Cultura

In viaggio con Rumiz tra i bagliori dell’Est

Abbiamo fatto un gioco con uno dei più attenti viaggiatori del nostro tempo, Paolo Rumiz: ne è uscito uno stream of consciousness che proponiamo ai nostri lettori

di Paolo Manzo

Abbiamo fatto un gioco con uno dei più attenti viaggiatori del nostro tempo, Paolo Rumiz. Noi pronunciavamo il nome degli otto paesi dell?Est Europa entrati nella Ue il primo maggio 2004, da nord a sud, lui ci associava un?immagine, una sensazione, un itinerario percorso o da percorrere. Ne è uscito uno stream of consciousness che proponiamo ai nostri lettori. 1. L?Estonia La prima cosa è il canale che porta a San Pietroburgo: un punto d?immenso fascino con qualsiasi tempo. La capitale Tallin è molto bella, ma ci sono località minori davvero incantate, come Pärispea, proprio di fronte a Helsinki. Da lì vedi passare come miraggi le grandi navi che vanno e vengono dall?ex Stalingrado, sempre con quel sole basso tipico dell?Estonia, spesso con nebbie o nevicate sul mare. Un luogo magico, la porta di Pietroburgo, la città con lo schema più occidentale di tutta la Russia. E poi c?è questo trovarsi in un luogo dove si parla una lingua che ha molto più a che fare con quello che c?è dall?altra parte del mare che con ciò che sta a terra, perchè in Estonia si parla la lingua dei finlandesi. E poi niente. Se non che qui comincia un mondo dove le donne hanno gli occhi della neve sciolta, molto liquidi e molto diversi dai nostri. E a cui è impossibile restare indifferenti. Infine, hai una favolosa baia che ti porta dritto filato a Riga, in Lettonia, la città che mi è più cara di tutte tra le ?baltiche?. 2. Lettonia Riga è città dalla bellezza sconvolgente, perennemente in bilico tra mondo slavo, tedesco e finnico, un luogo dalla musicalità impressionante. Una delle poche cose che sono rimaste dal grande annichilimento sovietico è proprio la capacità di questi popoli di cantare e comporre e in rapporto agli abitanti la Lettonia è la nazione al mondo che ha prodotto più musiche e più poesia. Credo che molta della resistenza al giogo sovietico sia nata proprio da questo. 3. La Lituania Un mondo di una bellezza sconvolgente, soprattutto nella zona dei fiumi tra Vilnius o Vilna e Klaipeda, sul mare, dove ancora vive l?antica Polonia. Qui è ancora sconvolgente, impressionante e fortissimo il segno ebraico. Vilnius è la città dove in proporzione sono stati massacrati, eliminati, annichiliti più ebrei di qualsiasi altro posto d?Europa – ricordiamoci dalla splendida canzone in yiddish Vilna cantata da Moni Ovadia – ed è il luogo che ha dato il massimo della produzione intellettuale ebraica nell?Ottocento. 4. La Polonia Prima della Polonia c?è quel gran buco nero rappresentato dall?enclave di Kaliningrad che, vivendo di contrabbando e mafia, i russi si tengono stretta. Sono circa settanta chilometri dalla Bielorussia e fare in treno la strada da Minsk a Kaliningrad è una delle grandi esperienze della vita: ciò che non ti uccide ti rafforza… La Polonia invece è il cuore dell?Europa, Varsavia ne è il baricentro con Praga, oltre a essere un altro grande mondo ebraico perduto. Ma, soprattutto, il paese ha prodotto alcuni dei massimi intellettuali del secolo, uno vivente, che è Kapuscinski; l?altro scomparso due anni fa, che è Milosz, premio Nobel per la letteratura e grandissimo nel raccontare questo vivere in un paese perennemente schiacciato tra il pericolo tedesco e quello russo e questa sua incapacità di fare i conti, come i baltici, con il passato ebraico. Il luogo che più mi ha colpito andandoci è stato Przemysl, al confine con l?Ucraina. Una grande esperienza è fare il viaggio in treno da lì a Leopoli, oggi L?viv, in Ucraina. Io l?ho fatto. A Przemysl hai dei treni che non sono neanche segnati negli orari ma c?è di tutto: gente carica di sporte, badanti che rientrano, un flusso umano, in gran parte femminile, molto materno, molto protettivo, che rientra dopo aver venduto le proprie prestazioni affettive, in tutti i sensi, a un Occidente che di affetto è sempre più privo. Viaggi con queste donne che ti proteggono, ti nutrono, ti guardano con dolcezza, ti portano sino a Leopoli, una delle più belle città d?Europa, molto più bella di Praga, forse più di Budapest. 5 e 6. Slovacchia e Cechia Mentre la Cechia è una nazione industriale, di acciaierie, un paese urbano con una fortissima ex presenza di tedeschi, nei Sudeti, la Slovacchia è un grande mondo contadino, una realtà assai più selvaggia e anche molto più stuprata dall?urbanistica massificante del blocco sovietico. Molte località della Cechia, Praga in testa, ci hanno restituito quasi intatta la loro bellezza asburgica sette-ottocentesca o, addirittura, seicentesca, come se il comunismo avesse ibernato il mondo di ieri. Nel mondo slovacco, invece, assistiamo a qualcosa di completamente diverso: o hai il mondo selvaggio dei Monti Tatra, o hai palazzoni a schiera di stile sovietico . 7. L?Ungheria C?è da chiedersi se sia mai stata comunista, dal momento che dal 1956 in poi non ha fatto altro che pensare al passaggio verso l?altro blocco. A Budapest ci sono due generazioni consumatesi nella schizofrenia di sentire di appartenere all?Occidente ma obbligate a stare a Est. Guardando gli ungheresi si percepisce una differenza antropologica fondamentale tra i sessantenni e settantenni che camminano per la strada – le donne ancora con il cappello in testa, i fagotti e i cappotti grigi color topo – e i giovani che, invece, hanno fame di bellezza ed estetica. Sino al punto da proclamarsi berlusconiani. L?Ungheria è un luogo amaro, dove la gente sorride poco, pur avendo una grande intelligenza. Hanno una lingua incomprensibile, che non assomiglia a nessun altra, e favorisce questa loro estraneità, mentre è impressionante passare il confine dall?Ungheria, che si vorrebbe felice, a una Serbia che si vorrebbe infelice, ma che ha ancora un?immensa capacità di ridere di se stessa. Non c?è paragone tra l?allegria serba e la cupezza ungherese. Quando entri in Voivodina, nella parte nord a maggiore presenza ungherese, entri nel mondo degli slavi del Sud, che sono un po? simili ai russi: un universo di grandi bevute, di grande ospitalità, di grande anima. L?anima ortodossa che, in fondo, è più carnale della cattolica. 8. La Slovacchia È l?unico vero pezzo di Austria-Ungheria rimasto ancora più o meno tale. C?è una dolcezza e un rispetto della natura che ha pochi eguali in Europa, e le foreste e i fiumi sloveni hanno qualcosa d?antico che solo la Bielorussia possiede ancora ma, soprattutto, è il paese preferito per le mie scorribande in bicicletta. Mi piace moltissimo che ci sia la Slovenia dietro casa, perché ogni tanto amo scordarmi degli italioti. Per me è una bellissima via di fuga o buttandomi in Adriatico da Muggia, oppure risalendo sino a quota 320 e passare la prima frontiera, da Sistiana e Duino. Chi è Paolo Rumiz Paolo rumiz Nato a Trieste, inviato di la Repubblica e Il Piccolo. Tra i suoi libri consigliamo: è Oriente, Tre uomini in bicicletta e La secessione leggera, tutti per i tipi Feltrinelli


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