Mondo
Così in Kosovo salvando gli affreschi si salva la pace
Un operatore umanitario in viaggio tra i monasteri di Pec e dintorni
di Nino Sergi
«Questo consesso rappresenta il Kosovo di domani, quello che noi vogliamo». Il presidente dell?Assemblea parlamentare, Kolë Berisha, esprime pacatezza e fiducia nel futuro. «Noi albanesi kosovari siamo stati minoranza. Capiamo quindi, ora, le ansie e le aspettative della minoranza serba. Le teniamo in seria considerazione». È il 3 luglio 2006. Un giorno di pioggia in questa torrida estate, quasi a purificare l?ambiente per favorire lo straordinario incontro. Si inaugura la moschea Kurshunli a Peja/Pec, un gioiello dell?arte ottomana del XVII secolo. Incendiata dall?esercito serbo nel 1999, è stata ricostruita e riportata alla sua bellezza originale da Intersos con la supervisione tecnica dell?Icr, l?Istituto centrale per il restauro del ministero dei Beni culturali italiano. Alla cerimonia partecipano il vescovo serbo ortodosso Teodosio insieme a due monaci del monastero di Decani, che rappresenta uno dei fiori dell?architettura medievale serba con i suoi preziosissimi cicli pittorici. «L?islam in Kosovo è come lo state vedendo, aperto e rispettoso delle diversità», continua Kolë Berisha. Due ore prima, erano stati gli Imam della comunità islamica del Kosovo e di Peja a fare visita al vescovo Teodosio recandosi, con noi di Intersos, al monastero.
Negoziati decisivi per il futuro
È la prima volta che ciò accade. In un momento carico di tensioni, perché non tutto sta andando liscio nella definizione del futuro status del Paese. Si tratta di un segno di dialogo, di volontà di conoscersi e di parlarsi, di capire le reciproche aspettative. Un segno di pace. Questo è l?obiettivo che Intersos si è posto dal 2000 a oggi, dopo aver assistito i profughi, ricostruito case, scuole, ambulatori, bonificato aree infestate dalle mine. Contribuire alla ripresa del dialogo e alla pacificazione attraverso la valorizzazione del patrimonio artistico e iniziative culturali tra comunità diverse. Un ampio programma sul prezioso patrimonio medievale serbo ortodosso e ottomano islamico. In Kosovo la pace si costruisce anche così. E i risultati sono sorprendenti. Il presidente Fatmir Sejdiu, eletto dopo la morte di Rugova, ha voluto ricevere Intersos e l?Icr la mattina successiva nel suo ufficio a Pristina, come segno di riconoscimento dell?impegno per la valorizzazione del patrimonio culturale, il dialogo e la convivenza. Due fotografie di Rugova e di madre Teresa risaltano con evidenza. Sottolinea di sentirsi il presidente di tutti i kosovari e di volere un Kosovo in cui tutte le comunità possano convivere in pace. La negoziazione sul futuro del paese continua con regolarità. Non mancano i momenti di tensione, talvolta al limite della rottura. Ma le parti hanno deciso di andare avanti. L?indipendenza, specie dopo il referendum che il 21 maggio scorso ha separato il Montenegro dalla Serbia, sembra ormai essere l?unica prospettiva. Occorre però garantire la minoranza serba, riuscire a farla sentire a casa propria in un paese che, se si escludono le aree in cui vive, siano esse miste, omogenee o enclaves, gli risulta in parte ancora estraneo. Le parole del presidente Fatmir Sejdiu e i suoi ripetuti e positivi segnali di dialogo rimangono una garanzia per tutti.
La Metohija come San Pietro
Anche il patrimonio culturale, quello religioso in particolare, è tema della trattativa. Scottante, data la sensibilità serba. Il Kosovo e in particolare la Metohija, la regione delle chiese e dei monasteri, rappresenta l?anima e la radice dei serbi. Il patriarcato di Pec e il monastero di Decani hanno per i serbi un valore simbolico pari a quello di San Pietro per i cattolici, del Muro del pianto per gli ebrei, della Ka?aba per i musulmani. Rinunciare al ?possesso? delle proprie radici, delle proprie chiese e dei propri monasteri, significherebbe rinuncia alla propria storia, identità, appartenenza comunitaria. Forme accettabili di ?extraterritorialità? e di ?possesso? di quei preziosi simboli dovranno essere individuate per procedere nel cammino della pace. Ci è sembrato che il governo kosovaro lo stia facendo, mostrando una seria volontà di dialogo. C?è solo da sperare che questa volontà duri fino alla fine e diventi presto un patrimonio di tutti i kosovari, siano essi albanesi o serbi.
Chi è
Nino sergiè il segretario generale di Intersos, una delle più grandi organizzazioni non governative italiane che lavora in Kosovo dall?estate del 1998, quindi precedentemente sia al conflitto sia all?intervento Nato.
I capolavoriSorto nella seconda metà del XII secolo, il Regno serbo visse il suo massimo splendore nel 1346, quando i suoi confini raggiunsero il golfo di Corinto. A Prizren, Pec, Gracanica, Decani e Banjska ci sono i più importanti monumenti ortodossi risalenti a quell?epoca: la cattedrale della Madonna di Ljevisa, il monastero di Decani, il patriarcato di Pec (nella foto) e il monastero di Gracanica. Dalla vittoria ottomana a Kosovo Polje (1455) iniziò a fiorire anche l?arte turca, con la costruzione di grandi moschee. Su questo patrimonio si è abbattuta negli anni Novanta la guerra dei Balcani, distruggendolo in parte. Oggi, grazie agli interventi di Intersos (sotto i principali), quei gioielli sono recuperati. PECRiparazione e restauro della Moschea Bajrakli, interventi vari sugli affreschi del Patriarcato serbo-ortodosso, riabilitazione della moschea Kurshunli e dell?antico Hamam. DECANIRiabilitazione dello storico Mulino e ristrutturazione del Leontije Konak nel Monastero.
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