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Cana, quel frantoio ancora distrutto

Caro direttore/ "Caro direttore, l’ultima mia visita fatta in Libano, qualche mese fa, fu al frantoio che una ong italiana aveva realizzato nel territorio..."

di Riccardo Bonacina

Caro direttore, l?ultima mia visita fatta in Libano, qualche mese fa, fu al frantoio che una ong italiana aveva realizzato nel territorio. Qualche chilometro fuori dalla cittadina. Ricordo perfettamente i luoghi, le strade, le case, i volti. Di donne, uomini, vecchi, bambini. Erano pieni di gioia, un giorno di festa, per l?inaugurazione del frantoio, realizzato sulle macerie di quello distrutto anni prima durante incursioni nemiche… delle donne, degli uomini, dei vecchi, dei bambini! Ci ero andato invitato dai colleghi italiani che insieme alla gente avevano realizzato quell?opera, ci ero andato perché anch?io – in un?altra zona del paese – con un altra ong italiana avevo ricostruito alcuni frantoi. Una bella festa, con le musiche, le danze, gli assaggi del primo olio lavorato. Tutti i bimbi di Cana e della contea erano lì, a testimoniare la loro gioia per la vita, a rappresentare il loro diritto alla Vita. Ricordo nitidamente quel giorno. Ho ripercorso ogni fotogramma dei miei ricordi in questo tragico fine settimana di Cana! La partenza da Beirut la mattina presto, il lungo viaggi a Sud, passando da Sidone, Tiro… qui ci fermammo un attimo per incontrare altri colleghi e prendere un caffè sul piccolo porticciolo con le antiche rovine romane sul fondale marino… ricordi, ma soprattutto volti, quelli dei bimbi e delle bimbe, del loro diritto di essere felici e spensierati! come i miei figli, di 13 e 3 anni, come loro a giocare a pallone in strada, a rincorrere le ragazzine, a vivere! Maledizione, perché gli è negato questo diritto? Perché siamo così maledettamente incapaci di sdegno e coraggio? Perché questo barcone chiamato Onu è ancora ostaggio delle potenze dei veti e della realpolitik dei morti ammazzati in nome del diritto? Il ricordo della festa di Cana di qualche mese fa stride terribilmente con quello che sta succedendo. Sembra quasi impossibile… quei volti li ricordo pieni di allegria, di speranza di gioia e sincera amicizia. Da giorni non ho più notizie di amici e amiche libanesi che non hanno avuto la possibilità di lasciare il Paese come i miei colleghi, rientrati appena la crisi è cominciata. Tentavano di organizzarsi, per sopravvivere e per resistere! Già, resistere, perché l?imbecillità di chi organizza le guerre pretende che la vita non debba più organizzarsi. Non ho verità da proporre. Ho molti dubbi che mi tormentano. E forse affrontare il dubbio è molto più difficile che avere certezze… ma forse come i disperati di Cana anch?io tento di vivere e resistere.

Carlo Mileti Coop. Soc. Commercio equo e solidale, Lecce

Carissimo Mileti, come abbiamo scritto qualche settimana fa, la pace è costruzione di spazi di umanità nuova, di relazioni di amore. Bisognerà, perciò, prima urlare perché le armi tacciano, e poi, ripartire per Cana e rifare il frantoio. Ciao e grazie.

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