Welfare

Il pentagramma a noi ci sta stretto

A Milano un'orchestra sinfonica come terapia per il ritardo mentale: Esagramma è l'unico centro in Italia a fare musicoterapia orchestrale

di Sara De Carli

«Pronto?». «Sono Zbigniew Preisner». «Preisner il musicista?». «Lui. Mi piacerebbe che suonaste il mio Concerto in Mi minore». «Quello della Doppia vita di Veronica?». «Sì». «Quello che nessuna orchestra al mondo ha lo spartito?». «Sì, che problema c?è? Ve lo mando io». «Lei manda la partitura a noi?». «Sì». Il dialogo al telefono è finto, ma le cose sono andate davvero così. L?orchestra Esagramma è l?unica al mondo ad avere la partitura originale di La doppia vita di Veronica. Tutti gli altri l?hanno scopiazzata ad orecchio dal film di Kiewslowski. Esagramma è un centro di formazione e terapia per persone con disagio psichico e mentale. In 130, a Milano, frequentano ogni anno i suoi corsi. Il 70% degli allievi abita in Lombardia, ma c?è anche una ragazza che ogni settimana, per la sua lezione di musica, fa Rimini-Milano e ritorno. Autismo, sindrome di down, ritardi mentali, disordini psicotici, alcune sindromi genetiche più rare, come la sindrome di Angelman. The beauty-power «La musica rende migliore la vita», spiega Marco Sciammarella, il responsabile dell?orchestra. «Non vedo perché dovrebbe valere per me e per una persona con handicap no. La bellezza non è una categoria accessoria, è qualcosa di essenziale per l?uomo. Con o senza handicap». L?estetica?!? Con tutto quello che c?è da fare con queste persone? è la scommessa di Esagramma: anche in presenza di un limite fortissimo, un residuo minimale di abilità, dare spazio alle categorie estetiche. «La riabilitazione funzionale è imprescindibile: allacciarsi le scarpe, mangiare, vestirsi, stringere una mano. Non critichiamo questo approccio, né ci poniamo in alternativa ad esso; riteniamo però che il recupero di abilità debba essere inserito in una educazione globale della persona, perché tutti abbiamo bisogno – oltre a ciò – di buoni rapporti, di gratificazioni, di avvertire che ciò che facciamo ha senso. E che è bello». E allora? madamina, il catalogo è questo: Beethoven, Bizet, Gershwin, Grieg, Mahler, Musorgskij, Stravinsky. Più alcune composizioni di Pierangelo Sequeri, monsignore, teologo e musicista, che all?inizio degli anni ?80 ha creato tutto ciò insieme a Licia Sbattella, musicista e bioingegnere del Politecnico di Milano. Lui compone, lei dirige: con una mimica dirompente, tutta diversa da quella degli altri direttori. Sono loro che hanno messo a punto il metodo. Sedici anni di sperimentazione, prima di partire, nel 1999. Musicoterapia orchestrale, si chiama, e quell?aggettivo fa la differenza. Lo scheletro di Mozart Niente suoni d?acqua, cinguettii, battiti del cuore. Tre anni di orchestra da camera, in piccoli gruppi. Una partitura all?anno. Si inizia piccolissimi, anche a 4 anni. I gruppi sono omogenei per età, ma mischiano le disabilità. Gli allievi restano gli stessi per tre anni, gli educatori pure. Sette allievi per cinque operatori: psicologi, musicisti, pedagogisti. Sanno sia di musica sia di handicap: il doppio curriculum qui è d?obbligo. Arpa, violino, violoncello, contrabbasso, marimba, metallofono, timpani, campane tubolari, gong. Per i primi tre anni provi tutti gli strumenti, finché capisci qual è il tuo. Quello che dà voce ai tuoi pensieri. Allora inizia il perfezionamento. E le prove serali della grande orchestra sinfonica: ad oggi, 22 ragazzi e 15 professionisti. E i concerti: veri, nelle stagioni dei teatri. Dal Papa. Al Parlamento europeo. Tanto che il pubblico – dicono – alla fine non distingue i professionisti in servizio e i musicisti in terapia. Tutto nasce da una concezione precisa della musica. Quasi una metafisica, che Sciammarella prova a tradurre in vulgata. «La musica è un pensiero, che si esprime in forma non verbale. Ha una struttura, una sintassi, un?articolazione logica. Alcuni autori fanno una musica più pensata di altri: noi eseguiamo quella. Se uno è un po? zoppo, è sufficiente dargli un bastone sottile; ma se gli hanno amputato una gamba, ha bisogno di una protesi. Lo stesso qui. Più la persona ha difficoltà nell?organizzare il pensiero, più ha bisogno di un?architettura musicale forte. Allora sì che fare musica aiuta a stare meglio. Non solo a livello emozionale: chi fa musica, pensa meglio». Gran parte del lavoro dell?équipe di Esagramma consiste nella rielaborazione delle complesse partiture dei grandi. «Ma semplificare non vuol dire banalizzare. La nostra interpretazione, anzi, spesso è più emozionante: viene fuori lo scheletro del messaggio, quello che a volte, se non hai un orecchio più che allenato, resta nascosto sotto altri elementi». I ragazzi non suonano le note segnate dal compositore: nessuno tra l?altro le sa leggere. Riproducono i ritmi, i timbri, i suoni, tutto a memoria. Per dirla in modo difficile, il brano resta gestalticamente riconoscibile: è lo stesso dello spartito, ma anche nuovo. Ricominciamooo Ognuno ha il suo modo di strofinare un archetto, ognuno dà al suono il suo timbro. Ragazzi autistici che non riescono a mantenere l?attenzione per più di una manciata di minuti imparano a star fermi, aspettando il momento per battere il gong. Tempo, silenzio, attesa. Altri regolano il volume, imparano a non sovrapporsi e ad alternarsi: introiettano un ruolo. Nella loro mente, grazie alla musica, c?è un prima e un dopo. C?è un altro con cui dialogare. E una volta che lo sanno fare qui, lo sanno fare ovunque. Quando è il momento di cambiare strumento, durante la lezione, i ragazzi sanno già come prenderlo in mano, come usarlo. Hanno osservato gli altri, ne imitano i gesti. Si dà forma alla relazione. La musica poi spesso funziona da catalizzatore per le altre abilità espressive. Una esperienza gratificante basta a superare la frustrazione di mille esperienze di comunicazione fallita. Ci si rimette in gioco, passando dalla musica al computer, e attraverso quello al disegno e ai linguaggi verbali. Fare musica fa stare bene, ma fare musica in un?orchestra fa stare meglio. La Chiesa riscopre i sensi Per PierAngelo Sequeri la musica è più di un diletto. Molta della sua riflessione teologica, gira e rigira, passa da lì. Solo quest?anno ha pubblicato due libri che parlano di musica: Eccetto Mozart. Una passione teologica (Glossa) e Musica e mistica (Libreria Editrice Vaticana). «Noi preti», dice, «facciamo molti bei ragionamenti sull?incarnazione, la bellezza del sensibile, gli affetti. Ma poi nell?esperienza cristiana concreta non ne sappiamo dar conto. La musica ha la capacità di generare la gioia di abitare il sensibile. Oggi il cristianesimo ha bisogno di muovere forze estetiche, non solo etiche. Altrimenti rischiamo di vivere il cristianesimo infelicemente».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA