, «davvero vivi in un castello sola con i tuoi animali?». Ride: «Sarà perché non concedo tante interviste e così i giornalisti si vendicano. Gli animali, poi, sono più fedeli: io ho cinque cani, due cavalli, due pony, un asino e due galline. E con loro sto benissimo». Quindi racconta che il suo castello è in realtà una grande casa nella campagna umbra in cui non è vero che vive sola. «Sono circondata da tanti bambini, anche se non sono miei», dice. «Perché di solitudine si soffre. Io la ricerco solo quando scrivo, in inverno, tra novembre e febbraio, perché con la bella stagione mi piace girare e andare in bicicletta». A questo punto iniziano le domande sui libri, e qualcuno porgendole un bel volume da autografare, chiede com?è nato Va? dove ti porta il cuore. «Volevo scrivere un libro sulla difficoltà di comunicare, sul perché in famiglia non riusciamo a parlarci, a camminare insieme. L?ho iniziato tante volte, scrivevo 50, anche 60 pagine ma poi mi alzavo alla mattina e non avevo voglia di continuarle. Se annoiano me, pensavo, chissà i lettori. E allora ricominciavo da capo, ancora e ancora. Finché non ero veramente soddisfatta». E così termina il suo discorso. Poi se ne va in silenzio come era venuta, sul palco dell?auditorium rimane solo la scritta Euroformazione e i ragazzi portano a casa qualche suggerimento su come orientare un sogno: originalità, perseveranza, grinta e coraggio. Più tardi rifletteranno se la vera formazione sia questa o quella scolastica per cui i politici li invitano a combattere e a votare.


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